
Le verità di Spalletti: "Nazionale, De Laurentiis, Icardi e Totti". L'intervento integrale
L'ex allenatore di Napoli, Inter e Roma ed ex ct della Nazionale, Luciano Spalletti, ha parlato dall'Auditorium di Santa Chiara nel corso del Festival dello Sport di Trento. Queste le sue parole raccolte da TuttoMercatoWeb.com.
Hai mai dovuto rinunciare ad un grande talento per il gruppo?
"Ma no, i calciatori forti ci vogliono. Quando mi sono messo un po' in mezzo tentando di prendere una posizione forte è perché c'era un ego spropositato, di percezione, di uno che si percepisse diverso da tutto il resto allora non mi sentivo a mio agio. Mi riferisco a quegli atteggiamenti della serie: 'Devo vincere io altrimenti si perde tutti'. Altrimenti con i calciatori per me è sempre stato fondamentale averci un bellissimo rapporto. Quando c'è qualcosa che va al di là, bisogna stare attenti".
In Nazionale sei riuscito a creare un gruppo sano come volevi?
"Ho commesso l'errore di trasferirgli troppo questo mio amore per il calcio. Poi sono successe delle cose ed ho sentito dire delle altre cose. Ho cercato di trasferire il mio modo di vivere questa professione, ma lì probabilmente ho sbagliato per averli intasati di cose dette e richieste. I calciatori invece ora hanno più bisogno di essere leggeri, perché le pressioni sono tante. Hanno bisogno magari di arrivare alla partita, ascoltare la musica in spogliatoio e queste cose qui. Ho tentato di far capire che il calcio è una cosa seria. Mi sono successe due cose antipatiche quando sono arrivati a prendere dei nostri calciatori in ritiro. Lì sono entrato negli ingranaggi a dire troppe di queste cose. E non ha fatto bene alla squadra. Noi dobbiamo sempre domandarci con che occhi e quali orecchie loro ascoltano e vedono le cose. Devo sempre essere bravo a capire: come arriverà questa cosa che sto dicendo, al gruppo? Una domanda che mi sono sempre fatto".
Che ne pensi di quando un calciatore rifiuta la convocazione in un momento decisivo per la Nazionale? Mi riferisco ad Acerbi.
"Sono sempre di più quelli che trovano delle scusanti o delle motivazioni per non assolvere i propri impegni, le proprie responsabilità importanti, che vanno prese. Sono sempre di meno quelli che ci mettono la faccia nel momento del bisogno, quando c'è bisogno di un confronto umano per andare a vedere cosa succede. La possibilità in questo caso c'era stata per dire quelle cose che ha detto. C'era un'altra convocazione di 20 giorni prima: perché non dici niente? Il giorno prima della convocazione poi lo chiamo e gli dico: 'Guarda, avevi ragione tu, perché bisogna sempre guardare il campo'. Il campo dice sempre chi risponde, lui aveva fatto gol al Barcellona ed era stato decisivo ad alto livello. Avevo spiegato che in campo aveva detto che lui fosse ancora un leader e gli dissi: 'Per questo ho pensato di convocarti'. In quel momento c'era Gatti infortunato, così come Buongiorno e Gabbia. Fra Mancini e Acerbi scelsi Acerbi. Quando ho telefonato, mi ha risposto il giorno prima della convocazione e gli dissi che lo avrei chiamato. E lui mi rispose: 'Se lei ritiene di chiamarmi, vengo'. Poi passò qualche giorno e mi mandò un messaggio per dirmi: 'Ci ho ripensato, non vengo più'. Allora l'ho richiamato e ha ritirato fuori la questione di Juan Jesus. In quella questione eravamo dovuti intervenire perché quelle sono cose delicate. Se lui è contento così, sono contento per lui. Ma la cosa è andata diversamente da come l'ha raccontata".
Baggio è il più grande della storia del calcio italiano?
"Uno dei più grandi, ne abbiamo avuti diversi e ne continuiamo ad avere"
Però ci manca un Baggio?
"Questo è uno dei profili che ci manca. Bisogna stare attenti che gli altri sono meglio di noi, secondo me ci manca un po' di questa cosa qui".
Sulla Nazionale, come l'ha vissuta?
"Per me la Nazionale era il Paradiso. Ho cercato di restituire dal punto di vista sentimentale quanto fosse importante per me".
Quanto ti ha fatto male il modo in cui si è chiusa?
"Mi fido di me stesso, quando mi fanno allenare una squadra faccio come mi pare. Sono partito da quel campetto delle case popolari e nessuno mi ha regalato niente. Non ho mai avuto un procuratore, né come calciatore né come allenatore. Non perché ce l'abbia con i procuratori, ma perché magari un procuratore ti può aiutare in certe situazioni. Io ho fatto la scalata fino alla Nazionale da solo. Quindi andando ad allenare, se mi fanno allenare io sono a posto, non mi serve altro. Nell'Italia non mi mancava niente. A quest'Italia è bene dirgli che abbiamo tutto, altrimenti si vanno a creare pressioni".
Ci sono 20 giocatori buoni in Nazionale quindi...
"Anche 25. Donnarumma è un top, così come Di Lorenzo. Bastoni è un grande calciatore, Tonali, Barella e altri".
Sui centravanti: si cominciano a rivedere anche in Nazionale?
"Pio Esposito ti dà la convinzione che poi avremo un padrone dell'area di rigore. Ieri sera ha fatto un gol pazzesco per dove l'ha messa e come ha tirato.
A chi somiglia Pio Esposito?
"Forse Bobo Vieri. Qualsiasi cosa gli tiravi addosso te la restituiva pulita e risistemata".
Preferivi quella Roma con De Rossi, Pizzarro e gli altri oppure il Napoli dello Scudetto?
"Io cercavo sempre di creare quel gruppo. Quei momenti lì, li abbiamo passati anche all'Udinese, all'Empoli. L'Udinese di Di MIchele, Di Natale e Iaquinta con Pizarro in regia era tanta roba...".
Sul calcio di oggi e l'evoluzione?
"Prima bisognava palleggiare basso, mi sono battuto per questa cosa, mentre ora fanno tutti così, è più facile fare così anche per le squadre più deboli. Giochi contro Guardiola e sai da dove ti viene il male, il pericolo, lo conosci e poi ti arriva lo stesso. Perché lo fa talmente bene che ti trova le soluzioni. Klopp giocava corto e poi Alisson imbucava con lanci incredibili giocatori come Salah...".
L'Italia ci va ai Mondiali?
"Sicuro, certo che ci va. Perché i calciatori sono forti, Gattuso ha qualità e ha trovato subito la quadra con queste due punte ed è stato molto bravo. Partite come quella contro Israele le ha vinte lui. Anche loro avevano qualità, l'hanno fatta vedere. Gattuso ha trovato soluzioni, c'è stata una palla di Bastoni per le punte".
La partita contro la Norvegia non arrivò al momento giusto?
"L'Inter aveva preso 5 gol pochi giorni prima. Avevamo tanti infortunati, anche Bastoni era in dubbio ed è stato lui a volerci essere perché aveva visto che ci mancavano calciatori, ha finito con grande sofferenza quella partita. Ma se non avessi avuto la convinzione che potessimo vincere non ci sarei andato".
Allo Zenit hai vinto, esultando a petto nudo.
"Mi dicevano tutti che c'era freddo. Ma io dicevo: "Lo so, siamo in Russia!". Ma nel momento della gioia e della festa non si sentiva".
Sulla vicenda Icardi all'Inter?
"Lì ci sono rimasto un po' male. Ho dovuto mettere mano a situazioni antipatiche. Più che per Mauro, di quello che c'era nel suo intorno. Lui è un bravo ragazzo, uno dei più forti che abbia mai avuto nell'area di rigore. Se lo porti in giro per il campo può avere qualche difficoltà, ma in quell'area, se porti l'altra squadra a difendersi bassa accerchiandola".
Nel libro di Totti racconta di quando ti aveva invitato alla festa di compleanno, ma gli dicesti che non era il caso...
"Il problema era che in quel contesto di amore spropositato, sfrenato, impossibile da credere, nessuno lo ha aiutato nella percezione delle cose. Io con lui ho avuto sempre un rapporto bello. Quello che gli si diceva intorno a me andava meno bene, ma sul calciatore... era incredibile. Nessuno di voi purtroppo ha visto cosa ha fatto negli allenamenti, cose ancora più incredibili delle tante che ha fatto in campo. Non posso fare l'antipatico contro Francesco. Arrivo dalle case popolari, quando incontravo il Milan di Gullit e Van Basten scendevo dal pullman dell'Empoli per vederli passare di nuovo. Totti è venuto a conoscermi quando arrivavo da Udine, partì in scooter e fu un'emozione enorme per me. La Curva della Roma aveva lanciato volantini con scritto 'Non ti vogliamo', perché volevano Zeman. Ero partito da Udine con i tifosi che mi urlavano 'uomo di merda', poi arrivo in macchina a Roma e mi accolgono con 'non ti vogliamo'. Pensai: ora arriva un montanaro e mi insulta pure lui (ride, n.d.r.)".
Mettersi contro il Re di Roma, a Roma, non è facile?
"No, perché vai a casa te. I romanisti sono tanti. La pressione non la senti solo nel fine settimana, ma durante la settimana stessa quando vai in giro. Quando mi fermavo al semaforo aspettavo il verde perché il minimo che ti dicevano era 'Mister, te devi sveja' (ride, n.d.r.)".
Vi siete mai chiariti?
"Per me non abbiamo mai litigato. Gli ho regalato una Delorean (la macchina celebre del film 'Ritorno al futuro', n.d.r.) per il suo compleanno per dire: 'A 40 anni ci sarà qualcuno che ti dice che magari puoi fare un altro campionato, ma poi che vuoi fare ancora?'. Quando ero tornato alla Roma ero stato chiaro nel dire che dovevo gestire la squadra, ma che la storia di Totti la dovevano gestire loro. Poi in campo per noi fu fondamentale quando entrava e segnava. Entrava dentro e segnava".
Ora avete fatto una cosa insieme, che si vedrà...
"Sono stato felicissimo di lavorarci insieme. Abbiamo fatto una cosa assieme che a fine mese si vedrà. Si è fatto un gruppo Whatsapp dove lui è dentro, partecipe, è stato bellissimo. Mi ha fatto dei gol che mi ha permesso di tornare in Champions con la Roma".
Il tuo legame con Napoli?
"Quando mi hanno riconosciuto di essere uno 'scugnizzo' napoletano, è stato un momento bellissimo. Mi riferisco alla cittadinanza che mi ha dato il Sindaco. Ho ricevuto un amore sfrenato che ti metteva anche timore, non sai dove possa andare a finire. Mi faceva anche un po' di timore, perché non sapevo se avere tutto quello che serviva per meritarlo".
La fine del rapporto con il Napoli?
"Per me era diventato difficile, ormai il Presidente (De Laurentiis, n.d.r.) aveva preso il sopravvento. Mi aveva un po' 'bisticciato' da tutti i punti di vista. Non aveva mai parlato di rinnovo di contratto, di un qualsiasi regalo per farmi capire che mi voleva bene. Una volta con una giornalista si arrivò a dire "Il campionato con il Napoli lo avrebbe vinto anche lei da solo" (riferito a De Laurentiis). Una cosa che non si può sentire da un Presidente. Un'altra volta in conferenza disse: 'Spalletti rimane, lo dico io'. Allora pensai: 'Perché?'. Potevo rimanere anche senza allenare".
Prima di tanti parlavi del portiere che deve saper giocare con i piedi.
"Non si considera mai il portiere come un calciatore, ma solo un portiere. Chiaramente uno deve saper parare, ma se ho la palla io diventa fondamentale nell'uscita in un calcio in cui tutti ti vengono a prendere".
La formazione ideale dei calciatori che hai allenato? (viene portata una lavagna al tecnico per scriverla).
"Scelgo il modulo 4-2-3-1. Non metto quelli della Nazionale, sarebbe facile altrimenti partire da Donnarumma. A Roma ero in difficoltà a scegliere fra Alisson e Szczesny. Scelgo Szczesny anche se è un casino da scrivere".
Difesa e centrocampo?
"Panucci o Di Lorenzo? Scelgo Di Lorenzo dai. A sinistra ho avuto Emerson, Jankulovski, Riise, tutti fortissimi. Anche Tonetto, Juan e Mexes. Metto Jankulovski, spingeva in maniera incredibile. Come centrali ho avuto Kim, Koulibaly, Chivu. Scelgo Koulibaly e Chivu. Pizarro e De Rossi in mediana".
Davanti?
"Totti lo metto per primo. Scelgo poi Dzeko, poi come ali Kvaratskhelia va messo per forza da un lato e dall'altro Salah".
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