Atalanta, gli applausi non bastano più: ora servono i punti
Gli applausi servono al morale, l’imbattibilità alla coscienza. Ma a questo punto della stagione - scrive L'Eco di Bergamo -, l’Atalanta ha bisogno di qualcosa di più tangibile: i punti. Il settimo pareggio in nove giornate – quello contro il Milan – è stato accolto con sensazioni contrastanti. Da un lato la prestazione convincente, capace di cancellare i dubbi lasciati a Cremona; dall’altro la consapevolezza che, con i pareggi, non si costruisce una classifica all’altezza del valore della squadra. Oggi la Dea naviga nel limbo del centroclassifica (9° posto), a distanza siderale da Napoli e Roma (+8) e dietro a Inter, Milan e Juventus, tutte sconfitte più volte ma più concrete quando conta.
ORA O MAI PIÙ – Il prossimo banco di prova - scrive nel suo commento Piero Vailati stamane sul quotidiano bergamasco -, sabato a Udine, è uno di quelli che misurano la maturità di un gruppo. L’Atalanta deve cominciare a vincere, anche a costo di rischiare qualcosa. «Meglio una sconfitta che due pareggi», diceva qualcuno: un concetto che Juric conosce bene, ma che finora la Dea non ha saputo tradurre in campo.
Da oltre un mese la squadra produce gioco e crea occasioni, ma la cronica mancanza di precisione sotto porta ha frenato la scalata. L’Atalanta è solida, competitiva, ma prigioniera del suo equilibrio: serve quella scintilla che trasformi le buone prestazioni in vittorie.
JURIC E LE SFIDE NUOVE – Per Ivan Juric, questa è la stagione delle prime volte. Mai prima d’ora il tecnico croato aveva dovuto gestire doppi impegni settimanali per periodi così lunghi, senza poter trascurare nessuna competizione.
E mai aveva avuto tra le mani una rosa così ampia e di qualità, con giocatori di personalità forte e gerarchie da costruire partita dopo partita. Gli infortuni di agosto e settembre – da Lookman a Scalvini, da Scamacca a Kolasinac – gli avevano di fatto semplificato le scelte; ora che tutti sono (quasi) a disposizione, il compito si complica.
UNDICI DIVERSI, STESSA IDEA – Le undici formazioni diverse in dodici gare stagionali sono il simbolo di questa ricerca. Juric ha alternato moduli e uomini per necessità, ma anche per sperimentare e capire chi può garantire equilibrio e incisività. Contro il Milan ha scelto una Dea senza centravanti, lasciando Scamacca e Krstovic in panchina: una scelta che ha diviso, ma che ha pagato in termini di fluidità e dominio del gioco.
Determinante il lavoro di Mario Pasalic come trequartista-incursore, capace di oscurare Modric e riempire gli spazi centrali. Attorno a lui, l’Atalanta ha costruito una manovra ariosa e costante: il gol di Lookman è arrivato come naturale conseguenza di questa impostazione.
AHANOR, BRESCIANINI E LE NUOVE CERTEZZE – L’unica vera macchia della serata è stato l’errore clamoroso di Ahanor, che ha sprecato un’occasione d’oro per il vantaggio. Ma la prestazione del giovane difensore è stata comunque di livello, tanto da attirare l’attenzione del ct Gattuso, che lo sta seguendo anche in ottica futura per la Nazionale. Ottimi segnali anche da Marco Brescianini, subentrato dopo l’infortunio di de Roon e autore di un ingresso energico e ordinato. Il centrocampista lombardo, già positivo a Cremona, potrebbe presto ritrovarsi titolare a Udine, dove la sua corsa e fisicità serviranno come il pane.
IL PESO DEI NUMERI – Le statistiche, ancora una volta, raccontano una superiorità non premiata. Contro il Milan, l’Atalanta ha chiuso con 56% di possesso palla, 16 tiri a 6, 482 passaggi riusciti con il 92% di precisione. Numeri da grande squadra, che tuttavia valgono solo se accompagnati dai gol.
Fra i singoli, spicca Zappacosta, infaticabile (11,3 km percorsi), il più attivo per tiri (4) e passaggi riusciti (61). Ederson resta il perno del centrocampo, Lookman il valore aggiunto, ma è dal ritorno del tridente De Ketelaere-Scamacca-Lookman, quello della notte di Dublino, che passa il prossimo salto di qualità.
A UDINE PER CAMBIARE PASSO – La Dea è viva, gioca, convince. Ma non vince. E i pareggi, per quanto rassicuranti, non bastano più. A Udine serve una sterzata, un successo che riporti la squadra in quota e restituisca slancio a una stagione che promette tanto ma finora ha raccolto poco.
Gli applausi restano un bel suono. Ma solo i gol, e i tre punti, possono trasformarli in musica.
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