
29 luglio 2001, la Colombia vince una Copa America mutilata. Senza l'Argentina
Il 29 luglio 2001 è in programma la finale di Copa America, allo Stadio El Campin di Bogotá. Di fronte ci sono i padroni di casa della Colombia contro il Messico di Borgetti. I Cafeteros arrivano all'ultimo atto vincendo sempre, tutte le partite, con zero gol subiti. Victor Aristizabal è il capocannoniere del torneo con sei reti. Troppo facile il girone, con un tre a zero al Perù nei quarti, mentre in semifinale contro l'Honduras finisce due a zero.
È un'edizione della Copa America particolare. Perché il paese è nel mezzo di una guerra civile, dilaniato da problemi interni dovuti a narcotraffico e lotta armata. Ospitare una competizione continentale non è quindi una passeggiata, tanto più che l'Argentina decide di dare forfait per evitare problemi con la guerriglia e rapimenti. Invece Brasile e Uruguay, di fatto, partecipano con le riserve delle riserve. La Confederazione Sudamericana (CONMEBOL), pochi giorni prima dell'inizio delle partite, convoca una riunione per discutere il da farsi.
Il Venezuela si offre di ospitare la competizione, poi si decide di posticipare all'anno successivo, ma ci sono i Mondiali di Corea e Giappone. Proteste vibranti per Canada e Argentina, sostituite da Costa Rica e Honduras. Questi ultimi, futuri semifinalisti, erano tutti in vacanza e vengono richiamati. Non cambia niente, si gioca in Colombia. E Ivan Ramiro Cordoba decide la competizione contro i messicani. Il difensore dell'Inter alzerà poi al cielo la Copa per la prima volta nella storia dei Cafeteros.
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