Diana: "Si legge Union Brescia, ma è il vero Brescia. Sogno la Serie B su questa panchina"
Il tecnico dell’Union Brescia Aimo Diana ha rilasciato una lunga intervista a Sky Insider ha parlato dell’emozione di sedere sulla panchina della squadra che rappresenta la sua città: “Ero già alla FeralpiSalò e quando si vociferava quello che è poi davvero successo in estate l’adrenalina mi saliva a mille. Ne parlavo spesso con Emanuele Filippini, anche lui bresciano doc e nel mio staff: ‘Chissà se veramente toccherà a noi…’. È successo. La società si chiama Union Brescia, certo, ma è il Brescia a tutti gli effetti. All’inizio quasi non te ne rendi conto, poi giorno dopo giorno realizzi che sei effettivamente lì, che la pelle del Brescia non è cambiata, che lo spirito è quello e l’entusiasmo anche. Bisogna farci l’abitudine e soprattutto rimanere lucidi”.
Spazio poi alle ambizioni di questa stagione con l’obiettivo di essere protagonisti fino in fondo: “La squadra è costruita per fare bene e provare a essere protagonista, dobbiamo mantenere alta l’asticella. La Serie B l’ho raggiunta con la Reggiana, ma poi ci siamo separati, ma non è un’ossessione. La categoria certamente vale, ma dipende anche da come e con chi la fai, dalle scelte che prendi. Il mio sogno è quello di portare la mia città in Serie B e poi ovviamente, come ogni allenatore, ambire alla Serie A. - prosegue Diana - C’è chi ci arriva, chi no. Per come la vedo io, dipende dal come. Se si è la prima scelta, se si è parte integrante di un progetto. Se no, arrivarci tanto per arrivarci, non vale molto la pena”.
Diana parla poi di come si rapporta con i proprio giocatori: “Ho avuto tanti maestri, a partire da Mazzone per citarne uno. C’era chi si concentrava molto sulla gestione del gruppo, chi sull’aspetto tecnico-tattico, chi era un amicone e chi un sergente di ferro. Ma oggi devi essere più cose e avere un linguaggio che avvicini i giocatori. In Serie C poi, dove non girano tanti soldi, devi capire le difficoltà che affrontano i vari giocatori, specialmente quelli giovani ai primi passi in questo mondo. - prosegue Diana parlando proprio del rapporto con gli under – Ho la fortuna di avere un figlio di 18 anni e quindi qualche ‘bro’ ogni tanto lo sento, come quella musica che non capisco, che è un po’ strana, ma che mi avvicina a quel mondo”.
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