
Dolomiti Bellunesi, si separano le strade con il capitano Pablo Perez
Cinquantadue presenze, sette gol, tre assist. Ma dietro a queste cifre, spalmate su due stagioni, c’è molto più di un giocatore. C’è un capitano. C’è Pablo Perez Blanco: galiziano d’origine, dolomitico d’adozione. Un leader che ha scelto di farsi ascoltare con l’esempio.
PERSONE PERBENE – Oggi le strade tra il difensore nativo di Verìn e la Dolomiti Bellunesi si separano. Nessuno, però, potrà cancellare ciò che è stato: «Due anni entusiasmanti – commenta -. Sono volati, mi sembra di essere qui da una vita. Ho iniziato questo percorso con l’entusiasmo che il territorio mi ha trasmesso, fin dal primo giorno. Ho creduto in un progetto in cui pochi credevano, ma che insieme abbiamo trasformato in una vittoria, conquistando la promozione. E ho imparato che una squadra senza valori umani non ha futuro. Il fatto di avere persone coinvolte, legate da un comune senso di appartenenza, rende il cammino molto più semplice. Nel calcio, per raggiungere il successo, non basta funzionare come un’azienda che assume dipendenti. Se vuoi davvero ottenere qualcosa, devi arrivare al cuore della gente. E questo lo puoi fare solo circondandoti di persone perbene».
RIFERIMENTO – Era arrivato in punta di piedi. Con uno sguardo che sapeva radiografare il campo, oltre a qualsiasi sfumatura dello spogliatoio. E che ha ispirato chi gli stava accanto. Pablo non è mai stato solo un perno della retroguardia, ma una guida per i più giovani. E una certezza per i compagni: «Alzare la coppa insieme a Cossalter mi ha riempito di orgoglio e felicità – prosegue Pablo -. Thomas è un ragazzo esemplare: ha sempre sottolineato che il capitano ero io. E non è una cosa scontata. Poteva prendersi qualsiasi merito, ma ha sempre avuto un pensiero per me. Ecco perché ho creduto profondamente che alzare il trofeo insieme fosse il modo migliore per ringraziarlo. Ma sarebbe troppo facile fermarsi solo a quel momento. Ogni vittoria, ogni allenamento, ogni chiacchierata con i tifosi, con lo staff tecnico, con i volontari: sono stati tutti momenti speciali. Sono felice e grato del tempo trascorso qui».
LACRIME – La malasorte ha inficiato la recente stagione. Eppure Perez non ha mai mollato. Neanche quando il corpo chiedeva tregua. È rimasto lì, in prima linea. A soffrire con la squadra, a gioire per ogni passo avanti, a credere in un sogno chiamato Serie C. E quel sogno si è realizzato anche grazie a lui. Con una generosità che non si insegna, si incarna. E con quelle lacrime, arrivate copiose dopo la promozione. Lacrime vere, che non hanno bisogno di essere spiegate: raccontano il cuore grande di chi ha dato tutto. E tutto si è preso: il rispetto di uno spogliatoio, l’affetto dei tifosi, la gratitudine del club. «Pablo è stato un uomo-squadra – afferma il presidente Paolo De Cian -. Lo ringraziamo con affetto e stima sinceri, perché ha incarnato i valori della nostra società e ci ha aiutato a raggiungere un traguardo storico».
SIMBOLO – Ora che si volta pagina, restano i ricordi, oltre all’impronta lasciata sull’ambiente: profonda, come un solco su un sentiero di montagna. Pablo Perez non sarà più al centro della difesa? Ma rimarrà sempre nella storia della Dolomiti Bellunesi: «Vorrei ringraziare di cuore i supporter – conclude -. Non è facile sentirsi ben voluto, quando si è fuori a lungo per infortunio. I tifosi bellunesi sono persone speciali, umili e lavoratori. Credo che si siano riconosciuti in me, e io in loro. Ecco perché si è creato questo bel legame. Ringrazio sinceramente coloro che si sono fermati a incoraggiarmi quando non stavo bene. Mi porto dentro ogni messaggio e ogni parola. Ai nuovi che arriveranno chiedo solo una cosa: rispetto per il lavoro di chi ha dato tutto e, a chi resterà, l’augurio di portare avanti i valori che abbiamo costruito insieme. In particolare quelli umani. Solo così la Dolomiti Bellunesi avrà il futuro che merita».
PERSONE PERBENE – Oggi le strade tra il difensore nativo di Verìn e la Dolomiti Bellunesi si separano. Nessuno, però, potrà cancellare ciò che è stato: «Due anni entusiasmanti – commenta -. Sono volati, mi sembra di essere qui da una vita. Ho iniziato questo percorso con l’entusiasmo che il territorio mi ha trasmesso, fin dal primo giorno. Ho creduto in un progetto in cui pochi credevano, ma che insieme abbiamo trasformato in una vittoria, conquistando la promozione. E ho imparato che una squadra senza valori umani non ha futuro. Il fatto di avere persone coinvolte, legate da un comune senso di appartenenza, rende il cammino molto più semplice. Nel calcio, per raggiungere il successo, non basta funzionare come un’azienda che assume dipendenti. Se vuoi davvero ottenere qualcosa, devi arrivare al cuore della gente. E questo lo puoi fare solo circondandoti di persone perbene».
RIFERIMENTO – Era arrivato in punta di piedi. Con uno sguardo che sapeva radiografare il campo, oltre a qualsiasi sfumatura dello spogliatoio. E che ha ispirato chi gli stava accanto. Pablo non è mai stato solo un perno della retroguardia, ma una guida per i più giovani. E una certezza per i compagni: «Alzare la coppa insieme a Cossalter mi ha riempito di orgoglio e felicità – prosegue Pablo -. Thomas è un ragazzo esemplare: ha sempre sottolineato che il capitano ero io. E non è una cosa scontata. Poteva prendersi qualsiasi merito, ma ha sempre avuto un pensiero per me. Ecco perché ho creduto profondamente che alzare il trofeo insieme fosse il modo migliore per ringraziarlo. Ma sarebbe troppo facile fermarsi solo a quel momento. Ogni vittoria, ogni allenamento, ogni chiacchierata con i tifosi, con lo staff tecnico, con i volontari: sono stati tutti momenti speciali. Sono felice e grato del tempo trascorso qui».
LACRIME – La malasorte ha inficiato la recente stagione. Eppure Perez non ha mai mollato. Neanche quando il corpo chiedeva tregua. È rimasto lì, in prima linea. A soffrire con la squadra, a gioire per ogni passo avanti, a credere in un sogno chiamato Serie C. E quel sogno si è realizzato anche grazie a lui. Con una generosità che non si insegna, si incarna. E con quelle lacrime, arrivate copiose dopo la promozione. Lacrime vere, che non hanno bisogno di essere spiegate: raccontano il cuore grande di chi ha dato tutto. E tutto si è preso: il rispetto di uno spogliatoio, l’affetto dei tifosi, la gratitudine del club. «Pablo è stato un uomo-squadra – afferma il presidente Paolo De Cian -. Lo ringraziamo con affetto e stima sinceri, perché ha incarnato i valori della nostra società e ci ha aiutato a raggiungere un traguardo storico».
SIMBOLO – Ora che si volta pagina, restano i ricordi, oltre all’impronta lasciata sull’ambiente: profonda, come un solco su un sentiero di montagna. Pablo Perez non sarà più al centro della difesa? Ma rimarrà sempre nella storia della Dolomiti Bellunesi: «Vorrei ringraziare di cuore i supporter – conclude -. Non è facile sentirsi ben voluto, quando si è fuori a lungo per infortunio. I tifosi bellunesi sono persone speciali, umili e lavoratori. Credo che si siano riconosciuti in me, e io in loro. Ecco perché si è creato questo bel legame. Ringrazio sinceramente coloro che si sono fermati a incoraggiarmi quando non stavo bene. Mi porto dentro ogni messaggio e ogni parola. Ai nuovi che arriveranno chiedo solo una cosa: rispetto per il lavoro di chi ha dato tutto e, a chi resterà, l’augurio di portare avanti i valori che abbiamo costruito insieme. In particolare quelli umani. Solo così la Dolomiti Bellunesi avrà il futuro che merita».
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