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tmw / milan / Editoriale
Salvate il soldato RafaTUTTO mercato WEB
Oggi alle 00:00Editoriale
di Filippo Galli
per Milannews.it

Salvate il soldato Rafa

Durante il precampionato del Milan, Rafa Leao – schierato in posizione di punta centrale – è stato uno dei giocatori più brillanti della rosa milanista. Poi, al momento di portare il nuovo progetto tecnico rossonero fuori dal laboratorio e di testarlo sui campi della Serie A, Max Allegri ha dovuto fare a meno del numero 10: l’infortunio al muscolo soleo, occorsogli nella partita casalinga di Coppa Italia contro il Bari, in cui peraltro aveva segnato il goal del vantaggio, ha tenuto il portoghese a lungo lontano dal campo. 

Non sapremo mai se l’assenza di Rafa abbia accelerato il processo di definizione della struttura difensiva della squadra su cui si fonda una larga parte delle prestazioni e dei risultati positivi di questo inizio di campionato o se invece la sua presenza ne avrebbe comunque facilitato l’esito aggiungendo pericolosità offensiva. Molti, almeno stando a quanto si legge sui giornali, sui social e nelle varie chat di tifosi rossoneri, propendono per la prima ipotesi: per la prima volta nella sua esperienza rossonera Rafa Leao non è più il giocatore imprescindibile, quello cui “dare la palla e sperare”. È proprio così? Proviamo ad approfondire la questione.

Nelle passate stagioni, Rafa aveva costituito insieme a Theo Hernandez quella fascia sinistra che entusiasmava i tifosi e che ebbe non poco merito nella conquista dello scudetto: la corsa e la tecnica dell’uno alimentavano quelle dell’altro. L’affinità in campo tra Theo e Rafa era innegabile: ma, a onor del vero, si esprimeva soprattutto quando entrambi avevano spazio da attaccare. È proprio questo spazio che in molte partite mancherà a Rafa se sarà impiegato nella posizione di centravanti, quando cioè il Milan si troverà a dover attaccare una difesa bassa e con alta densità di uomini.
Il portoghese dovrà allora abituarsi al maggior “traffico” nel cuore dell’area avversaria e a colpire in modo letale anche in spazi e tempi più ristretti: e quello che abbiamo visto contro la Juventus non è esattamente una premessa che ci faccia ben sperare. I numeri, del resto, parlano chiaro: 300 presenze e 55 reti in serie A, 30 presenze e 6 reti in Champions. Leao fa goal, spesso spettacolari e di ottima fattura, ma non è l’attaccante da doppia cifra di cui il Milan avrebbe bisogno per puntare ancor più decisamente allo scudetto ed essere pronto per affrontare la prossima Champions.
Poi c’è la parte emozionale ,o se preferite mentale, o ancora relazionale, che non è una caratteristica a sé stante, ma si intreccia con quella tecnica, tattica e atletica, spesso determinandola.  Leao, ormai ventiseienne e quindi giocatore maturo, ha dimostrato – a dispetto dei proclami di ogni inizio stagione, quando dichiara di essere pronto a maggiori responsabilità, eccetera eccetera - di non essere un leader che guida e trascina i compagni verso la vittoria. Personalmente ho la sensazione che non ne abbia neppure la velleità, che sia felice nella dimensione in cui si trova, che gli permette di stare bene con sé stesso. Più volte ha dichiarato di sorridere spesso perché sa di essere una persona fortunata, per quello che ha e per quello che fa. Non sembra tendere ad altro.

Concludendo, il mio parere è che Leao sia un patrimonio di cui il Milan non deve privarsi: perché se è vero che a volte fa incazzare (perdonate il francesismo), in molte altre ci esalta. Ricordate con il Napoli quando, subentrato negli ultimi 20’, lo abbiamo visto rincorso e circondato da più di mezza squadra avversaria nel tentativo di limitarne la pericolosità?

Per valorizzarlo appena allora, si potrebbe passare – man mano che le sicurezze in fase di non possesso crescono, come ha lasciato intendere anche lo stesso Allegri - a un sistema più vicino a un 1-3-4-2-1, con Rabiot esterno a sinistra sulla linea dei centrocampisti e con una coppia asimmetrica di trequartisti, con Leao più a sinistra, nella sua posizione preferita, per potersi esprimere al meglio. Così facendo aiuteremmo il Bebote a tornare decisivo, diminuendone il carico di responsabilità e aumentando l’imprevedibilità dell’attacco. In lui continuo a riporre speranze e fiducia, in attesa di un suo pieno recupero fisico e psicologico.

Certo, ci sarebbe il rischio di rompere gli equilibri raggiunti e che si stanno consolidando: ma credo che per Rafa valga la pena tentare, per assecondarne l’istinto e, ancor più importante, per non aver rimpianti.