Viola anima fragile, per uscire dalla crisi serve calarsi in una nuova dimensione
Un’anima fragile, uno spirito di squadra venuto fuori solo all’ultimo istante, a un passo dal baratro e probabilmente stimolato più dalla contestazione esplosa al Franchi al terzo gol del Bologna che non per altro. La domenica di campionato ripropone le stesse immagini degli ultimi 2 mesi: una Fiorentina impaurita e incapace di mettere gli avversari in difficoltà con il gioco, un tecnico che non trova le risposte da chi viene mandato in campo (nonostante Vienna avesse rilanciato chi fino ad ora ha trovato meno spazio) e infine un gruppo nel quale la personalità diventa merce rarissima. Una situazione tanto imprevista quanto difficile, che adesso impone diverse prospettive per non rendere questo autunno una lenta agonia.
Dimensione salvezza
Che si tratti di dismettere lo smoking e vestire panni più modesti rispetto agli abiti da sera europei, o d’imbracciare la sciabola abbandonando il fioretto, quel che più conta in casa viola è prendere consapevolezza del momento. E dei suoi rischi. Mentre restano sul tavolo le contestazioni della tifoseria, rivolte a tutti, il timore è che in casa viola, e soprattutto in campo, manchi l’abitudine a certi scenari tipici della lotta alla salvezza, perciò è all’interno di una nuova dimensione che la Fiorentina deve dimostrare di sapersi calare. Ignorare problemi evidenti ancora per molto, guida tecnica inclusa, rischia di allungare la permanenza ai piani bassissimi della classifica, e alla lunga rimandare determinate decisioni (anche quelle relative al tecnico non appena diventassero inevitabili) può rappresentare un pericolo non indifferente
Diverse letture tra tecnico e giocatori
In uno scenario del genere quel che preoccupa di più è lo scollamento tra guida tecnica e squadra, una distanza smentita dai protagonisti ma certificata da risultati e prestazioni. Così se le letture nel dopo gara di Pioli fanno arrabbiare molti tifosi non c’è da stupirsi se da Dzeko a De Gea le valutazioni riferite dai senatori del gruppo sembrino molto più realistiche. Non solo, perché di recente pure Gosens ha voluto rivalutare il lavoro di Palladino dell’anno scorso, quasi a difesa di un gruppo che non può essersi perso da un momento all’altro. Insomma a dispetto di tutte le rassicurazioni del caso non mancano gli allarmi lanciati dai diretti protagonisti, messaggi lontani da quegli aspetti positivi che Pioli si sforza di sottolineare dopo ogni partita seppure di recente, da Toni a Marchegiani, non siano mancate risposte persino stizzite.
Un impatto diverso sullo spogliatoio
E allora è anche naturale che i dubbi su una compattezza interna si allarghino a macchia d’olio, fosse solo per come determinati esperimenti siano stati in fretta accantonati, dal tentativo di piazzare Fagioli in cabina di regia ai dubbi iniziali sulla fascia da capitano di Ranieri. Tutti aspetti che la stragrande maggioranza di addetti ai lavori e opinionisti si aspettava di veder sistemati dal normalizzatore Pioli, e che invece oggi paiono sfuggire a una gestione efficace, senza contare chi non riesce a rendere come in passato magari perchè reduce da un’estate trascorsa sul filo del rasoio del mercato, come capitato a Dodò per via del mancato rinnovo di contratto o a Comuzzo sul cui conto, a più riprese, la dirigenza si è detta più che propensa a una cessione.
Kean, Gud, Dzeko e tanta altra personalità cercasi
Si potrà eccepire che in mezzo a così tanti problemi almeno c’è chi ha sfoderato personalità nel momento giusto. Con i due rigori di domenica Gudmundsson e Kean hanno certamente risposto a modo alle pressioni del momento, mentre l’ingresso in campo di Dzeko ha aiutato il gruppo a uscire dall’angolo in cui l’aveva cacciato il Bologna, ma trattasi (ancora) di dimostrazioni troppo sporadiche. Al netto delle responsabilità del tecnico è anche tra le pieghe del mercato estivo che serve tornare per spiegare tutte le difficoltà della Fiorentina, soprattutto a centrocampo dove non si vede chi possa prendere in mano le redini della squadra. Contando che gli stessi leader dell’anno scorso non riescono a confermarsi la strada per uscire dalla crisi resta lunga e in salita, ma per Pioli e i suoi non esistono scorciatoie. E soprattutto non sono previsti percorsi alternativi.






