Pillon: "Vicenza fortissimo, fin dalla proprietà. Buscè bravissimo a Cosenza"
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Decano delle panchine italiane Giuseppe Pillon è intervenuto ai microfoni di TMW Radio, nel corso della trasmissione 'A Tutta C', per analizzare i temi legati al campionato di Serie C.
La Serie C si conferma estremamente combattuta in tutti e tre i gironi. Secondo lei questa competitività è il segnale di un innalzamento del livello medio della categoria o una sorta di naturale divisione nelle vecchie C1 e C2?
"No, non credo sia una questione di C1 e C2. Il livello si è alzato perché ci sono ottime squadre, come quelle che hai citato, tutte con società solide alle spalle. Quando una società è forte e presente, dà un grande aiuto all’allenatore e alla squadra nel crescere. Il Vicenza, per esempio, ha una società fortissima, una squadra compatta e un bravissimo allenatore, oltre al pubblico che rappresenta davvero il dodicesimo uomo".
Lei conosce molto bene la realtà veneta: non solo perché è la sua terra, ma perché ha allenato tante squadre della regione. Anche lo scorso anno il Vicenza era molto competitivo, con una rosa costruita diversamente rispetto a quella attuale. Poi però si è fermato ai playoff. La differenza rispetto alla passata stagione è solo l’assenza di una rivale forte come il Padova?
"No, perché quest’anno ci sono il Brescia e il Cittadella che possono dare fastidio. Il Cittadella era partito malissimo, ma ha messo insieme una serie importante di risultati – sette vittorie di fila e nove partite utili – recuperando terreno. La Serie C non è mai chiusa finché non arrivi al traguardo. L’anno scorso il Vicenza sembrava aver il campionato in mano, poi c’è stato il sorpasso del Padova alla penultima e sono caduti. Il calcio è così: non puoi mollare mai. Quest’anno il Vicenza mi sembra più compatto, con meno “nomi” ma più giocatori di categoria. E merita l’attuale posizione in classifica".
Lei ha allenato a lungo Ascoli, una delle squadre in lotta per il primo posto nel Girone B. Sulla panchina bianconera è arrivato Francesco Tomei: che idea si è fatto del tecnico?
"Sta facendo molto bene, a parte qualche episodio recente in cui gli è girata anche male. Conosco bene l’ambiente di Ascoli e quest’anno mi sembra molto più sereno: c’è sinergia tra società, allenatore, giocatori e tifosi. Negli anni passati non vedevo questa unità e infatti i risultati non arrivavano. Ora invece sì. Penso che la lotta nel Girone B sarà molto equilibrata: Arezzo, Ascoli e Ravenna sono le tre squadre che si giocheranno il primo posto".
Restando alle piazze calde: lei ha allenato anche il Cosenza, che come il Vicenza nel Girone A era partito male, ma ora si è rilanciato. L’unico vero problema sembra essere il rapporto teso tra tifoseria e società, che toglie forza all’ambiente. Che idea si è fatto?
"Conosco Buscè, l’ho avuto anche come giocatore. Sta facendo molto bene, come dimostra la gavetta fatta a Rimini e i successi ottenuti lì. Quest’anno il Cosenza gioca bene e si vede che c’è la sua mano sulla squadra. Nonostante le difficoltà dell’ambiente esterno, sta ottenendo ottimi risultati. Gli auguro tutto il bene possibile: è una bravissima persona e un ottimo allenatore".
È stato anche un grande centrocampista. C’è un giocatore di Serie C, nel suo ruolo, che la colpisce particolarmente?
"Marco Carraro. L’ho avuto a Pescara. Ha tutte le qualità per emergere, anche oltre la categoria. Deve migliorare nel carattere, ma se continua così questa stagione può essere un trampolino importante per lui".
Quest’anno è arrivata anche la novità dell’FVS, la tecnologia che porta una versione ridotta del VAR anche in Serie C. La sta convincendo?
"Non del tutto. Gli errori che vedevamo prima ci sono anche ora, quindi qualcosa va migliorato. Lo trovo utile per fuorigioco e gol-non-gol, ma sui falli di mano non sono d’accordo: se non è volontario, per me non è mai rigore. Invece oggi basta che il pallone tocchi la mano e il rigore viene dato. Non è calcio".
Ultima domanda: siamo all’ottava stagione del progetto seconde squadre. Tante discussioni, tifoserie avversarie spesso contrarie e, soprattutto, pochi giocatori emergenti per la Nazionale. Le big di Serie A apprezzano perché valorizzano i propri giovani, ma per il movimento calcistico italiano il ritorno sembra minimo. Che idea si è fatto?
"Io sono per il vecchio sistema. Le squadre di Serie A hanno sempre avuto ottime Primavere e non serviva altro. Non vedo benefici reali per la crescita dei giovani, e lo dimostra anche la Nazionale: dall’Under 23 sono usciti praticamente solo Fagioli e Miretti. Una soluzione alternativa potrebbe essere il ritorno del vecchio campionato 'De Martino', il campionato riserve, dove giocavano i fuoriquota della Primavera e chi non trovava spazio in prima squadra. Quello sarebbe utile. Il progetto attuale, invece, non mi convince".
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