Da 0 a 10: l’infame bugia della sosta, la smentita clamorosa di Conte ad ADL, la bufala su Politano e la canzone di Neres e Lang
Zero alle insinuazioni, pure squallide, nei giorni post Bologna. Hanno provato a raccontare di un Conte in fuga, di uno spogliatoio spaccato come l’iceberg dopo l’impatto col Titanic ed un tecnico pronto a salutare con la frase ‘è stato un onore suonare con voi’. E invece No. E invece Caz**ate. Conte è saldo al comando, è risalito a bordo. Anzi, a dire il vero, non era mai sceso, s’era soltanto allontanato per avere una visione più lucida del momento.
Uno come un primo tempo da togliere il fiato all’Atalanta. Come un boa, il Napoli cinge la preda ai fianchi e poi la stringe, e ancora e ancora, fino a farle perdere l’equilibrio. Ci sarebbero gli estremi per chiamare il ko tecnico, con Palladino pronto gettare la spugna come il coach di Rocky contro Ivan Drago. Più intensità che nel monologo finale de L’uomo in più.
Due ali d’aliante per volare sempre più distante. Invocate a furor di popolo quasi come il brodo di pollo al primo freddo, ecco finalmente Conte che va oltre una sua paura: giocare con due esterni puri, purissimi, che fanno gli esterni alti e non vanno a rincorrere il terzino avversario a ridosso dell’area di rigore. Hanno provato a convincerci che Politano, che merita ore intere di applausi per abnegazione e sacrificio, fosse insostituibile. Abbiamo scoperto, ma lo sapevamo già, che se riposa qualche volta è un bene per lui e di conseguenza anche per la squadra. Ora, non si torni più indietro.
Tre gol in appena 45’ dopo il grande digiuno: come Fantozzi che mangia le polpette dinanzi al dietologo nazista. Le qualità ci sono, sono lì, tutte da guardare e quello non è mai stato in discussione. Ciò che è venuto a mancare, per qualche gara, è il desiderio di essere propositivi, prestando troppa attenzione a non prenderle. Ma nel pallone bisogna essere scugnizzi, "pronti a da' mazzate primma e abbuscà”.
Quattro settimane in naftalina ad attendere l’occasione giusta dopo la orripilante notte di Eindhoven. Beukema ha dovuto riconquistarsi la fiducia di Conte, l’ha fatto allenandosi col sorriso e mostrandosi propositivo. In campo ha risposto bene con la prestazione, ma c’è un gesto che vale di più: nel finale, con qualche brusio che arriva dagli spalti, va a incoraggiare Lucca dopo una bella giocata. Il ragazzo è intelligente in campo e pure fuori. Fondamentale recuperarlo.
Cinque minuti dopo la partita, arriva il messaggio di De Laurentiis che apre a scenari che non serviva aprire. “Bravo conte che si è ripreso in mano la squadra”. E tu diresti: Ma perché, l’Aveva persa?. E ancora: “Bravi i calciatori a seguire le sue istruzioni”. E tu diresti: Ma perché, prima non le seguivano? Ecco, diciamo che quel messaggio poteva essere scritto MOLTO meglio. Bastava un ‘Siamo ripartiti’, magari ci mettevi pure un Forza Napoli. E poteva andare bene. Non a caso Conte ha replicato: “Non dovevo riprendermi in mano la squadra”. Presidè, ‘A meglia parola è chella ca nun se dice’.
Sei gare al Maradona e sedici punti portati a casa: nessuno meglio del Napoli in Serie A tra le mura amiche. Era importante ripartire, fondamentale ritrovare vecchie certezze e quale posto migliore se non casa, il posto che cura gli affanni. Serve la spinta della gente a questa squadra, servirà pure martedì in una notte da ruggito europeo. Di quelle in cui si può scrivere un finale differente alla storia, ma solo col contributo di tutti. Col Qarabag deve tremare Fuorigrotta.
Sette ai tre assist sui gol, uno più bello dell’altro: prima Hojlund, poi McTominay e infine Di Lorenzo. Una importante dimostrazione delle qualità offensive della squadra, della capacità di Rasmus di leggere il gioco, dell’intelligenza di Scott e dei piedi educati di Capitan Giovanni con la pennellata per Noa. Per spiegarla, basterebbe aprire il dizionario alla voce ‘Coralità’: “Carattere di un’opera narrativa, definito dal concorrere di motivi, personaggi, ambienti in una simultaneità rappresentativa ideale”.
Otto a Lang che coglie l’attimo, con la zuccata vincente ed una prestazione importante: mica era facile, con quella maglia da titolare che era arrivata soltanto contro il Lecce. Poi, eccola l’occasione che aspettava, la rima da chiudere con la barra che spacca (come dicono quelli del rap che piace tanto a Noano). Segna e mette vivacità, costringe i laterali della Dea ad essere accorti e non avventurarsi nella trequarti azzurra. In duetto col ‘Bro’ David Neres, che sembrano due Gemelli Diversi pronti a cantare a Conte la Hit: “Dacci solo un minuto, un attimo ancora. Facci giocare insieme la partita, giocando a spezzoni è dura!” (Provate a cantarla).
Nove alle sere Neres di David. Quando si ricorda che è un fenomeno, quando gli permettono di giocare sulla fascia destra, quella dove riesce a rendere al meglio attaccando l’area poi col mancino. Il primo gol è il succo del suo potenziale, quando accendere il motorino stargli dietro è impossibile come provare a leccarsi il gomito (sì, lo so che ci state provando). Difficile pensare che un talento del genere, una rarità del genere per la capacità di saltare l’uomo e creare la superiorità, non possa essere un titolare inamovibile in una squadra in cui manca proprio quel pizzico di genialità e follia di cui il brasiliano abbonda. Rompere gli schemi.
Dieci alla reazione immediata. Dal primo pallone, ma pure dal primo sguardo, noi tutti abbiamo avuto la sensazione che il Napoli c’era. Era lì per fare il Napoli. Con aggressività, ma pure una lucidità che pareva smarrita. Il cambio modulo di Conte ha permesso a tutti di ritrovare i propri spazi, abbandonare ‘il proprio orticello’ e provare a seminare nuovamente per la collettività. Questo 3-4-3 è un’evoluzione tattica molto interessante, il punto di partenza per un nuovo viaggio. Preparate le valigie.








