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Pizzoli: “In Italia mancano strutture e coraggio, all’estero i giovani crescono davvero"TUTTO mercato WEB
Oggi alle 19:19Serie C
di Daniel Uccellieri

Pizzoli: “In Italia mancano strutture e coraggio, all’estero i giovani crescono davvero"

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Alessandro Pizzoli, scout e dirigente con esperienza internazionale, è intervenuto nel corso dell'appuntamento pomeridiano di A Tutta C, trasmissione in onda su TMW Radio e su Il 61, canale 61 del digitale terrestre. Lei ha una lunga carriera nello scouting e ha scoperto molti giovani talenti. Vorrei partire proprio da qui, perché la Serie C è da sempre una fucina di ragazzi promettenti, ancor più oggi con l’introduzione delle squadre Under 23. Nell’Inter, ad esempio, ieri ha segnato Spinacce e nelle scorse settimane si è messo in mostra Topalović. Sono solo due esempi, ma rappresentano bene il livello. Le chiedo: le squadre Under 23 sono davvero il trampolino di lancio giusto per i giovani che escono dalla Primavera e si affacciano al professionismo? "Sicuramente rappresentano un percorso più protetto. In passato i club dovevano mandare in prestito i ragazzi per valorizzarli, con il rischio che finissero in contesti poco adatti, dove magari non giocavano. Con un percorso interno c’è più attenzione e più controllo: è uno step in più, seguito direttamente dagli occhi della casa madre. Poi, non per fare critiche, ma serve anche saper costruire bene il progetto. Su quattro società che hanno avviato questo percorso, tre stanno dimostrando di aver individuato la strada giusta; l’Inter, nell’ultima fase, ha capito come impostare il lavoro". Questo “scalino” tra Primavera e calcio professionistico è davvero così grande? O è un problema solo italiano? "Oggi è ancora più grande. Lo scalino tra calcio giovanile e prima squadra si è ampliato, sia perché abbiamo meno qualità complessiva, sia perché i ragazzi arrivano in Primavera con dinamiche diverse. Le faccio un esempio: quando ero responsabile del settore giovanile della Sampdoria, i contratti si facevano arrivati in Primavera. Ora capita che un ragazzo arrivi in Primavera con un rinnovo già in tasca. Finiscono per pensare che tutto sia dovuto. Quando poi escono dal contesto di un grande club iniziano le vere difficoltà, e spesso non sono pronti. E purtroppo va detto: il livello tecnico-tattico del campionato Primavera si è abbassato". Cosa si può fare? Anche perché questa carenza poi si riflette sulla Serie B, sulla Serie A e sulla Nazionale. "È vero, tutto è collegato. I club cercano di valorizzare i migliori profili, ma siamo molto legati ai risultati. Quando una squadra deve muovere la classifica, è normale che un allenatore scelga un giocatore esperto invece di rischiare un giovane. Gli allenatori predisposti a inserirli non sono tanti". Lei ha lavorato anche all’estero, in particolare al Chelsea. Quali differenze ha visto tra Italia e fuori? "Innanzitutto ci sono meno pressioni e meno aspettative. E c’è un sistema che garantisce ai giovani una formazione più completa. In Inghilterra esiste un vero campionato di seconde squadre, l’Under 23, con gironi, retrocessioni e un livello molto alto, simile alla Premier League per ritmo e intensità. Chi fa questo lavoro in Italia - come Juventus, Atalanta, e ora l’Inter - sta già raccogliendo benefici: la Juve ha generato molte plusvalenze, l’Atalanta ha accompagnato diversi ragazzi fino alla prima squadra". Da anni si parla anche in Italia di un campionato di seconde squadre strutturato. È la soluzione? "Se ne parlava già nel 2010, a Coverciano. Sarebbe una buona soluzione, ma ci sono due ostacoli: i costi e, soprattutto, le strutture. Molte società non hanno centri sportivi adeguati. Le seconde squadre oggi sono costrette a giocare in stadi diversi. In Inghilterra anche un club di terza divisione ha strutture che molti club di Serie A si sognano. Questo è uno dei veri problemi del nostro calcio". "Passiamo al campo. Siamo alla quindicesima giornata: ci fa un’analisi della prima parte di stagione? Partiamo dal Girone A, che sembra avere una protagonista chiara. "Sì, il Vicenza. È la squadra più forte, più equilibrata e più continua nei risultati. Anche quando ha rallentato, ha sempre mantenuto una buona linearità. Il Lecco è una sorpresa positiva, squadra costruita bene. Il Cittadella ha pagato l’adattamento alla nuova categoria, ma sta risalendo. Il campionato è molto livellato: si può vincere e perdere con chiunque, comprese le Under 23. L’Inter, in particolare, ha giovani di grande valore e ha investito su un allenatore molto competente per la categoria come Stefano Vecchi, oltre ad aver inserito 4-5 giocatori esperti per dare equilibrio al gruppo". Nel nirone B l'Arezzo era considerata la squadra da battere. Se lo aspettava un Ravenna così competitivo già al primo anno? "No, ma è un club con entusiasmo, disponibilità e una figura con esperienza internazionale che può guidare bene le scelte della società. L’Arezzo resta la squadra più forte del girone, quella con i valori migliori, anche se non utilizza molti giovani. L’obiettivo è chiaro: salire. Come terzo incomodo c’è l’Ascoli, che ha avuto qualche alto e basso ma resta competitivo. Il successo dell’Arezzo sull’Ascoli per 2-0 è stato un segnale forte. Veniamo al Girone C, forse il più equilibrato. "È il girone più duro dei tre. Ci sono piazze importanti, investimenti significativi e tre corazzate: Catania, Salernitana e Benevento. "Il Cosenza è l’outsider: squadra costruita bene, rosa corta ma di qualità. È un girone pieno di insidie: andare in certi campi è complicato. Il Potenza, per esempio, ha strappato un punto a Salerno; il Benevento ha perso a Cosenza. Nulla è scontato". Un pronostico? "Difficile. Se la giocano punto su punto. Catania ha perso col Casarano, la Salernitana non è andata oltre lo 0-0 col Potenza… Chi avrà più costanza, alla lunga, prevarrà. Poi ci sono i playoff, che sono un campionato a parte". La formula dei playoff è spesso criticata: troppi turni, troppe squadre, chi arriva secondo rischia di stare fermo troppo a lungo. Che ne pensa? "È una formula troppo imponente. Sono troppe squadre e chi arriva secondo è spesso penalizzato. Se guardiamo la storia recente, solo in un caso ha vinto una seconda classificata: quasi sempre vincono outsider che arrivano in forma, con entusiasmo e senza pressioni. Basta sbagliare una partita per essere fuori. Penso al Cesena che, anni fa, perse la promozione nella gara di ritorno col Lecco. O al Cosenza che salì quando non era la favorita. I playoff sono davvero un altro campionato".