Dal vivaio di Zingonia alla vetta con la Folgore, Fabio Castellano: "Atalanta scuola di vita, Mino Favini un secondo papà. Su Bastoni..."
Ci sono percorsi che segnano indelebilmente la carriera di un calciatore, radici che affondano in terreni fertili capaci di formare prima uomini e poi atleti. La storia di Fabio Castellano parte proprio da lì, da quella "Università del Calcio" che risponde al nome di Zingonia. Cresciuto nel vivaio dell'Atalanta dai 6 anni fino alla Primavera, il centrocampista classe 1998 ha respirato l'aria rarefatta di chi si prepara al grande salto, condividendo lo spogliatoio con talenti oggi consacrati a livello internazionale. Oggi, con la maturità di chi ha vissuto esperienze formative tra Serie B e C, Castellano è il faro del centrocampo della Folgore Caratese, capolista del suo girone. In una lunga intervista ai canali ufficiali del club biancazzurro, il regista ha riavvolto il nastro, regalando parole al miele per il mondo nerazzurro, ricordando figure mitiche come Mino Favini e compagni d'eccezione come Alessandro Bastoni. Ecco quanto evidenziato da TuttoAtalanta.com
Fabio, il tuo viaggio nel mondo del calcio inizia nel settore giovanile più florido d'Italia. Hai vestito la maglia dell'Atalanta dai Pulcini fino alla Primavera. Cosa ha rappresentato per te crescere a Zingonia e quanto di quel bagaglio ti porti dietro ancora oggi?
«Non ho dubbi nel dirlo: l'Atalanta è il numero uno in Italia per quanto riguarda il settore giovanile. Per me è stata una vera e propria scuola di vita, prima ancora che calcistica. Ho avuto la fortuna e il privilegio di trascorrere lì quindici o sedici anni della mia esistenza. A Zingonia incontri persone che ti fanno crescere moltissimo sotto l'aspetto umano, trasmettendoti valori fondamentali. Inoltre, quel percorso ti spalanca scenari incredibili, come la possibilità di arrivare in Nazionale e di condividere il campo con ragazzi fortissimi che un domani arriveranno a giocare in Serie A. È stata un'esperienza totalizzante».
Tra i tanti talenti incrociati nel vivaio nerazzurro, c'è un nome che oggi brilla nel firmamento del calcio europeo: Alessandro Bastoni. Che ricordo hai del periodo condiviso con lui in maglia orobica?
«Ho avuto la fortuna di giocare con Bastoni, che oggi è un pilastro dell'Inter e della Nazionale, oltre ad aver disputato due finali di Champions League. Il suo percorso è l'esempio lampante del livello del settore giovanile dell'Atalanta: sanno come scegliere i ragazzi, come crescerli e portarli fino all'élite. Alessandro è un ragazzo strepitoso e si merita tutto il successo che sta ottenendo. Ho un ricordo bellissimo di lui: un ragazzo solare, con cui si rideva e scherzava sempre. Oggi ci sentiamo meno, ma ogni tanto gli scrivo per fargli i complimenti per quello che sta facendo».
C'è una figura dirigenziale o tecnica del tuo periodo atalantino che ti è rimasta particolarmente nel cuore?
«Assolutamente sì. Ho avuto un dirigente che purtroppo non c'è più, il Maestro Mino Favini. Per me, all'Atalanta, è stato come un secondo papà. Una figura di riferimento assoluta che mi ha lasciato tantissimo».
L'eccellenza del vivaio atalantino ti ha proiettato anche in maglia azzurra, dall'Under 15 all'Under 19, dove hai giocato con campioni del calibro di Donnarumma e Locatelli. Che sapore ha, a distanza di anni, aver fatto parte di quella generazione d'oro?
«Indossare la maglia dell'Italia e sfidare nazionali come Francia, Portogallo o Spagna è un'emozione indescrivibile. Ho condiviso lo spogliatoio con Cutrone, Locatelli, Gabbia, Casale e Gigio Donnarumma, che oggi è il capitano della Nazionale maggiore. Fare parte di quel gruppo, essere considerato tra i migliori della propria categoria, è un orgoglio immenso. Forse a 18 anni non te ne rendi conto pienamente perché vivi il momento, ma oggi, guardandomi indietro, capisco il valore di quell'esperienza. Locatelli, in particolare, mi ha impressionato tantissimo sia per il valore umano che come giocatore».
Uscito dal vivaio, hai affrontato il calcio dei "grandi". C'è un'esperienza tecnica che ritieni fondamentale per la tua evoluzione tattica?
«Sicuramente l'esperienza all'Ascoli in Serie B. Anche se non ho giocato tantissimo, è stata fondamentale perché ho avuto la fortuna di essere allenato da Enzo Maresca, che oggi è sulla panchina del Chelsea. Lui mi ha fatto vedere il calcio in una maniera completamente diversa rispetto a quello che pensavo fino a quel momento. Mi ha aperto la mente».
Oggi sei un punto fermo della Folgore Caratese. Sei arrivato con la fascia di capitano al braccio, poi passata a Luca Caldirola. Come vivi il tuo ruolo di leader in una squadra che sta dominando il girone?
«Mi trovo benissimo. Il passaggio della fascia a Luca è stato naturale: parliamo di un giocatore che ha fatto una carriera straordinaria, ma che sorprende soprattutto per lo spessore umano. Sapere che la leadership è in mani sicure come le sue mi rende molto tranquillo. Cerco di portare la mia esperienza, maturata anche in anni difficili come quello scorso, per aiutare i più giovani, come sto facendo con Nicolò Crivanti, un ragazzo con cui ho legato molto. Siamo in una buona posizione di classifica, ma sappiamo che dobbiamo continuare a lavorare sodo».
Testa, cuore e radici solide. Fabio Castellano guida oggi la Folgore Caratese in vetta al Girone B con 33 punti dopo 15 giornate, tenendo a distanza il Brusaporto (30 punti) e il Chievo Verona (29 punti), in un raggruppamento che vede protagoniste molte realtà bergamasche come la Virtus Ciserano Bergamo, il Villa Valle, lo Scanzorosciate e la Real Calepina. Una leadership costruita con l'umiltà e la sapienza tattica di chi è cresciuto alla scuola del "Maestro" Favini. Domenica andrà di scena, allo Sportitalia Village, lo scontro diretto tra Folgore Caratese e Brusaporto e, senz'altro, il carisma e personalità di Castellano sarà tra gli ingredienti dello spettacolo del giorno.
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