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A tutto Ibrahimovic, l'intervento integrale dal Festival dello Sport: "Milan, facciamo la storia"TUTTO mercato WEB
Oggi alle 16:23Serie A
di Daniele Najjar
fonte Dall'Auditorium Santa Chiara di Trento

A tutto Ibrahimovic, l'intervento integrale dal Festival dello Sport: "Milan, facciamo la storia"

Senior Advisor della proprietà del Milan di RedBird, Zlatan Ibrahimovic ha parlato dal palco dell'Auditorium di Santa Chiara di Trento nel corso del Festival di Trento. Queste le sue parole raccolte da TuttoMercatoWeb.com. Ci parli di cosa fai oggi? "Oggi sono rappresentante di proprietà del Milan, sono dentro alla Proprietà. Sto provando ad aiutare tutti a fare meglio. A parte questo mi alleno, porto avanti piccoli progetti. Sono sempre attivo. Da quando ho smesso di giocare sembra che il tempi si sia fermato. Ho bisogno di fare cose per sentirmi vivo". Quanto sei rimasto fermo dopo l'addio al calcio? "Tre mesi. Dopo 25 anni mi sono fermato solo per questo breve tempo, poi sono tornato a lavorare e va bene così. Dallo stress sarò pelato fra un anno (ride, n.d.r.)". La tua giornata tipo? "80%/90% sono a Milano. Mi sveglio, vado in palestra o a Casa Milan o Milanello, dipende dall'agenda. Poi viaggio, fra Svezia e ogni tanto fuori Europa perché devo fare altre cose per RedBird, sono dentro il mondo dell'entrateintmend. Cardinale mi ha aperto un mondo diverso da quello nel quale ero già dentro. Cresco come persona e accumulo altre esperienze". Perché hai chiesto di non avere un ufficio? "Perché penso che quando hai un ufficio mentalmente vai sempre verso l'ufficio. Invece voglio essere aperto mentalmente e quando c'è qualche riunione con qualcuno, vado io da loro". Ci è voluto un po' per convincerti ad accettare il tuo ruolo al Milan. Quali sono le 3 cose che hai chiesto? "In riunione con Cardinale, mi ha continto dopo 6 appuntamenti. Ho chiesto 3 cose, sì: lungo termine per questa responsabilità. Poi di vincere: voglio farlo in tutto quello che faccio, è nel mio Dna. La terza è di essere me stesso, se no non mi diverto, non mi piace e non mi diverto". Da papà disturbi le scelte degli allenatori dei tuoi figli? Mi tengo totalmente fuori dal percorso degli allenatori, non voglio mettermi in mezzo. Ai miei figli la prima cosa che ho consigliato è di non giocare a calcio, ma non è andata bene (ride, n.d.r.). Per proteggerli poi gli ho chiesto di registrarli con il nome di mia moglie, così si attirano meno attenzioni. Quello che arriva deve essere meritato dal loro lavoro, non grazie a me". Con Helena non sei sposato. Perché? "Non sono sposato perché quando gliel'ho chiesto mi ha detto di no. Lei è l'unica persona al mondo che può dirmi di no. Poi non volevo perdere il mio 50% (ride, n.d.r.). Scherzo. Ma siamo insieme da 25 anni, ogni giorno che passa è un record". Sul Milan di oggi: che ne pensi? "Fino ad ora abbiamo fatto bene. Allegri è un vincente, ha portato la sua esperienza, equilibrio e stabilità. Poi lo spirito è al top, quando vinci è così. La società ha fatto un grande lavoro per fare una squadra competitiva per avere risultati. Passo dopo passo si lavora, tutti uniti per fare il meglio possibili e mettere Max nelle migliori condizioni per fare bene". Qualcuno critica Allegri per come gioca, che ne pensi? "Ho avuto Allegri come allenatore, abbiamo vinto insieme. Tutto quello che facciamo, lo facciamo per i risultati. Il DNA del Milan è quello di vincere. Finché vinciamo queste critiche si allontanano. Se non vinci, tornano le critiche, sono parte del gioco. Sul gioco: secondo me sta giocando bene, un mix di calciatori di esperienza e talenti futuribili. Non vedo questa cosa sul fatto che giochi meno bene". Ma è vero che avete litigato? "Non una volta, ma molte volte. Molti si ricordano quella di Londra con l'Arsenal, dopo che abbiamo perso 3-0 con l'Arsenal dopo aver vinto 4-0 l'andata. Quando perdo non sono contento. Poi ho fatto una battuta sul fatto che Allegri avesse portato due portieri in panchina e lui ha risposto: 'Si ma tu sei stato un disastro in campo'. E allora da lì siamo partiti. Quando uno è un vincente, questa è la normalità. Quando esce sul giornale sembra un problema per i tifosi, anche se non dovrebbe, ma i giornalisti hanno le loro spie. I giornalisti in quel momento godono, perché possono scrivere, ma per noi è la normalità". Dopo lo 0-0 con la Juve hai parlato con Leao? "Dopo Juve-Milan ero dentro allo spogliatoio con tutti quelli della dirigenza del Milan, facciamo tutto insieme quando vinciamo o perdiamo. Dopo la partita con la Juve erano tutti arrabbiati, era una partita che volevamo vincere. Poi dopo è affare di Allegri, nessuno entra quando parla lui. Quando lui finisce di parlare è normale che parli individualmente con i singoli giocatori. Dopo le partite però sono tutti pieni di adrenalina. Le risposte che danno dopo le partite non sono le stesse che ti danno il giorno dopo, per quello bisogna stare un po' attenti. Uno era deluso, l'altro arrabbiato. Devono avere il loro spazio, i giocatori". Cosa gli manca a Leao per essere fra i migliori al mondo? "Lo so che tanti parlano di Leao, se ne parla perché è fra i più forti al mondo. Di quelli che non sono forti non se ne parla, parlo per esperienza. Qualche anno fa abbiamo vinto lo Scudetto, per me Leao ha vinto da solo, faceva la differenza da fenomeno. Da fenomeno. Le squadre oggi vincono da squadre, prima c'erano giocatori che vincevano da soli e la squadra gli andava dietro. Anche in Supercoppa in Arabia. Chiediamo tanto da lui, ha questa magia. Gli chiediamo tanto, chi non lo conosce, quando fa qualcosa di speciale dice 'wow'. Ma per me che lo conosco è normale quando rende in quel modo. Ma è arrivato ad un'età nella quale può non importarsene delle critiche. Ci aspettiamo tanto da Leao, è normale". Modric, come fa a quell'età a giocare così? "Lui è un maestro. Non gioca a calcio, è proprio il calcio. Ha fatto una carriera incredibile, a fine campionato l'anno scorso la società era convinta che mancasse esperienza. La prima scelta era quella legata all'allenatore, poi tutto il resto. Pensando all'esperienza, abbiamo pensato subito a Modric. Era uno dei pochi al Real che non si è mai infortunato l'anno scorso. Dopo Milan-Napoli si è visto benissimo chi è in quella immagine in cui esulta a fine partita. Questa è passione, identità. Lui è un maestro". Ti ha fatto tornare a giocare a calcio? "Se c'era lui quando giocavo, avrei allungato ancora di più la mia carriera. Siamo contenti del suo arrivo, di quello che porta non solo in campo, ma di quello che porta in spogliatoio. Altri ragazzi giovani, ma anche quelli più esperti, ricevono energia e motivazione di fare qualcosa in più. Quando è in campo ti dà voglia di fare ancora di più". Sul progetto del Milan? "In questa squadra c'è un processo. Una squadra giovane che sta andando bene per esempio è il PSG. Altre come noi al 20% esperienza, 60% presente, 20% talento. Questo è un processo legato a come la società vuole raggiungere i risultati. Prima del mio arrivo, il progetto puntava sui giovani. Poi hanno scelto me, anche se in realtà sono io che ho scelto il Milan, non il contrario (ride, n.d.r.). A Modric ho detto: "Non aspettare, fai tutto quello che sai, perché gli altri ti seguiranno come hanno fatto con me". Il suo approccio poi è diverso dal mio, lui è molto più leader in campo. Il mio modo di fare le cose può sembrare più aggressivo e più duro, ma per me è la normalità. Questa squadra comunque è equilibrata bene". A parte il Milan, chi ti diverte? "Quando hai giocato a calcio 25 anni, ma pure quando giocavo, sempre guardare calcio ti stanca. Devi accumulare energia per il giorno dopo, per l'allenamento e le partite. Poi c'era anche il calcio alla play. Non lo guardavo tanto per questo, a parte i grandi derby in Italia ed all'estero. Poi certe partite le guardavi solo perché c'era un giocatore. Questo è ciò che manca oggi, tipo il Real dei Galacticos. Il calcio è meno individuale e più collettivo". Su Guardiola e Mourinho? Ho avuto la fortuna di avere entrambi. Uno era più forte in campo, l'altro fuori. Hanno fatto la storia ed entrambi hanno voluto me. Guardiola era agli inizi della carriera, Mou ti entrava in testa e da lì ti controllava. Sono due vincenti, in modi diversi. Con due modi di giocare diversi. Uno con il gioco, Mourinho invece vuole solo vincere, ma come vinci non cambia". Hai perdonato Guardiola? "Non puoi perdonare se non sai quale problema c'era. Lui ha avuto un problema con me che io non conosco. Ma ho visto che quando mi ha incrociato a New York era felice di vedermi. Tutto a posto, no?". Capello? "Capello mi ha portato alla Juventus e da lì è iniziato il mio percorso di trasformarmi facendo l'ultimo step al quale in pochi giocatori arrivano. Da lì è iniziato il mio percorso nell'allenarmi in un altro modo. Capello era uno che ti alza e ti schiaccia. Ti fa sentire da dire 'wow' un giorno, in quello dopo ti fa sentire uno zero. Capello mi ha aiutato a diventare un animale". Quando hanno dato il Pallone d'Oro a Dembelé hai postato sui social una foto della tua bacheca di trofei. "Il primo pensiero è: perché in questa stanza hai messo i trofei? Quella è casa mia, sottoterra, dove ho messo tutte le cose che ho vinto. Tanti fanno musei, camere apposite, ma per me è la normalità, per quello è tutto sottoterra. Messaggio a Dembelé? Nessuna gelosia, mi è venuto così di postarlo, non era legato al Pallone d'Oro. Non sono uno che vive molto i social, in certi momenti mi sveglio e posto qualcosa". Non è un rimpianto non averlo vinto? "No, non è un rimpianto. Sì, è molto strano, hai ragione. Non è un rimpianto, non sempre il più forte vince il Pallone d'Oro. Non è un segreto che io non abbia vinto la Champions. Qualcuno lo ripete spesso. Ma non si ricordano che io ho vinto di più del 90% di quelli che ha vinto la Champions. Dembelé è stato straordinario e ha vinto la Champions". Tu a chi avresti dato il premio quest'anno? "Devi giudicare chi ha fatto la differenza individualmente. Per questo dico Yamal. Anche se uno ha vinto un trofeo collettivo, il premio è individuale. Questo non significa che Dembelé non abbia meritato di vincerlo, complimenti a lui". Su Camarda? "Tengo a tento a lui. Ho pubblicato quello screenshot di quando mi aveva scritto da ragazzino. Ogni tanto c'erano i ragazzi del settore giovanile che venivano a salutarmi. Mi ha scritto quel messaggio nel 2019. In realtà l'ho visto un anno fa, non per arroganza, ma perché non sono attivo sui social. Un giorno ho visto che mi ha taggato e ho visto questo messaggio. Poi ho visto la data: 2019. Chiesi a Camarda perché non me l'avesse detto visto che si allenava con me. E lui: 'Perché ero un ragazzino'. Ma io gli ho detto che sono passati tanti anni (ride, n.d.r.). Deve fare il suo percorso, deve crescere, ma sono molto, molto contento del primo gol con il Lecce. Gli stavo dando tanti consigli: 'Fai il primo gol, così posso postare questa foto e ti faccio diventare più famoso'. Gli dicevo di stare solo davanti alla porta e pensare a quel gol (ride, n.d.r.). Poi pensando all'Italia, questo è il profilo che manca nel calcio italiano, il numero 9 che faccia 20-30 gol all'anno". Ma il derby con Pio Esposito? "(Ibrahimovic non risponde ignorando la domanda e ridendo)". Gattuso in Nazionale? "Auguro tutto il meglio, è uno che ti carica, è uno che dà motivazione. Da giocatore aveva una mentalità forte, vincente. Gli auguro di fare il possibile per la Nazionale. L'Italia ha sofferto un po' negli anni passati, perché non sono riusciti ad andare al Mondiale da tanto. Ma per i risultati si parte da dietro, dalle accademie. Per quello abbiamo creato il Milan futuro. Per avere talenti che diventino professionisti, per avere più italiani che possano rappresentare la Nazionale". La top 3 di tutti i tempi? "Zlatan, Ibra e Ibrahimovic". Senza di te, chi sono i 3 più forti di sempre? "Ronaldo il Fenomeno era il calcio. Quando guardi certi calciatori e il giorno dopo vai in campo per cercare di ripetere cosa fanno, allora sono giocatori differenti. Secondo? Maradona, un giocatore vero, con cuore, emozione, non cercava di essere perfetto, ma era sé stesso. Come terzo metto Messi per quello che ha vinto. Non so chi manchi, magari Maldini". Sul tuo amico Maxwell? "Maxwell è un amico. Abbiamo giocato insieme in tante squadre, Ajax, Barcellona, PSG, Inter, con lo stesso procuratore che non c'è più (Mino Raiola). Come calciatore era il più elegante che abbia visto in campo, gli voglio bene e lo sento spesso". Ma è vero che compri una Ferrari ad ogni compleanno? "Non solo, quelle sono quelle che fanno vedere". La cosa più strana che tu abbia comprato? L'isola? "Nell'isola sto bene, quando devo sparire o nascondermi vado lì. Ma la cosa più strana non la ricordo". Hai detto: 'Le persone intelligenti comprano da Ikea'. Ma sai anche montare i mobili? "Certo. Per tanti anni ho vissuto l'Ikea come una seconda casa, perché tutta l'Ikea era dentro casa mia". Le parole che scegli per i tre capitoli al Milan? "La prima volta che sono arrivato, il Milan mi ha dato felicità, che mi serviva dopo il Barcellona. Galliani è arrivato, poi è arrivata la chiamata da Berlusconi. Poi purtroppo ho lasciato, ma non è stata una scelta mia. La seconda volta che arrivato al Milan è diventato amore. L'ultima giornata allo Stadio è stata indimenticabile, tutta programmata da altri e io dissi loro che non volevo sapere niente. Siamo cresciuti insieme io e il Milan, vincendo nonostante nessuno potesse pensare nemmeno che fossimo fra le top-4. Il primo giorno che sono tornato però lo avevo detto che avrei riportato il Milan in alto. Per questo terzo capitolo la parola che scelgo è 'Storia'".