Mauro Leo: "Ero a un passo dalla Dinamo Zagabria. Poi è arrivato Boban..."

“Un mese fa sono stato a un passo dalla Dinamo Zagabria”. La voce è quella di Mauro Leo, ex direttore sportivo della Roma fino al 30 giugno 2024 - e con un passato fra Inter e Juventus - che si racconta. “Avevamo un accordo sulla parola con il presidente Zajec e con il board, poi quando è subentrato Boban, pur ringraziando per la stima, ho preferito attendere una nuova opportunità”.
Cosa ha fatto in quest’anno sabbatico?
“Un corso FIFA per il management. Sono stato fortunato a essere selezionato, ne prendono solamente 40 tra direttori generali, finanziari, sportivi. Dopo i tre anni alla Roma ho cercato di aggiornarmi in quella direzione, perché è un corso elitario ed è stato un privilegio per una crescita professionale a più ampio spettro”.
Lei ha lavorato con diversi protagonisti del calcio italiano.
“Una formazione continua, con gente di spessore internazionale. Ho potuto apprendere e perfezionare le abilità che servono a un dirigente moderno”.
Facciamo i nomi: Marotta.
“Il miglior dirigente italiano, perché è bravo a valorizzare i talenti interni. Lo ha fatto alla Juventus, lo sta facendo all’Inter. Ha trovato un gruppo di lavoro di altissimo profilo e lui lo esalta. Non è il padre padrone, ti lascia libertà, ognuno ha i propri compiti. Da lui si impara la grande arte della diplomazia. Riesce a limitare i conflitti e sublimare il talento, credo che sia il massimo che un proprietario di club possa sperare di avere dal proprio management”.
Paratici.
“Da lui ho appreso la visione tecnica dello scouting. E poi parlava a tutti nello stesso modo, dal giocatore della prima squadra a quello dell’under 15 con la stessa energia. È una macchina da guerra nella ricerca del talento, voleva trovare i giocatori prima degli altri: sia quelli a parametro zero che i ragazzini. Voleva essere aggiornato su tutto, noi non avevamo il budget dei club inglesi o tedeschi, ma eravamo a quel livello grazie allo scouting”.
Ausilio.
“Era già bravo, con Marotta si è esaltato. Ha caratteristiche diverse rispetto a Paratici, con le sue peculiarità ed è un grande direttore, perché ora ha esperienza. In generale è un ottimo gestore, un mediatore, nel dirigere i vari dipartimenti di un club è eccezionale”.
Tiago Pinto.
“Un giovane direttore generale, molto abile nel limare i conflitti dovuti alla personalità di José Mourinho. Non è facile starci accanto e creare i presupposti per far funzionare il club. La personalità di un allenatore così speciale può anche destabilizzare tramite le dichiarazioni. Tiago mi ha lasciato molto spazio perché gestivo l’area sportiva della Roma, ma lì ho lavorato con grandi professionisti in ogni dipartimento”.
Ha parlato di Mourinho…
“È il top fuori dal campo. Sa come gestire la stampa, i tifosi, i direttori, la proprietà. Numero uno, ho avuto la fortuna di apprendere qualcosa nel mio percorso grazie alla sua personalità”.
E Conte?
“Il migliore in campo. Riesce a migliorare i giocatori, raggiungere l’obiettivo che diventa ossessione e lo fa attraverso un metodo, vincente, che ha perfezionato nel corso degli anni. Grazie a lui ho imparato a parlare ad allenatori top”.
L’anno scorso avete preso Huijsen e ora può andare al Real Madrid…
“Era un nome venuto fuori da Mourinho che, dal punto di vista strategico, non condividevo. Potevamo prenderlo solo in prestito, quindi stavamo lavorando per la Juventus e sarebbe tornato lì a fine stagione. Ha grande talento, si vedevano le qualità, il profilo è di assoluto valore. Ma forse dovrebbe fare un’altra stagione in un club di medio livello, se arrivi a 20 anni al Madrid poi devi vincere e hai enormi pressioni. Potrebbe non completare la sua formazione”.
Qual è il nome a cui è legato?
“Ci sono diverse operazioni nate dalla mia attività, ma dico Dragusin. Ho dovuto lottare per portarlo a Vinovo, per farlo venire una settimana in prova, prendendomi delle responsabilità. Non c’erano le condizioni ideali perché la Juventus fosse tranquilla, c’era confusione nella gestione del ragazzo, arrivava da una piccola academy ed era un’operazione economicamente molto vantaggiosa”.
La Roma poteva prendere Kvaratskhelia?
“A dicembre 2021 vado a Mosca perché l’intermediario, Cristian Zaccardo, mi ha fissato l’appuntamento con Mamuka Jugeli, agente di Kvara, per concludere l’affare. L’hotel era l’Hyatt. Tutto era organizzato, ma la sera prima mi avvisano che probabilmente l’incontro sarebbe finito sui giornali. Non so perché, forse per alzare il prezzo e innescare un’asta? Per farsi pubblicità? A quel punto ho preferito evitare di incontrarlo, per etica professionale. Ho aspettato un po’, ma poi non potevamo spendere 10 milioni per una scommessa”.
Quanto costava?
“Sei o sette milioni. Ma ho avuto il sospetto che il prezzo si potesse alzare dopo l’incontro. Purtroppo non avremmo potuto pareggiare l’offerta del Napoli. Da un lato sono dispiaciuto, dall’altro ci ero arrivato prima. Non è detto, poi, che l’evoluzione con Spalletti fosse uguale a quella con Mourinho. Non si sa se avrebbe avuto lo stesso rendimento: avevo quel dubbio, ma non sulle qualità tecniche”.
Calcio giocato: l’Inter è in finale di Champions League.
““Per rosa è la squadra più forte d’Italia, da anni riesce a tenere un livello altissimo di prestazioni, dei piccoli cali sono fisiologici. Bisogna solo fare i complimenti a Inzaghi e ai dirigenti, mantenere questo livello per 4-5 anni è da grande club. Competere in tre competizioni logora, il campionato italiano non è quello francese o spagnolo. Anche la piccola squadra ti fa sudare il risultato, non puoi concederti distrazioni. L’Inter deve mantenere quel livello”
Però in Italia comanda il Napoli di Conte.
“C’è una grande organizzazione tattica nella ricerca del dettaglio per adattarsi agli avversari, grande qualità nel preparare la partita. Conte migliora i giocatori come ha fatto alla Juve con i Giaccherini, i Padoin e i Peluso. Oppure all’Inter con i giovani Bastoni e Barella. Nel Napoli sta andando benissimo Politano, ma anche Mazzocchi e Buongiorno che non hanno mai giocato per vincere. Si vede la mano dell’allenatore”.
Mentre la Juve…
“Probabilmente deve trovare stabilità manageriale, a differenza dell’Inter. Ha modificato molto spendendo tanto, il segreto è anche avere tempo. Nelle big non si ha, quindi cambiare in continuazione non aiuta. Si è cercato di rincorrere l’allenamento del momento, Thiago Motta, che però non si poteva sapere se era adatto o meno in una realtà come la Juventus. Era alla prima esperienza importante, lì l’unico metro di misura è il risultato. Ora si parla di ulteriori cambi, speriamo che la Juve torni a essere quel club che traina il calcio italiano a livello internazionale”
Ranieri può portare la Roma fra le prime quattro?
“Si è rivelato una scelta azzeccatissima, più che per l’organizzazione della squadra lui è un grande conoscitore della romanità, una piazza importantissima come Roma dove le pressioni sono giornaliere e spesso anche le radio possono destabilizzarti. È stato bravo a isolare i giocatori da qualsiasi interferenza, giocare un calcio semplice ma pratico, portare la squadra in porto . La rosa è di valore, poi è arrivato un uomo saggio e di esperienza come lui”.
Andrà al giardinetto. Vedrebbe Gasperini al suo posto?
“Ha portato una rivoluzione in Italia, quindi anche in Europa, con nuove idee e un nuovo metodo di allenare. Però in una piazza umorale, dove non c’è la copertura di un grande presidente come Antonio Percassi, sarebbe difficile accogliere le richieste di un allenatore esigente e di temperamento, che si vuole imporre. A Roma manca il contatto quotidiano con la proprietà, i Friedkin cercano di delegare molto. Percassi è molto competente, vive in prima persona le situazioni, recepisce idee e progetti, sa apprezzare quando un allenatore è bravo. Genuinamente è il miglior club dove fare calcio, perché oltre a essere un businessman è anche di campo: il segreto dell’Atalanta è Percassi. Gasp a Roma non troverebbe chi lo può sorreggere e valorizzare, anche se il valore del tecnico è assoluto, le idee sono conclamate e tanti cercano di copiarlo”.
Terrebbe Conceicao?
“Credo che non si debba essere influenzati dai risultati, ma è arrivato il momento di trovare un tecnico che apra un ciclo. Lui è stato visto transitorio sin dall’inizio - anche per la formula di contratto - forse non c’era grande fiducia e non era il momento giusto. Il potenziale della rosa è enorme, è tra le prime tre squadre in Italia, con talenti di assoluto valore, ma in larga parte nessuno rende. Se la società saprà riorganizzarsi, scegliendo il direttore giusto… Si deve voltare pagina, avere la forza di imporre e il tempo di costruire un ciclo”.
Il Milan dovrebbe prendere Conte?
“Chi lo prende ha il migliore, va sul sicuro. Incide da subito. È il migliore tecnico italiano, sarebbe la scelta giusta, ma poi bisogna affidargli le redini tecniche, costruendogli la squadra”.
Meglio di Ancelotti?
“Sì, perché credo che il Milan avrà bisogno di ripartire con un progetto e una forza diversa. Ancelotti è il più grande per trofei, ma verrebbe recepito più come gestore. Lì c’è da mettere a posto i meccanismi”.
