Commisso ha investito sul Viola Park, voleva rifare lo stadio, spenderà 18 milioni per Pioli e ne ha spesi 90 per il mercato. Ma allora perché ha indebolito la società?
Mortificare un simbolo. Calpestare una storia. Ignorare la realtà. Succede tutto questo a Firenze in una stagione che non si è mai vista in una squadra di medio-alto livello. La Fiorentina non c’è più. Anzi, non c’è mai stata. E’ scomparsa subito fra le sue rovine. Si pensava che dopo le dimissioni di Pradé e l’esonero di Pioli fosse impossibile peggiorare e invece è successo. Non si sono contano più le sconfitte, ma quelle, paradossalmente, hanno meno significato rispetto a quanto si vede sul campo. Per i tifosi è un martirio. Umiliati i quattromila di Reggio Emilia, umiliati i ventimila del Franchi (col Verona), umiliati gli ottocento di Losanna. Come se lo striscione portato sulle rive del lago Lemano non avesse senso, come fosse una battuta, una sciocchezza: “Questa città merita rispetto, onorate quel giglio cucito sul petto”. Lo hanno calpestato, quel giglio, altro che onorarlo.
I giocatori sono i primi responsabili di questo scempio, a vederli in campo per le loro esibizioni sembra adeguato anche il Franchi diroccato. Immaginatevi questa Fiorentina a San Siro, sarebbe come una compagnia di guitti alla Pergola. Subito dopo la società. Ecco, parlando proprio della società c’è qualcosa che non torna, che ci porta a un corto circuito nel ragionamento. Da quando è arrivato a Firenze, Commisso ha investito nel mattone, il vero business degi americani, ed ha speso 100 milioni per costruire il Viola Park che porta il suo nome, come annuncia l’insegna davanti al centro sportivo: Rocco B. Commisso. Avrebbe speso tre volte tanto se gli avessero concesso di rifare il Franchi, i cui lavori adesso sono pagati con i nostri soldi, quelli del PNNR, e che non sappiamo ancora quando finiranno visto che manca l’ultima tranche del finanziamento (una sessantina di milioni). Poi ha investito sul mercato, novanta milioni con una serie di conferme che, peraltro, Firenze aveva salutato con entusiasmo. In più ha ingaggiato l’allenatore che i fiorentini volevano più di altri, ovvero Stefano Pioli, con uno stipendio che in tre anni peserà sul bilancio per 18 milioni di euro.
Ma allora, perché ha depotenziato in questo modo la società? Perché l’ha ridotta a due dirigenti senza esperienza, non certo fra i più conosciuti nel calcio italiano? Dopo la scomparsa di Joe Barone, Commisso ha promosso Ferrari nel ruolo di direttore generale. Dopo le dimissioni di Pradè, ha promosso Goretti come direttore sportivo. Ma anche se Ferrari fosse Marotta, e non lo è, non può esserlo, come fa a gestire questa ondata di melma che invade ogni giorno di più il Viola Park? E Goretti come fa da solo a ribaltare un organico intero? Soprattutto, come fanno ad alzare la voce, ad essere credibili al cento per cento nello spogliatoio? Ci fosse Commisso, la società avrebbe più forza, il proprietario che sta vicino alla squadra, che la sostiene o la scuote, è una figura indispensabile. Lo insegnano Saputo e De Laurentiis.
Ma se Rocco non può esserci, perché ha deciso di impoverire in questo modo il suo club? Commisso si fida dei suoi dirigenti, e ci sta. Nessuno, di sicuro noi no, gli consiglia di farne a meno, ma la Fiorentina ha bisogno di gente che conosca la materia, che entri nello spogliatoio, vada da Mandragora e Kean e dica loro di finirla con quegli atteggiamenti da asilo infantile, che dica a Dzeko di lasciar perdere il megafono, che spieghi a Vanoli che così non può più giocare, che inventi qualcosa pure lui. Ma oggi chi lo fa? Ferrari? Goretti? Tutto resta come prima. E così la Fiorentina resta come ultima.






