TMW RADIO - De Giorgis: "Mancini è sempre stato un visionario, vede cose che gli altri non vedono"

L’ex calciatore ed ora procuratore Giorgio De Giorgis è intervenuto durante la trasmissione "A Tutto Mercato" per parlare dei temi di calciomercato.
A fine carriera ha cambiato ruolo, passando da quello di calciatore a quello di procuratore.
“Quando smisi di giocare a calcio non pensavo che avrei fatto il procuratore, perché in quel momento non avevo più tanta voglia di calcio. Con il passare del tempo ho iniziato a presentare alcuni giocatori alla Sampdoria e da lì è iniziata la mia carriera da procuratore, che mi ha regalato molte soddisfazioni ed esperienze”.
Quanto è cambiato il mondo nei procuratori negli anni?
“Io smisi di giocare alla fine degli anni ’80 e già esistevano le prime figure dei procuratori. Nel corso del tempo siamo cresciuti come categoria, sia come numero che come competenza”.
Tra i suoi assistiti spicca il nome di Roberto Mancini, come lo descriverebbe?
“Roberto era innanzitutto un amico. Lo portai alla Lazio dalla Sampdoria. Mi ricordo che quando passò a fare il vice allenatore si trovò ad assistere Eriksson; quando lo svedese se ne andò lui preferì non fare il secondo anche a Zoff e di conseguenza scelse di tornare a giocare in Inghilterra al Leicester”.
Mancini è sempre stato un esteta oltre che nella vita privata anche che in campo?
“È sempre stato un visionario. Vedeva cose che gli altri non vedevano, anche ora da allenatore. Cambiava ruolo a giocatori e spesso aveva ragione. È sempre stato molto perspicace”.
Che rapporto ha con i suoi assistiti e soprattutto come pensa dovrebbe essere il rapporto tra le due figure?
“I giocatori che ho assistito li incontro ancora e li vedo sempre come degli amici. Il rapporto con il calciatore dev’essere fiduciario, senza la stima non si va da nessuna parte”.
Un tempo c’erano i singoli procuratori, ora ci sono anche le agenzie, che ne pensa?
“Ci sono diverse figure; gli scout di oggi per sono quelli che un tempo portavano i giovani nella società perché conoscenti di presidenti di società. Io sono arrivato con le mie gambe perché pensavo di poter fare questo lavoro, forse anche perché mi sentivo ancora un po’ giocatore”.
Nelle trattive del calcio moderno si sta un po’ depotenziando la figura del direttore sportivo?
“In alcuni ambiti in cui il presidente parla direttamente con gli intermediari è ovvio che il direttore sportivo si senta un po’ depotenziato. È cambiato anche il modo di comunicare; una volta il calciomercato si faceva di persona, ora si è tutto molto più digitalizzato”.
Presidenti con cui si è trovato meglio?
“Ce ne sono stati tanti, ognuno con caratteristiche diverse. Cellino per quanto capisce di calcio e per come sa muoversi è uno dei più tosti. Sa essere articolato quando c’è da esserlo e sa essere semplice nei momenti opportuni”.
Che ne pensa della durata così prolungata del mercato?
“Le società che lavorano bene iniziano presto ad operare, ma capita che dopo qualche sconfitta nella preparazione si debba rifare il mercato. È cambiato tutto così tanto, anche se quest’anno la situazione è ancora più anomala del solito per via del mondiale”.
Secondo lei la Nazionale e i club hanno visioni diverse sul discorso del minutaggio dei giovani?
“Io penso che i giovani bravi giochino. I ragazzi devono giocare se meritano, non esclusivamente perché sono giovani”.
Che esperienza è stata la partita di qualche settimana fa con Zico?
“Lui era un amico e nonostante io abbia lasciato presto Udine lo frequentavo. È una persona speciale, di una disponibilità impressionante. Nel mercato odierno non avrebbe prezzo perché nessuno se ne priverebbe. Con lui in campo si partiva da uno e zero”.
