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Massimo Palanca e quei calci d'angolo che lo hanno fatto entrare nel mitoTUTTO mercato WEB
Oggi alle 19:08Storie di Calcio
di TMWRadio Redazione

Massimo Palanca e quei calci d'angolo che lo hanno fatto entrare nel mito

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Tra i personaggi più particolari tra la metà degli anni 1970 e la fine degli anni 1980 c'è sicuramente Massimo Palanca. Classe '53, nato a Loreto, crebbe a Porto Recanati e dopo aver segnato 18 gol col Camerino nel 1972 in Serie D, iniziò tra i professionisti in Serie C con il Frosinone.  Poi nel 1974 passò al Catanzaro, dove ha lasciato il segno, anche nella storia del calcio italiano. Ed è lui il protagonista di Storie di Calcio su TMW Radio. Con la maglia giallorossa fino al 1981 ha messo a referto 205 e 70 reti, di cui ben 13 su calcio d'angolo, diventando un suo marchio di fabbrica. Poi le esperienze con Napoli, Como e Foligno, prima del ritorno a "casa", nella sua Catanzaro, nel 1986, prima di chiudere la carriera nel 1990.  "Ho giocato 20 anni al calcio, ci sono stati momenti più o meno belli, come accade nella vita di tutti i giorni - ha ammesso Palanca -. Catanzaro, Napoli, Como, ma anche Porto Recanati, Camerino, Foligno, da ogni parte ho cercato di ricavare il massimo, prendere le cose che potevano servirmi per farmi crescere in questa professione. Sono cresciuto a Porto Recanati dentro un campo sportivo, perché mio padre giocava ed era il custode del campo. Seguivo gli allenamenti tutti i giorni, vedevo cosa faceva mio padre e i giocatori. Perciò non potevo continuare su quella squadra". Poi la prima svolta della sua carriera: "Il presidente del Camerino calcio fece il mio nome, parlò con i miei genitori e andai a vivere per tre anni praticamente a casa sua, considerandomi come un secondo figlio per loro, visto che già ne avevano uno. Mi hanno fatto studiare, praticamente è stata una seconda famiglia. Le basi le ho avute lì, prima di passare a Frosinone". Poi, dopo l'esperienza nella squadra ciociara, l'arrivo a Catanzaro: "Sarò sempre grato a Frosinone, dove ho trascorso un anno fantastico. Facevamo la Serie C, girone C, erano anni in cui i campi del Sud erano molto caldi e ti facevano crescere. E durante questo anno fui seguito dalla Reggina. Mi acquistò il presidente Granillo, ma siccome la Reggina stava lottando per non retrocedere, io misi una clausola che diceva che in caso di retrocessione non sarei rimasto in C, perché volevo migliorare. Purtroppo la Reggina retrocesse e quasi contemporaneamente venne fuori il Catanzaro, che seppi poi che mi seguiva da tempo. E andai lì". Ed è lì che nasce il suo mito, quello del sinistro fatato capace di segnare anche su calcio d'angolo: "Non avendo un fisico enorme, non potevo competere così con i miei avversari. Dovevo ingegnarmi in qualche modo per poter sopperire a questa mancanza di fisicità. Da ragazzino ho sempre avuto un modo di calciare col sinistro particolare, e ho affinato allora la mia precisione, allenandomi duramente. Trovai le soluzioni nelle punizioni e nei calci d'angolo. C'erano diversi calciatori che all'epoca facevano gol da angolo. A volte chiedevo ai miei compagni il caso che poteva metterli in difficoltà da calcio d'angolo, e loro mi dicevano che erano quelli a rientrare, perché creavano confusione. E io ho cercato sempre di sfruttare questi consigli. A Catanzaro poi spira sempre una certa aria che aiuta questo tipo di calci". A Catanzaro ancora oggi è un vero mito: "Ho sempre avuto un grande legame con la piazza. Se non avessi avuto persone eccezionali accanto, non sarei neanche rimasto. E' stato un rapporto che si è sempre evoluto. Sarò sempre grato a Catanzaro, alla Calabria, ho trovato un ambiente che mi ha aiutato tantissimo. E poi mio figlio è nato lì, i migliori amici sono lì. E quando posso ci torno sempre. Bambini, ragazzini, ancora oggi mi festeggiano, solo per aver sentito i racconti dei genitori e dei nonni. Mi fa capire che veramente ho dato qualcosa". Poi un ricordo di Gianni Di Marzio: "I primi tre anni sono stati con lui, e sono stati quelli che mi hanno formato e lasciato un marchio indelebile. Era un vulcano, ha stravolto un modo di fare calcio a Catanzaro. Non abbiamo mai fatto campionati banali in quegli anni, non potevi mai rilassarti, e queste sono cose che ti aiutano a crescere. Anche le sconfitte mi hanno fatto crescere". Ma ha anche ricordato il periodo di Napoli: "E' stato il mio grande rammarico. Quando il ds del Catanzaro mi disse se volevo andare a Napoli nell'81, io gli dissi di sì e lui proseguì la trattativa. Andai con tanto entusiasmo, per quella piazza incredibile, in un ambiente simile a quello che avevo vissuto, ma purtroppo non sono riuscito a dare quello che volevo e potevo dare. Un po' per problemi fisici, un po' per incomprensioni con l'allenatore".