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Thuram a RBN: "Il razzismo è un'ideologia politica a cui nemmeno il calcio si oppone"
A proposito dell'argomento, legato al razzismo, a "Cose di Calcio" Lilian Thuram è netto nel definire questo fenomeno, ma anche nel condannarlo in toto e nei suoi principali protagonisti, che non sono semplicemente solo le "parti attive", bensì anche quelli che pensano di essere neutri:
"Quando non conosci la storia, è difficile intendere che queste cose sono vere. Quando cominci a parlare del razzismo, c'è da dire che questo è dovuto a un'ideologia politica, però, per rendere normale che c'è una politica economica che sfrutta della gente. Il razzismo non è una cosa naturale: per esempio, tante persone pensano della schiavitù che sia un sistema di confronto tra gente di colore diverso. Invece, non è così. Io credo che quando si parla del razzismo si sta parlando di diseguaglianza e si sta, allo stesso tempo, ammettendo che c'è bisogno di politici che devono ridistribuire al meglio il sistema della ricchezza. Il razzismo è una trappola. Spesso ai poveri bianchi si dice che la colpa è di "questi che sono musulmani o neri", ma il problema è dato dal sistema economico che non va bene. Quando vai a scuola non impari queste cose".
Il calcio e lo sport, in generale, rappresenta uno strumento importante per arrivare a tutti gli strati societari. Si fa abbastanza o si fa troppo poco?
"Il calcio non fa abbastanza. Ma anche lì è abbastanza normale, perché ci si aspetta che i dirigenti, i presidenti e la federazione facciano qualcosa, ma, in realtà fanno poco, in quanto loro pensano al calcio come uno strumento di business e soldi. Quindi, che bisogno c'è di dire ai giocatori di parlare e di denunciare. Loro potrebbero cambiare le cose, ma i dirigenti pensano a non dare a un'immagine negativa del business".
Nel calcio, all'interno degli spogliatoi, quanto è diffuso questo fenomeno del razzismo?
"Io credo che la difficoltà nel lottare contro la violenza del razzismo sia che solo le vittime di tale fenomeno abbia qualcosa da dire. Quando giocavo in Italia, il giornalista veniva da me dopo la partita per chiedermi cosa dovessimo fare e io gli rispondevo, dicendoli di chiedere ai giocatori bianchi cosa bisognasse fare. E, tante volte, loro pensano di essere in una situazione neutra. Ma se si dice niente, si spalleggia coloro che fanno della cattiveria".
"Quando non conosci la storia, è difficile intendere che queste cose sono vere. Quando cominci a parlare del razzismo, c'è da dire che questo è dovuto a un'ideologia politica, però, per rendere normale che c'è una politica economica che sfrutta della gente. Il razzismo non è una cosa naturale: per esempio, tante persone pensano della schiavitù che sia un sistema di confronto tra gente di colore diverso. Invece, non è così. Io credo che quando si parla del razzismo si sta parlando di diseguaglianza e si sta, allo stesso tempo, ammettendo che c'è bisogno di politici che devono ridistribuire al meglio il sistema della ricchezza. Il razzismo è una trappola. Spesso ai poveri bianchi si dice che la colpa è di "questi che sono musulmani o neri", ma il problema è dato dal sistema economico che non va bene. Quando vai a scuola non impari queste cose".
Il calcio e lo sport, in generale, rappresenta uno strumento importante per arrivare a tutti gli strati societari. Si fa abbastanza o si fa troppo poco?
"Il calcio non fa abbastanza. Ma anche lì è abbastanza normale, perché ci si aspetta che i dirigenti, i presidenti e la federazione facciano qualcosa, ma, in realtà fanno poco, in quanto loro pensano al calcio come uno strumento di business e soldi. Quindi, che bisogno c'è di dire ai giocatori di parlare e di denunciare. Loro potrebbero cambiare le cose, ma i dirigenti pensano a non dare a un'immagine negativa del business".
Nel calcio, all'interno degli spogliatoi, quanto è diffuso questo fenomeno del razzismo?
"Io credo che la difficoltà nel lottare contro la violenza del razzismo sia che solo le vittime di tale fenomeno abbia qualcosa da dire. Quando giocavo in Italia, il giornalista veniva da me dopo la partita per chiedermi cosa dovessimo fare e io gli rispondevo, dicendoli di chiedere ai giocatori bianchi cosa bisognasse fare. E, tante volte, loro pensano di essere in una situazione neutra. Ma se si dice niente, si spalleggia coloro che fanno della cattiveria".
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