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Francesco Flachi, dalla gloria all'Inferno (e ritorno)TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
Oggi alle 19:30Storie di Calcio
di TMWRadio Redazione

Francesco Flachi, dalla gloria all'Inferno (e ritorno)

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Una carriera fatta di gol, applausi, gloria, ma anche di cadute, pesanti, che hanno lasciato il segno, anche in positivo. Insomma dal Paradiso all'Inferno verrebbe da dire, ma è stata questa la vita calcistica di Francesco Flachi, protagonista della nuova puntata di Storie di Calcio, in onda su TMW Radio. Classe '75, muove i primi passi nelle giovanili dell’UPD Isolotto, poi lo nota la Fiorentina che lo acquista per 120 milioni di lire e dopo una parentesi al Napoli, esordisce con la Viola in prima squadra nel 1993 in Serie B. Poi nel 1996 passa al Bari in B ma a suon di gol si merita di nuovo il ritorno a Firenze, prima di un nuovo prestito all'Ancona. Rientrato alla base, trova poco spazio con Trapattoni e nell'estate del '99 passa alla Sampdoria, dove vive la parentesi più importante della sua carriera: fino al 2007, mette a referto 241 presenze e 87 gol. Nel finale con la maglia blucerchiata due episodi purtroppo spiacevoli: il primo è la squalifica il 21 settembre 2006 per due mesi con l'accusa di "violazione dell'art. 1 del codice di giustizia sportiva, avendo tentato di acquisire notizie sull'esito" del derby di Roma dell'aprile 2005, terminato 0-0. Poi il 21 febbraio 2007 viene trovato positivo ad un metabolita della cocaina, la benzoilecgonina, al controllo antidoping effettuato dopo la partita Sampdoria-Inter del 28 gennaio 2007. Alla fine rimedierà 24 mesi di squalifica. Poi due breve parentesi con Empoli e Brescia, e in quest'ultima purtroppo rimedia una nuova squalifica sempre per positività alla cocaina. E il Tribunale Nazionale Antidoping lo sanziona, visto la recidiva, con dodici anni di squalifica. Poi il ritorno in campo nel 2022, prima con il Signa, squadra dell'Eccellenza toscana, poi con la Praese.  Il primo ricordo non può essere che per la sua amata Fiorentina, dove arrivò giovanissimo: "E' una storia bella.Cresco come tifoso della Viola, entrare nelle giovanili è stata una grande soddisfazione, realizzo un piccolo sogno. Sono arrivato a 12 anni e ho fatto tutta la trafila fino alla Primavera, per poi debuttare nel torneo Anglo-Italiano con la prima squadra. Ho fatto il debutto con Ranieri nel secondo tempo della sfida col Portsmouth, feci l'assist del primo, segnai il secondo e mi procurai il rigore del 3-1. Lì iniziò la mia carriera da giocatore. Fu una grande emozione debuttare al Franchi, con la maglia numero 10, io che fino a pochi mesi prima ero nella Fiesole come tifoso. Il mio idolo era Mancini ma in Viola ho avuto Antognoni e Baggio, veramente due grandi, che poi ho avuto modo di conoscere". In Viola però ha giocato con altri grandi nomi come Batistuta, Rui Costa, ma c'è un giocatore che lo ha impressionato di più: "Ho avuto la fortuna di giocare con Baiano e gli ho rubato tutto. Era uno dei più forti in Serie A, fisicamente eravamo simili. Se ho qualche dote, la devo a lui. Poi ovvio Batistuta aveva una forza di volontà incredibile, avrà saltato dieci allenamenti in sei anni ed è migliorato tanto tecnicamente a Firenze, diventando uno degli attaccanti più forti. E ha trasmesso a noi tanto in termini di forza di volontà".  In carriera diversi allenatori che gli hanno lasciato un segno, ma uno in particolare gli è rimasto nel cuore: "Novellino, perché mi ha consacrato e mi ha dato quella continuità che mi mancava. Ma non dimentico Ranieri, che mi ha fatto esordire e mi ha fatto giocare prendendosi delle responsabilità importanti". Poi ha ricordato i momenti chiave alla Fiorentina: "Il più bello è senz'altro quando ho esordito con la 10, perché feci tre assist in quella partita. E poi il più brutto quando decisi di andare via, perché non avevo spazio in quella squadra. Le responsabilità erano mie, perché ho capito troppo tardi cosa dovevo fare. Ero spensierato e ancora non capivo certe cose, ma questa spensieratezza mi è servita comunque in carriera a diventare quello che sono". E poi il grande amore con la Sampdoria: "E' stata la mia isola felice, mi sono trasformato come calciatore, sono riuscito a fare quello che dovevo fare prima. Ho trovato serenità, mi sono preso finalmente le mie responsabilità, a partire dal prendere la 10 del mio idolo Mancini. Mi piaceva la classe, l'eleganza, giocare a testa alta. Era incredibile. E poi mi piaceva anche l'eleganza fuori dal campo. Alla Samp sono stato benissimo e ho legato tanto con Bazzani. Ci si capiva solo con i gesti in campo, e non siamo mai stati invidiosi l'uno dell'altro. Ed è per questo che abbiamo ottenuto risultati insieme. Novellino? Siamo andati molte volte faccia a faccia il primo anno, perché lui cercava certe cose da me e non riuscivo in tutto. Mi bloccava un po', poi però alla fine dell'anno dovevo andare via ma volevo ancora giocarmela. Decido di rimanere, parto per il ritiro, ero la quinta punta ma la gente mi fece capire che ero ancora importante. Cominciai dalla panchina e, piano piano, ho ricominciato a prendere fiducia. Prima della partita di Reggio, Colombo si fa male, entro a 30' dalla fine e cambio la partita. E da lì è partita un'altra storia. E Novellino poi mi disse che si era sbagliato e il rapporto è diventato bellissimo. E' stato un padre calcistico". Infine un'analisi dei momenti più belli e delicati della sua carriera: "E' troppo facile parlare solo dei momenti belli. Se ce ne sono stati brutti è perché me li sono cercati io. Cosa cambierei del mio percorso? L'ho imparato a 50 anni, forse troppo tardi, ma meglio tardi che mai. Ho fatto errori, ho sbagliato, ho fatto male alla mia famiglia. Sono stati buttato in mezzo a cose in cui non c'entravo nulla e quello mi ha ammazzato. E reagii in quella maniera sbagliata. Nn ho mai scommesso ma mi diedero 3 mesi quando iniziai a giocare con la Nazionale. Fu una botta che non riuscii più a superare. E reagii in maniera sbagliata".