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Pochi italiani e pochi giovani in A. Donadoni: "Deve cambiare la politica all'interno dei club"
"Dall'Europeo alla partita dell'altra sera a Parigi sono cambiate un po' di cose, anche a livello mentale. Quando vai incontro a una figuraccia come agli Europei, c'è voglia di riscatto. La risposta dell'altra sera è stata ottima. Come ho provato sulla mia pelle da ct, quando si arriva a fare queste competizioni a fine stagione come gli Europei, è chiaro che la condizione, sia fisica che mentale, incida tantissimo. Le energie fisiche erano al lumicino e anche sotto il profilo mentale non c'è stata la reazione adeguata. Adesso si riparte: a Parigi, dopo la partenza a handicap, si è vista una bella reazione con chiarezza di idee e di volontà. Il risultato non ha fatto una piega". Così Roberto Donadoni, ex ct della Nazionale dal 2006 al 2008, ospite di Radio Anch'io Sport su Rai Radio 1, sulla ripartenza degli Azzurri in Nations League dopo il fallimento europeo. Tre giorni dopo il successo in rimonta contro la Francia, stasera la Nazionale di Spalletti affronterà Israele a Budapest.
Chi l'ha sorpresa di più tra i giocatori dell'altra sera? "I giovani, coloro che hanno esordito dall'inizio, hanno dato subito una risposta positiva, soprattutto di freschezza, questa è la cosa più importante. In Nazionale è fondamentale riuscire a creare un certo tipo di ambiente: i giocatori si vedono saltuariamente e creare all'interno del gruppo questa alchimia diventa decisivo per arrivare a certi risultati. La Nazionale deve essere vissuta in questo modo: spesso e volentieri si avvertiva quasi l'impegno in Nazionale come un qualcosa di troppo e di più, non può essere così. Quando si indossa la maglia azzurra, si deve sentire sempre la pelle d'oca. Questi giovani hanno questa caratteristica. Israele? Impegno non così proibitivo, però sono quelle partite insidiose in cui bisogna dare una risposta di continuità".
Pochi italiani in Serie A e poco spazio ai giovani: "Deve cambiare la politica all'interno dei club. Ai miei tempi c'erano un massimo di tre stranieri, nel nostro Milan avevamo i tre olandesi con cui qualcosa abbiamo vinto, e poi tutto il resto della squadra era italiano. Ora è esattamente il contrario. Bisogna avere la voglia di investire sui vivai, sui giovani e dar loro la possibilità di giocare. Ci sono squadre con ottimi vivai, l'Atalanta è una di queste. Ma anche le Primavere ormai hanno in squadra 7-8 stranieri".
Capitolo attaccanti azzurri, su chi dobbiamo puntare? Con un pensiero rivolto al grande Totò Schillaci: "Siamo tutti in apprensione per Totò Schillaci, mi auguro che tutto si risolva per il meglio. Gli attaccanti di quel periodo, oltre a Totò, erano Mancini, Vialli e Baggio. Avevamo un assortimento differente dal punto di vista qualitativo. Gli attaccanti di oggi sono più giocatori di squadra e non finalizzatori o interpreti individuali. Ogni ct deve sapere con quale materiale umano lavorare, ma è il bello del calcio. Non hai il finalizzatore, bisogna lavorare più di squadra con inserimenti da dietro, ne abbiamo di centrocampisti bravi con queste qualità".
Fonseca ha le ore contate sulla panchina del Milan? "Quanto abbiamo visto con Leao e Theo non è stato edificante e mi spiace molto. Bisogna saper accettare e condividere le cose, bisogna sapere che un gruppo è fatto di tanti individui e tutti quanti devono voler solo il bene della squadra. Quando capitano questi episodi sono veramente dei brutti segnali".
Chi l'ha sorpresa di più tra i giocatori dell'altra sera? "I giovani, coloro che hanno esordito dall'inizio, hanno dato subito una risposta positiva, soprattutto di freschezza, questa è la cosa più importante. In Nazionale è fondamentale riuscire a creare un certo tipo di ambiente: i giocatori si vedono saltuariamente e creare all'interno del gruppo questa alchimia diventa decisivo per arrivare a certi risultati. La Nazionale deve essere vissuta in questo modo: spesso e volentieri si avvertiva quasi l'impegno in Nazionale come un qualcosa di troppo e di più, non può essere così. Quando si indossa la maglia azzurra, si deve sentire sempre la pelle d'oca. Questi giovani hanno questa caratteristica. Israele? Impegno non così proibitivo, però sono quelle partite insidiose in cui bisogna dare una risposta di continuità".
Pochi italiani in Serie A e poco spazio ai giovani: "Deve cambiare la politica all'interno dei club. Ai miei tempi c'erano un massimo di tre stranieri, nel nostro Milan avevamo i tre olandesi con cui qualcosa abbiamo vinto, e poi tutto il resto della squadra era italiano. Ora è esattamente il contrario. Bisogna avere la voglia di investire sui vivai, sui giovani e dar loro la possibilità di giocare. Ci sono squadre con ottimi vivai, l'Atalanta è una di queste. Ma anche le Primavere ormai hanno in squadra 7-8 stranieri".
Capitolo attaccanti azzurri, su chi dobbiamo puntare? Con un pensiero rivolto al grande Totò Schillaci: "Siamo tutti in apprensione per Totò Schillaci, mi auguro che tutto si risolva per il meglio. Gli attaccanti di quel periodo, oltre a Totò, erano Mancini, Vialli e Baggio. Avevamo un assortimento differente dal punto di vista qualitativo. Gli attaccanti di oggi sono più giocatori di squadra e non finalizzatori o interpreti individuali. Ogni ct deve sapere con quale materiale umano lavorare, ma è il bello del calcio. Non hai il finalizzatore, bisogna lavorare più di squadra con inserimenti da dietro, ne abbiamo di centrocampisti bravi con queste qualità".
Fonseca ha le ore contate sulla panchina del Milan? "Quanto abbiamo visto con Leao e Theo non è stato edificante e mi spiace molto. Bisogna saper accettare e condividere le cose, bisogna sapere che un gruppo è fatto di tanti individui e tutti quanti devono voler solo il bene della squadra. Quando capitano questi episodi sono veramente dei brutti segnali".
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