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Il Bologna vola verso l'Europa. De Silvestri: "La nostra è una favola, ma anche un orgoglio"

Il Bologna vola verso l'Europa. De Silvestri: "La nostra è una favola, ma anche un orgoglio"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
giovedì 21 marzo 2024, 13:23Serie A
di Tommaso Bonan

Lunga intervista per Lorenzo De Silvestri, difensore e capitano del Bologna, ai microfoni di Radio TV Serie A. Ovviamente, si parte con la stagione del Bologna: "Ci sono energie positive, c'è tanto rispetto dei ruoli sia fuori dal campo sia a livello societario. Ognuno ha ben chiaro il proprio ruolo, c'è grande empatia e voglia di stare insieme. I sentimenti sono tanti, adesso stiamo ottenendo dei risultati ma le sensazioni vanno anche a tutti i giocatori passati, Sinisa, tutto il lavoro fatto in precedenza. Abbiamo sofferto in alcune situazioni, ma ora stiamo ottenendo i risultati che meritiamo. Cosa c'è di diverso quest'anno? Il gruppo, sembra banale dirlo, ma è questo. Abbiamo tante culture diverse, ma si nota molto quanto siamo uniti quando esultiamo per un gol. Le nostre esultanze sono il sinonimo dei risultati che ottiene un club. La nostra è una favola, ma anche un orgoglio. Qual è il mio ruolo in questo Bologna? Mi è stato chiesto di essere d'esempio rimanendo pronto nei momenti in cui sarebbe servito esserlo. Essere sempre in prima linea è quello che mi fa sentire vivo, cerco sempre di dare il 100% e aiutare i giovani. Quando arrivano calciatori dall'estero cerco di aiutarli a conoscere anche la città, perché può agevolare l'integrazione nella squadra. Futuro? Ho ancora obiettivi come calciatore, mi piacerebbe raggiungere le 100 presenze nel Bologna e altri traguardi, perché mi sento ancora bene. Dopo mi vedo in giacca e cravatta, non sarebbe male rimanere nel mondo calcistico, sto studiando per questo".

Su Joey Saputo, presidente del Bologna
"Il Presidente è mitico, una persona molto educata e pacata che sa quello che vuole. Tratta tutti in maniera incredibile, si ricorda i nomi dei nostri figli e delle nostre compagne, cura molto i dettagli. A noi chiede di dare sempre tutto, giocando una volta a settimana ci dice che quello è il momento in cui dare tutto. La sua presenza è un motivo in più per farlo, perché è un presidente che non ci fa mancare nulla. Cosa chiediamo noi a lui? A noi basta che sia presente, vederlo qui a Casteldebole vicino alla squadra è già speciale. Bonus Champions? La società ci è stata molto vicina, abbiamo delle dinamiche da definire. Io parlo sempre di sogni che diventano obiettivi. Noi viviamo un sogno, partita dopo partita è aumentata la nostra consapevolezza. Possiamo lottare fino all'ultimo con grandi squadre, siamo lì e vogliamo godercela fino alla fine".

Su Thiago Motta, allenatore del Bologna
"Il mister è arrivato in un momento delicato per noi, ma ha portato subito un tipo di gioco innovativo. Ci ha dato tanta consapevolezza, con i giovani è stato importante per la loro crescita. Chiunque giochi lo fa con una fiducia importante, non conta solo l'individuo, ma la squadra, e questo è merito suo. Sa scindere bene i momenti, ci lascia liberi quando è giusto che sia così, in campo e fuori, però poi nel rispetto delle regole è anche molto ferreo e vuole il massimo. Fuori dal campo ci sono regole, anch'io cerco di farle rispettare: da evitare i ritardi, polemiche alle sostituzioni, piccole cose, ma importanti per mantenere disciplina in un gruppo. Thiago Motta è un grande allenatore, l'ho visto spesso far cambiare atteggiamento alla squadra durante gli intervalli, riuscendo a toccare i nervi giusti sia con la scelta delle parole sia nei cambiamenti in campo".

Su Sinisa Mihajlovic
"Ricordo tutti i giocatori importanti passati, ma anche Sinisa, che ha portato un cambiamento da quando è arrivato. Ha portato innovazione e un modo spavaldo di interpretare le partite, ci ha cambiato molto lo stato d'animo e la consapevolezza, dando importanza a livello internazionale al Bologna. La sua malattia ci ha unito, l'anno scorso feci un discorso alla squadra, ricordai loro l'importanza di aver superato e gestito momenti del genere. Siamo diventati maturi, è stata una cosa che ci ha lasciato grande maturità. Il mio rapporto con lui non è stato sempre rose e fiori, mi ha fatto provare anche tanta rabbia, soprattutto a Firenze quando non mi faceva giocare. Voleva insegnarmi a reagire a situazioni negative, ma poi mi ha dato gioie incredibili ed è anche grazie a lui che poi sono arrivato a Bologna. Momento più duro con lui? Ricordo il periodo di Firenze, avevo appena esordito in Nazionale giocando l'anno prima la Champions League, avevo 21 anni. Avevo il petto gonfio: mi sentivo fortissimo. Mi tenne fuori per qualche partita, voleva farmi capire che non stavo dando il massimo negli allenamenti. Ricordo una vigilia: capii di non giocare la partita di domenica e mi misi a piangere durante un allenamento. Lui si avvicinò a me e mi disse: "Voglio farti capire che devi reagire e tornare a curare i dettagli come facevi prima". Momento più dolce? Fuori dal campo ricordo quando lo andammo a trovare fuori dall'ospedale, era lì da 40 giorni. Quello è stato un momento emotivo fortissimo, vidi la gioia nei suoi occhi. La sua scomparsa? Non riesco ancora a parlarne al passato, per me è stato un padre calcistico. Il nostro è stato un rapporto vero, ho saputo della sua scomparsa parlando con amici della famiglia e Dusan, il figlio di Sinisa. Presi un treno per andare a dargli un ultimo saluto, la famiglia è stata meravigliosa in tutta questa situazione. Mi sono ripromesso di stare vicino a loro, perché meritano. Vedo i figli e mi sento con loro, sanno che ci sono sempre per loro. Sinisa è stata una persona vera, con pregi e difetti, ma vera".

Su Zirkzee e il gruppo Bologna
"Joshua è un attaccante moderno, mi piace definirlo 'pop'. È moderno perché lega il gioco e dialoga con la squadra, è un leader tecnico perché si prende grandi responsabilità. Gli auguro il meglio perché sta lavorando tanto. Abbina allo strapotere fisico una tecnica meravigliosa, ha cambiato modo di allenarsi: quest'anno lo sta facendo in maniera incredibile. Le nostre esultanze sono sempre qualcosa di particolare: vedere che anche chi non gioca è partecipe è un segnale positivo. Non è una cosa scontata, credo che sia la nostra forza. L'importante è il gruppo, cerco sempre di organizzare cene per conoscerci meglio. Tanti lo interpretano soltanto come un lavoro, io penso che ci si debba conoscere bene anche fuori. Questo è molto importante".

Sul passato di De Silvestri
"Se mi guardo indietro vedo un ragazzo con una voglia matta di far vedere al proprio padre di poter fare il calciatore. È un ragazzo che è arrivato dove non pensava di arrivare. Mio padre è amante dello sci di fondo, ama lo sport di sacrificio e credeva che il calcio non fosse uno sport del genere. Ho fatto diversi sport da piccolo, questo mi ha permesso di avere lo spirito giusto per combattere per poter diventare poi calciatore. Ho iniziato a giocare a calcio a undici anni, facevo atletica e calcio: andavo al triplo rispetto agli altri. Ho avuto tutto quello che meritavo? A bocce ferme, per come sono partito, ho avuto abbastanza. Poi certo, in alcune dinamiche, come in Nazionale, potevo fare di più. Ma sono comunque molto contento di quello che ho fatto e dello standard che ho sempre avuto. Il mio infortunio in Nazionale nel 2015? A volte ho pensato a quante cose sarebbero cambiate, soprattutto nel periodo della riabilitazione perché era estate e sapevo che Sinisa sarebbe andato al Milan e mi avrebbe voluto a Milano. Fa parte della carriera, portiamo il nostro fisico a standard altissimi, quell'infortunio mi ha fatto capire cosa vuol dire soffrire e poi gioire di nuovo, quando sono tornato in Nazionale dopo l'infortunio. Mi sono giocato il crociato, il Milan e l'Europeo: fu dura. Mi ha aiutato molto stare a Roma e recuperare con la mia famiglia vicino, gli insegnamenti di mio padre mi hanno aiutato tantissimo".

Sulla Lazio
"Una mamma calcistica, mi ha fatto incontrare un allenatore come Delio Rossi che mi ha insegnato tanto in campo, facendomi diventare un vero calciatore. Correvo tanto, ma mi mancava un po' di disciplina tecnica e tattica, lui ha speso molto tempo per aiutarmi in questo. Ho vinto la Coppa Italia da giovanissimo, è stato bellissimo. C'era un rito di iniziazione per i giovani che arrivavano alla Lazio. Io portavo i capelli "alla Beatles" ed ero molto orgoglioso. Un giorno si presentò in camera mia Paolo Di Canio con un rasoio e mi tagliò i capelli a zero: all'inizio ero perplesso, ma da lì in poi ho sempre mantenuto lo stesso taglio per tutta la carriera. Perché è finita con la Lazio? Volevo giocare di più, crearmi una carriera, volevo diventare uomo: Roma per me era un confort zone, tra famiglia e amici di sempre. Arrivò l'offerta della Fiorentina e scelsi di partire".

Sulla morte di Gabriele Sandri
"Ero molto giovane, è stata una cosa più grande di me. Bisogna sempre ricordarlo, fu un fulmine a ciel sereno e una situazione difficile da gestire. Aveva un grande amore per la sua squadra, è sempre con me. Va ricordato, aveva una passione incontenibile per la sua squadra".

Su Fiorentina, Sampdoria e Torino
"A Firenze ho vissuto emozioni incredibili, soprattutto in Champions League. Anche l'ultima stagione fu molto difficile, lì ho capito cosa volesse dire soffrire le critiche. A Genova cercavo una rinascita, stadio e tifo meravigliosi e un anno con Sinisa dove raggiungemmo i preliminari di Europa League. A Genova amai la città e conobbi mia moglie Carlotta. A Torino sono diventato team player, ho fatto una delle mie stagioni migliori dal punto di vista realizzativo con sette gol. Sono maturato del tutto anche nell'affrontare le partite in maniera più serena".

Sul periodo Covid-19
"Mia moglie è una ricercatrice oncologica, in quel periodo siamo stati lontani perché lei lavorava a Genova con orari folli. Con le sue testimonianze ho capito quale fosse la situazione, da fuori non ci si poteva rendere conto. Mi ha permesso di capire cosa volesse dire stare vicino alle persone nel momento del bisogno. Mi sentivo in dovere di fare qualcosa, aiutare con la mia immagine per influenzare il mondo calcistico. Mi sono ripromesso di imparare da quel momento e ora cerco di togliere un po' da me stesso per aiutare l'altro. Mia moglie mi ha aperto un mondo".

Sulla laurea in economia aziendale e la passione per l'arte
"Mi diplomai per far contenta mia mamma, il percorso per arrivare alla laurea è stato lungo, ma mi ha permesso di rimanere anche con i piedi per terra, continuando a frequentare coetanei. Mi ha aiutato anche in campo, nell'avere una certa logica di pensiero. Spero mi aiuterà anche in futuro, perché ho fatto la tesi sul marketing come strumento competitivo nel mondo del calcio. Che azienda è il Bologna? Un'azienda che sa quello che vuole, cura i rapporti umani e investe nei giovani per farli crescere e creare del capitale umano. È un club che funziona bene, abbiamo un centro sportivo all'avanguardia e dei dirigenti che fanno le cose che vanno fatte. È un club che sa quello che vuole. Passione per l'arte? È una passione che mi ricorda che c'è un mondo opposto al mio, senza orari, ma solo di estro artistico. Vado spesso in studi di artisti, mi piace conoscere la vita degli artisti. Questo Bologna è un artista contemporaneo che ha sorpreso tutti gli addetti ai lavori, critici e curatori d'arte. Per l'artista contemporaneo non è una sorpresa, perché ha ben chiaro le proprie doti e sa del lavoro svolto per arrivare a tanto".

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