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Atalanta, lo 0-0 che brucia: il pareggio più amaro di un’imbattibilità che non basta piùTUTTO mercato WEB
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Oggi alle 09:45Primo Piano
di Redazione TuttoAtalanta.com
per Tuttoatalanta.com

Atalanta, lo 0-0 che brucia: il pareggio più amaro di un’imbattibilità che non basta più

Dominare non significa vincere: la Dea deve trasformare il controllo del gioco in concretezza. E Juric deve imparare a osare nel momento giusto

C’è un paradosso che comincia a pesare come un macigno: l’Atalanta è l’unica squadra ancora imbattuta del campionato, ma continua a lasciare punti per strada. Cinque pareggi in sette partite non sono un segno di solidità: sono un campanello d’allarme. Perché se la Dea non impara a vincere le partite che merita, resterà sospesa nel limbo di chi ha tutto per decollare ma continua a guardare il cielo da terra.

Lo 0-0 contro la Lazio è l’ennesimo esempio di una superiorità sterile. Una di quelle gare che ti restano in gola perché hai avuto il pallone, il ritmo e le occasioni, ma non la precisione né il coraggio per chiuderla. E se i numeri – 56% di possesso, 11 occasioni a 2, 7 angoli a 1 – raccontano di una squadra padrona del campo, il tabellino vuoto dice tutto il resto: per vincere serve molto più che comandare il gioco.

IL MERITO E IL LIMITE – La sensazione - scrive ed esamina Il Corriere di Bergamo - è che questa Atalanta sappia esattamente come si costruisce una vittoria, ma non ancora quando affondare il colpo. E in Serie A, la differenza la fa proprio quel momento lì. Juric ha restituito equilibrio e ordine tattico a una squadra che aveva bisogno di ritrovarsi dopo le tempeste estive, ma ora deve fare il passo successivo: aggiungere verticalità, qualità e coraggio.

La Dea ha tenuto il campo, ha difeso con attenzione e ha dominato la ripresa, ma ha fallito nel gesto decisivo. E qui non bastano le attenuanti: la Lazio, incerottata e senza ritmo, era l’occasione ideale per dare un segnale al campionato.

L’ERRORE DI JURIC – C’è un dettaglio che pesa più di tutti: il cambio di Lookman. L’attaccante nigeriano, impalpabile per un’ora da centravanti, aveva iniziato a trovare campo e fiducia quando il tecnico lo ha richiamato in panchina. Un errore tattico e di lettura, già visto con Scamacca a Pisa: togliere l’uomo nel momento in cui diventa decisivo è una lezione che Juric dovrà imparare in fretta. Ecco perché questo pareggio non può essere archiviato come una semplice occasione mancata: è un richiamo alla lucidità, alla capacità di capire quando rischiare. Se l’Atalanta vuole crescere, dovrà imparare a essere spietata.

IL NODO DEL GOL – La verità è che questa squadra costruisce tanto ma segna poco. Lookman non è un centravanti: sa attaccare la profondità, non giocare spalle alla porta. Scamacca rientra, ma è ancora lontano dalla condizione. Senza una punta in forma e senza un colpo di genio nella rifinitura, la Dea finisce per girare su sé stessa. Eppure, le soluzioni non mancano: De Ketelaere e Samardzic hanno piedi buoni, Sulemana e Zalewski possono dare imprevedibilità. Ma serve fiducia, quella che si costruisce solo vincendo.

UNA DEA A META’ – Dopo sette partite, l’Atalanta è ancora un cantiere in costruzione. Solida, generosa, ma troppo compassata quando il pallone pesa. La mentalità è da grande, la produzione offensiva pure, ma la concretezza resta quella di una provinciale di lusso. Juric ha riportato equilibrio e compattezza, ma ora deve liberare l’istinto. Il problema non è essere imbattuti: è non essere ancora vincenti.

Il pubblico di Bergamo, ieri, ha riempito la New Balance Arena per celebrare i 118 anni di storia della Dea. Due curve in rima, un’unica voce: orgoglio, appartenenza, identità. Tutto quello che serve per costruire una grande stagione. Ma l’entusiasmo, da solo, non basta. Servono vittorie, gol, consapevolezza. Perché il bello dell’Atalanta è che non muore mai. Ma il rischio, oggi, è che non viva davvero le sue partite fino in fondo.