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Claudio Nassi: "Boniperti"
Sono stato a Tuttosport dall'ottobre '68 al maggio '74. Nel frattempo studiavo la Juventus di Boniperti e Giuliano. C'era solo da imparare. Avevo deciso di lasciare il giornale per una carriera in società. Difficile trovare maestri migliori. Il primo grande calciatore e dirigente e il secondo segretario generale di valore assoluto. Li ricordo sempre, anche se il primo ci ha lasciato. Quando la Pistoiese salì in B, Boniperti voleva che Brio rientrasse alla base. Chiamai Torino. Dissi che non era pronto. Lo sarebbe stato dopo un campionato di B. Fui ascoltato e da allora i rapporti diventarono più stretti.
L'incantesimo si ruppe quando, alla Sampdoria, acquistato Bonini dal Cesena, il Presidente, dopo aver detto che non interessava, fece retromarcia. Non volli più saperne per oltre tre anni, fino a quando fece i complimenti al Conte Pontello per la scelta, dicendo che con me aveva sbagliato. Da allora i rapporti si intensificarono. Ogni volta che ci trovavamo erano lunghe chiacchierate in chiave tecnica e politica. D'estate, quando veniva in Versilia, l'invito era d'obbligo: da Franceschi, al Goya o al Byron e il tema non cambiava. Poi c'era la cena con amici da "Bombetta" a Viareggio. Gli rimproveravo di aver rovinato il calcio, col mettere, nei posti chiave, persone modeste, per manovrarle a piacimento. Lo invitavo a diventare Presidente della FIGC per rimediare ai danni. Rispondeva con una frase irripetibile.
Diceva che era d'accordo su tutto quando si parlava, meno che su Zidane. Quando rispondevo che era ricordato per le 444 partite e i 178 gol, metà da centravanti e gli altri da regista, si doveva ricredere, conosciuti i numeri del francese. Il 10 gennaio '94 fui chiamato dall'altro Presidente Onorario, Grande Stevens, alla Juventus. Mi presentai costretto da Mario Gerbi, Presidente del Torino. Dissi all'avvocato che, nel caso avessi rivisto la mia posizione, non avrei voluto rompere con Boniperti, altrimenti il discorso si sarebbe chiuso. Rispose: "Non si preoccupi, ci pensiamo noi". Una settimana dopo la società passò da Gianni a Umberto Agnelli. Portò i suoi uomini. Feci salti di gioia.
Ho letto tutto su Boniperti. Non c'è niente da aggiungere. Per me un maestro, come il Conte Rognoni. Il terzo è Artemio Franchi, personaggi studiati e vivisezionati. Spero si ritrovino insieme per dare una mano a un calcio che fatico a riconoscere. Anzi, sono certo che convinceranno lo Spirito Santo e Lui ci penserà, come dice sempre l'amico vescovo Carlo Mazza.
L'incantesimo si ruppe quando, alla Sampdoria, acquistato Bonini dal Cesena, il Presidente, dopo aver detto che non interessava, fece retromarcia. Non volli più saperne per oltre tre anni, fino a quando fece i complimenti al Conte Pontello per la scelta, dicendo che con me aveva sbagliato. Da allora i rapporti si intensificarono. Ogni volta che ci trovavamo erano lunghe chiacchierate in chiave tecnica e politica. D'estate, quando veniva in Versilia, l'invito era d'obbligo: da Franceschi, al Goya o al Byron e il tema non cambiava. Poi c'era la cena con amici da "Bombetta" a Viareggio. Gli rimproveravo di aver rovinato il calcio, col mettere, nei posti chiave, persone modeste, per manovrarle a piacimento. Lo invitavo a diventare Presidente della FIGC per rimediare ai danni. Rispondeva con una frase irripetibile.
Diceva che era d'accordo su tutto quando si parlava, meno che su Zidane. Quando rispondevo che era ricordato per le 444 partite e i 178 gol, metà da centravanti e gli altri da regista, si doveva ricredere, conosciuti i numeri del francese. Il 10 gennaio '94 fui chiamato dall'altro Presidente Onorario, Grande Stevens, alla Juventus. Mi presentai costretto da Mario Gerbi, Presidente del Torino. Dissi all'avvocato che, nel caso avessi rivisto la mia posizione, non avrei voluto rompere con Boniperti, altrimenti il discorso si sarebbe chiuso. Rispose: "Non si preoccupi, ci pensiamo noi". Una settimana dopo la società passò da Gianni a Umberto Agnelli. Portò i suoi uomini. Feci salti di gioia.
Ho letto tutto su Boniperti. Non c'è niente da aggiungere. Per me un maestro, come il Conte Rognoni. Il terzo è Artemio Franchi, personaggi studiati e vivisezionati. Spero si ritrovino insieme per dare una mano a un calcio che fatico a riconoscere. Anzi, sono certo che convinceranno lo Spirito Santo e Lui ci penserà, come dice sempre l'amico vescovo Carlo Mazza.
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