
Tudor rischia la panchina dal no di Conte in poi. Che è costato la scrivania a Giuntoli
Igor Tudor ha una grandissima sfortuna. È finito in una società poco bilanciata. Costretta, sia dalla piazza che dalle proprie esperienze personali, a mettere in discussione chiunque non faccia qualcosa di straordinario. Come vincere, come successo con Andrea Agnelli: il presidente dei nove Scudetti, sacrificato sull'altare delle plusvalenze e dei presunti falsi in bilancio, dello stipendio di Cristiano Ronaldo e dei rossi che ne sono derivati, dal 2020 in poi. Un po' di sfortuna - per il Covid - forse un eccesso di confidenza, sperando di potere lanciare la Juventus verso l'infinito e oltre, cioè le stelle di Real Madrid, Bayern Monaco oppure Barcellona.
Tudor rischia la panchina perché non è un grande allenatore. Non è un giudizio di merito, quanto più di livello. Perché Josep Guardiola, Antonio Conte, Jurgen Klopp non sarebbero finiti nel tritacarne dopo sei partite di campionato. Vero è che ci sono state tre vittorie e tre pareggi, come per Thiago Motta un anno fa. Dall'altro lato però l'italobrasiliano godeva di un credito maggiore. Il croato no, dal no di Antonio Conte in poi è cambiato parecchio.
Lo stesso no che è costato la scrivania a Cristiano Giuntoli. Non sapeva di un suo possibile addio, ma aveva puntato quasi tutte le sue fiches sul tecnico del Napoli che, alla fine, è rimasto da De Laurentiis. Incredibilmente una situazione più facile rispetto all'attuale Juventus, costretta a vincere e con grande difficoltà su tutti i fronti.
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