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L'ex Anderlecht Sarcì: "Crisi Italia? Per cambiare forse serve il 3° Mondiale fuori..."TUTTO mercato WEB
© foto di Federico Serra
Oggi alle 13:45Serie A
di Daniele Najjar

L'ex Anderlecht Sarcì: "Crisi Italia? Per cambiare forse serve il 3° Mondiale fuori..."

Torna il campionato, ma da qui a marzo il tema della Nazionale Italiana è destinato a rimanere caldo in vista dei playoff e della speranza di rivedere gli azzurri partecipare ad una Coppa del Mondo. A TuttoMercatoWeb.com è intervenuto per parlare del momento difficile del calcio italiano Massimo Sarcì, di recente coordinatore tecnico del Messina. Sarci è un metodologo, che nel corso della sua carriera ha ricoperto posizioni importanti all’interno del settore giovanile dell’Anderlecht, con cui ha contribuito a lanciare e valorizzare giocatori del calibro di Dennis Praet e Jordan Lukaku, fratello di Romelu, oltre che Romelu stesso. Che ne pensa della crisi di talenti in Italia? "Il problema è profondo. Secondo me è un problema gestionale. Non posso pensare che dall'alto siano convinti che il problema sia l'allenatore, visto che la colpa ricade sempre sul ct. Lo vedo più come un problema politico che di talento. Non vedo una crisi di talento". In che senso? "I talenti ci sono, ma non vengono gestiti bene. Non vengono valorizzati. Se un ragazzo di Catania o di Palermo ha talento per esempio, a meno che non sia uno pronto a spostare gli equilibri, fa fatica. E ci vuole anche il sostegno della famiglia per farlo restare dov'è con il pagamento dei convitti. Perché ti dicono che non è pronto e che non possono continuare ad investire su di lui. Basta guardare le scuole...". Che problema c'è nelle scuole? "Lì il calcio è bandito. I ragazzi che gestiamo noi ci dicono questo. In Belgio invece per esempio lavoravamo molto con le scuole, all'Anderlecht. Lì il ragazzo si allenava il 40% per conto suo, anche la mattina a scuola. Per me è allucinante che si possa pensare che cambiando il ct possano cambiare le cose. Chiaramente ora facciamo tutti il tifo per Gattuso sperando che possa portarci al Mondiale". Se ricevesse una chiamata dal Palermo? "Sono e resto un tifoso del Palermo, ma come è successo fino ad ora il lavoro potrebbe portarmi ancora fuori dalla mia terra". Tornando al calcio italiano: cosa la fa arrabbiare in questa situazione? "Il fatto che queste cose si capivano 15-18 anni fa, dicevo già allora queste cose visto che ho lavorato in giro per il mondo. Parlando della formazione dei ragazzi qualcuno mi additava come uno che esagerava. La cosa brutta è che si ricomincia all'indomani come se niente fosse. Non cambia niente. E credetemi che all'estero dopo un fallimento del genere arrivano riforme a tutto tondo. Noi riusciamo a rimanere immobili anche ora". Vede un problema anche di personalità dei giocatori, più che tecnico? "Mi concentrerei sul problema di formazione: noi tiriamo su giocatori fragili e non di primo livello. La formazione comprende anche il fatto di badare a questi aspetti. Ma non significa che non abbiamo istruttori bravi, semplicemente manca chi decida e crei le strutture adeguate. Puoi mettere Ancelotti, Lippi, Montella, Spalletti, Allegri o Conte, ma se i giocatori non sono formati adeguatamente non cambierà niente". Si parla anche di un problema generazionale di talenti. "Non è vero. La Spagna ha avuto un momento di calo, ma poi ha ripreso a macinare. Non si ferma da 20 anni. Il Belgio stesso: dopo la generazione dei Kompany e Lukaku è arrivata quella attuale. Quindi non è un fatto generazionale, ma di lavoro".