
Lookman mal consigliato ed errori vari: come far perdere a tutti un sacco di tempo. Isak, Gigio & Co: volenti o nolenti, siamo nell’era della Superlega
Ademola Lookman lascia l’Algarve e vola in Inghilterra. Bergamo che? Ma nemmeno a pensarci. L’attaccante nigeriano, piuttosto, andrebbe a Timbuktu (bel posto, un po’ fuori mano). Che il suo comportamento sia inaccettabile si è scritto in lungo e in largo, andiamo avanti. Le sue scelte, evidentemente, sono il frutto (anche) di alcuni presupposti: la promessa che riteneva di aver ricevuto dall’Atalanta e quella che chiaramente gli avrà fatto l’Inter. Ma anche i consigli e i comportamenti di chi gli sta attorno.
La proposta del Paris Saint-Germain di un’estate fa, che ha gettato le basi per il caso di questa stagione, era ai limiti del ridicolo nell’offerta al club. Quella dell’Inter, sicuramente più congrua ma a conti fatti comunque non tale da essere giudicata soddisfacente, era figlia della valutazione prospettata in viale della Liberazione dall’entourage del giocatore. La pietra miliare di questo pasticcio d’estate. Peggio di tutto il resto, il consiglio di disertare allenamenti in serie. Il risultato? Oggi tutte le parti in causa hanno perso un sacco di tempo. E, soprattutto, per ora gli agenti non hanno fatto l’interesse del giocatore: spesso la categoria viene criticata a priori, in questo caso c’è una specifica responsabilità se, a metà agosto, Lookman è ancora in attesa di tornare ad allenarsi, in una stagione che lo vedrà assentarsi per la Coppa d’Africa. Se poi andrà a Milano, dopo cotanta telenovela lo farà con la pressione di chi non potrà sbagliare mezzo passaggio.
Responsabilità sparse (nei confronti dei propri interessi), minori anche se a volte sottovalutate, ce ne sono poi un po’ ovunque. Fermo restando che ha diritto di negoziare (o no) per i propri giocatori come meglio ritiene, l’Atalanta avrebbe potuto accettare un’offerta non certo scandalosa - o quantomeno comunicare il prezzo -, evitando un braccio di ferro che rischia di fissare il secondo precedente in due anni dopo Koopmeiners, e con quei soldi fare due grandi colpi (manca ancora il post Retegui): in un’estate delicatissima perché la prima del post Gasperini, sarebbe stato un messaggio di forza ancora superiore. L’Inter, a sua volta, ha provato a forzare i tempi della trattativa pensando di condurla: le offerte formali si fanno quando c’è accordo, o se hanno davvero la pesantezza dell’ultimatum. Così, i nerazzurri di Milano sono bloccati da settimane, hanno perso De Winter (prima alternativa a Bisseck e Pavard, che sono ancora lì) e rischiano di fare altrettanto con Leoni: la squadra di Chivu è (ancora?) grossomodo la stessa di Inzaghi, e non aver capito le ragioni della sconfitta di Monaco rischia di essere un errore imperdonabile. È possibile, forse anche probabile che, alla fine, lo stallo alla nigeriana si sblocchi, specie se la Dea ha davvero in pugno un sostituto. L’immobilismo registrato negli ultimi giorni è, paradossalmente, l’unico vero presupposto per credere che sia questo lo sblocco della trattativa: nessuno fa un passo verso l’altro, ma non fa nemmeno le mosse che sarebbero logico attendersi (esempi: l’Atalanta far trapelare multe, l’Inter tuffarsi su un Garnacho non a caso) in una fase del genere, se si pensasse all’aspetto fumata nera. La grande variabile, con i soldi di Raspadori, sarebbe il Napoli: verrebbe meno la volontà della Dea di non cedere in Italia, ma del resto anche ragionare di concorrenza diretta con l’Inter è una forzatura che nasconde la questione di principio annidata dietro questo affare.
Un po’ più a nord di Bergamo e Milano, si consuma uno stallo abbastanza simile, con proporzioni economiche ben più grandi e toni al momento piu cordiali. È quello che riguarda Alexander Isak, giocatore fortissimo ma che costa ancora di più del suo talento. La dimensione finanziaria del suo trasferimento al Liverpool ha dimensioni ciclopiche ed è bloccato anche da questo. Alla fine magari si muoverà, ma costa troppo per spostarsi. Fa parte di quei calciatori che, anche se la grande fuga in avanti è stata fermata, fanno parte dell’era della Superlega. Di fatto, magari più avanti di diritto. Vale lo stesso per Gianluigi Donnarumma, che in Italia tornerebbe anche volentieri (e per questo è vietato escludere l’Inter, che ci lavora a fari spenti, dal suo futuro), ma costa troppo per i club della Serie A. I costi (e i contratti) di alcuni calciatori hanno raggiunto cifre che ne limitano la circolazione a pochissimi grandi club in giro per l’Europa. Di solito, purtroppo, inglesi. Se va bene tutti contenti, se va male (prendi Vlahovic) diventano macigni ingestibili e impossibili da spostare. La polarizzazione tra alcune società molto ricche e le altre che si arrabbattano, rende il calcio (intendiamo il grande calcio) a due velocità una cosa già reale. E un po’ preoccupante, considerato che il gioco più bello del mondo ha nello spirito popolare una delle sue ragioni d’essere: così non è che non possono vincere tutti, è che non possono nemmeno partecipare.
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