
Apolloni: "Parma, tanti trionfi ma il ricordo più bello è la promozione in A"
Da Grottaferrata a Parma, fin quasi sul tetto del mondo. A TMW Radio, protagonista di Storie di Calcio, è un difensore che ha lasciato il segno nel campionato italiano, e che ha solo sfiorato il sogno di vincere con la Nazionale il trofeo più ambito, ma che gli sfuggì in quella maledetta finale di Usa '94. Parliamo di Luigi Apolloni, cresciuto nella Lodigiani e che poi visse alcune stagioni tra Pistoiese e Reggiana, prima di passare nel 1987 al Parma, dove ha scritto la sua storia e quella del club ducale.
Una cavalcata incredibile quella con il Parma, con cui è rimasto fino al 1999, mettendo a segno il record di presenze (385). E con cui ha vinto due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa delle Coppe, due Coppe Uefa e una Supercoppa europea. Insomma tanti trionfi con i ducali, ma il ricordo più dolce è un altro: "Il primo pensiero è la promozione dalla B alla A con il Parma. Era la stagione 89/90, il primo anno di Nevio Scala. Fu memorabile perché in quel campionato c'erano squadra come Cagliari, Pisa, Torino, e noi arrivammo quarti. La morte del presidente Ceresini coincise con il momento più delicato, nel quale portammo a casa un solo punto in sette partite del girone di ritorno. Ricevemmo critiche dalla stampa ma anche dalla società, perché eravamo lanciati verso la promozione e quello poteva costarci caro. C'era stanchezza fisica, mentale, ma quando Scala ci tranquillizzò e ripartimmo la nostra corsa. E chiudemmo con la promozione, vincendo nel derby con la Reggiana. Da lì partì la storia del Parma vincente, perché da quella ossatura venne creata una squadra vincente".
Ma anche sulla vittoria più bella non ha dubbi: "Abbiamo vinto tante coppe ma fu incredibile salire in A e andare subito in Coppa Uefa, e la prima partita fu contro il CSKA Sofia in Bulgaria, ma fummo eliminati. Ci aiutò molto quella sfida, perché ci fece crescere molto. Poi nel 1992 vincemmo la Coppa Italia contro la Juve, anche quella una partita che ricordo volentieri, così come la Coppa delle Coppe contro l'Anversa. Fu un'escalation importante la nostra, tante vittorie ma nel cuore mi rimane la promozione dalla B alla A".
Mentre la sfida che ancora non ha digerito è quella contro l'Arsenal a Copenhagen: "Non meritavamo di perdere - ha ammesso Apolloni -. Non arrivammo forse fortemente motivati. Fecero un gol straordinario, poi prendemmo una traversa e ci mangiammo due gol. Se avessimo vinto quella Coppa delle Coppe, saremmo stati i primi a vincerla per due anni di fila. E poi ovviamente vorrei rigiocare Italia-Brasile di Usa '94. Che abbiamo però rifatto qualche anno fa a Fortaleza, alcuni ex dell'epoca, e vincemmo noi 1-0 con gol di Massaro quella volta".
Proprio su quel Mondiale ha raccontato: "Sacchi-Baggio? Roby dopo la partita con la Bulgaria non stava benissimo, ebbe una contrattura ma voleva esserci. Sacchi lo prese di petto e gli disse che voleva capire come stava, perché non voleva uno a mezzo servizio. E Roby si arrabbiò perché voleva esserci. La giocò, ma alla fine perdemmo ai rigori. Non era perfettamente a posto ma comunque io ho preferito averla giocata con lui piuttosto che senza". Mentre su Sacchi ha detto: "Credeva al suo gioco, poi agli uomini. Quello che ha fatto gli ha dato ragione. Era molt oesigente in allenamento, perché sapeva che se rendevi lì poi volavi in partita. Ed era davvero così".
Un pensiero poi sull'allenatore che più lo ha segnato: "Tutti hanno avuto qualcosa d'importante, ma il mio primo allenatore della squadra di Grottaferrata, mister Felicioni che credette in me, che mi portò alla Lazio a fare un provino ma mi scartarono. Mi insegnò a stare in campo e credeva molto in me, disse che sarei arrivato in Serie A e ci sono riuscito. Peccato che non abbia visto il mio esordio in Nazionale, perché morì per un male incurabile, ma devo davvero tanto a lui".
Lui della Capitale che però non ha mai avuto l'opportunità di giocare per Roma e Lazio. E spiega il perché: "Nell'arco di una carriera non sempre riesci a far vedere subito le tue qualità. Ho fatto un percorso di crescita fatto anche di sconfitte, e sono maturato grazie a questo. Io provai con la Lazio ma non credettero in me. Io ero simpatizzante della Lazio ma alla fine ho fatto un percorso che, se fossi rimasto lì, magari non avrei fatto. La Roma di Sensi mi cercò, ma Pastorello si oppose e rimasi a Parma".
Apolloni poi che ha anche confessato: "Senza calcio? Io ho studiato come geometra, probabilmente avrei fatto quello. Oppure il muratore, che ho fatto per un breve periodo, per portare a casa dei soldi. Ma ringrazio i miei genitori che hanno permesso di far diventare la mia professione quello che per me era il gioco preferito". E sul rammarico della sua carriera: "No perché il Parma era una delle sette sorelle e vinceva spesso. E ti permetteva quell'ambiente di vivere senza pressioni. Noi ci allenavamo nei campi sportivi accanto allo stadio, in un parco praticamente. Ci si allenava in mezzo alla gente che camminava lì, ai bambini che giocavano. Era davvero bello. Al Parma devo tutto, ho ricordi bellissimi di Tanzi, sono molto legati ai suoi figli. Porterò sempre nel cuore il presidente e quel periodo lì. Quello del crac Parmalat fu un periodo difficile, sparirono tutti, nessuno voleva stare vicino al Parma ma rimanemmo io e Minotti per dare una mano. L'ho anche allenato il Parma, è stato un orgoglio, nel periodo della rinascita in Serie D. Facemmo anche un record, non perdendo mai. Un ricordo bello che non dimenticherò mai".
Una cavalcata incredibile quella con il Parma, con cui è rimasto fino al 1999, mettendo a segno il record di presenze (385). E con cui ha vinto due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa delle Coppe, due Coppe Uefa e una Supercoppa europea. Insomma tanti trionfi con i ducali, ma il ricordo più dolce è un altro: "Il primo pensiero è la promozione dalla B alla A con il Parma. Era la stagione 89/90, il primo anno di Nevio Scala. Fu memorabile perché in quel campionato c'erano squadra come Cagliari, Pisa, Torino, e noi arrivammo quarti. La morte del presidente Ceresini coincise con il momento più delicato, nel quale portammo a casa un solo punto in sette partite del girone di ritorno. Ricevemmo critiche dalla stampa ma anche dalla società, perché eravamo lanciati verso la promozione e quello poteva costarci caro. C'era stanchezza fisica, mentale, ma quando Scala ci tranquillizzò e ripartimmo la nostra corsa. E chiudemmo con la promozione, vincendo nel derby con la Reggiana. Da lì partì la storia del Parma vincente, perché da quella ossatura venne creata una squadra vincente".
Ma anche sulla vittoria più bella non ha dubbi: "Abbiamo vinto tante coppe ma fu incredibile salire in A e andare subito in Coppa Uefa, e la prima partita fu contro il CSKA Sofia in Bulgaria, ma fummo eliminati. Ci aiutò molto quella sfida, perché ci fece crescere molto. Poi nel 1992 vincemmo la Coppa Italia contro la Juve, anche quella una partita che ricordo volentieri, così come la Coppa delle Coppe contro l'Anversa. Fu un'escalation importante la nostra, tante vittorie ma nel cuore mi rimane la promozione dalla B alla A".
Mentre la sfida che ancora non ha digerito è quella contro l'Arsenal a Copenhagen: "Non meritavamo di perdere - ha ammesso Apolloni -. Non arrivammo forse fortemente motivati. Fecero un gol straordinario, poi prendemmo una traversa e ci mangiammo due gol. Se avessimo vinto quella Coppa delle Coppe, saremmo stati i primi a vincerla per due anni di fila. E poi ovviamente vorrei rigiocare Italia-Brasile di Usa '94. Che abbiamo però rifatto qualche anno fa a Fortaleza, alcuni ex dell'epoca, e vincemmo noi 1-0 con gol di Massaro quella volta".
Proprio su quel Mondiale ha raccontato: "Sacchi-Baggio? Roby dopo la partita con la Bulgaria non stava benissimo, ebbe una contrattura ma voleva esserci. Sacchi lo prese di petto e gli disse che voleva capire come stava, perché non voleva uno a mezzo servizio. E Roby si arrabbiò perché voleva esserci. La giocò, ma alla fine perdemmo ai rigori. Non era perfettamente a posto ma comunque io ho preferito averla giocata con lui piuttosto che senza". Mentre su Sacchi ha detto: "Credeva al suo gioco, poi agli uomini. Quello che ha fatto gli ha dato ragione. Era molt oesigente in allenamento, perché sapeva che se rendevi lì poi volavi in partita. Ed era davvero così".
Un pensiero poi sull'allenatore che più lo ha segnato: "Tutti hanno avuto qualcosa d'importante, ma il mio primo allenatore della squadra di Grottaferrata, mister Felicioni che credette in me, che mi portò alla Lazio a fare un provino ma mi scartarono. Mi insegnò a stare in campo e credeva molto in me, disse che sarei arrivato in Serie A e ci sono riuscito. Peccato che non abbia visto il mio esordio in Nazionale, perché morì per un male incurabile, ma devo davvero tanto a lui".
Lui della Capitale che però non ha mai avuto l'opportunità di giocare per Roma e Lazio. E spiega il perché: "Nell'arco di una carriera non sempre riesci a far vedere subito le tue qualità. Ho fatto un percorso di crescita fatto anche di sconfitte, e sono maturato grazie a questo. Io provai con la Lazio ma non credettero in me. Io ero simpatizzante della Lazio ma alla fine ho fatto un percorso che, se fossi rimasto lì, magari non avrei fatto. La Roma di Sensi mi cercò, ma Pastorello si oppose e rimasi a Parma".
Apolloni poi che ha anche confessato: "Senza calcio? Io ho studiato come geometra, probabilmente avrei fatto quello. Oppure il muratore, che ho fatto per un breve periodo, per portare a casa dei soldi. Ma ringrazio i miei genitori che hanno permesso di far diventare la mia professione quello che per me era il gioco preferito". E sul rammarico della sua carriera: "No perché il Parma era una delle sette sorelle e vinceva spesso. E ti permetteva quell'ambiente di vivere senza pressioni. Noi ci allenavamo nei campi sportivi accanto allo stadio, in un parco praticamente. Ci si allenava in mezzo alla gente che camminava lì, ai bambini che giocavano. Era davvero bello. Al Parma devo tutto, ho ricordi bellissimi di Tanzi, sono molto legati ai suoi figli. Porterò sempre nel cuore il presidente e quel periodo lì. Quello del crac Parmalat fu un periodo difficile, sparirono tutti, nessuno voleva stare vicino al Parma ma rimanemmo io e Minotti per dare una mano. L'ho anche allenato il Parma, è stato un orgoglio, nel periodo della rinascita in Serie D. Facemmo anche un record, non perdendo mai. Un ricordo bello che non dimenticherò mai".
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