Serve un Ds che non sbagli l’allenatore, altrimenti sarà serie B. Soluzione interna rischiosa, anni di improvvisazione con la complicità di molti. Giocatori ingiustificabili,? Anche peggio, ma sappiamo come funziona
Questa situazione umiliante era imprevedibile anche per chi, da anni, ha preso le distanze dalla proprietà e dai dirigenti che la rappresentano, considerando il Viola Park un posto da scansare assai: la malintesa vittoria dell’’io l’avevo detto’ è troppo amara per chi vuol bene alla Fiorentina, da ieri ultima in classifica da sola. Questo è troppo perché il calcio si sta burlando della nostra passione, nostra senz’altro più di chi l’ha comprata dal notaio.
I nomi di chi potrebbe subentrare al timone in cabina di comando sono tanti e a nessuno di loro dovrebbe sfuggire la gravità della situazione. Sta prendendo quota la possibilità di una soluzione interna con Goretti promosso al posto di Pradè, niente contro di lui ma saremmo all’ennesima cannibalizzazione dei ruoli (con D’Aversa favorito per la panchina). Una struttura dirigenziale che da anni si liofilizza e il mondo del calcio, fuori, che avanza. Anche perché Giuntoli pretenderebbe un piano certo e mano libera, Petrachi anche, Ottolini idem, è spuntato perfino il nome di Monchi e vai con il toto-Ds, ma insomma chiunque abbia chiare le leggi del calcio sa bene che non si improvvisano decisioni così serie in poco tempo. Il nuovo capo tecnico dovrà scegliere la figura fondamentale per salvare la stagione, cioè l’allenatore (in attesa della soluzione del caso Pioli). E chi scrive è convinto che uno spogliatoio così smarrito non abbia bisogno di un mestierante che la butti sulla disciplina, ma piuttosto di un tecnico che abbia un’idea chiara di gioco e sappia comunicarla ai giocatori. Per questo è necessario un feeling professionale fra Ds e tecnico: una squadra va pensata, una situazione va rimediata in base a quello che c’è, ma con le idee chiare. Ci si può salvare solo così, con l’identità e il gioco, mica con la frusta.
I disastri partono da lontano e, a parte i simpatici fiancheggiatori che ringhiando hanno sostenuto anni di un calcio che ha sempre dovuto ricostruirsi _ o quasi _ alla fine di ogni stagione come un patchwork di figurine, non ci dimentichiamo la sorprendente pazienza di una Curva che a lungo ha sopportato tutto, salvo poi esplodere e mettere per iscritto le proprie ragioni in un comunicato durissimo alla fine della scorsa stagione. Come se all’improvviso, dopo formidabili turate di naso, ci si fosse resi conto di quello che era rimasto sotto il tappeto: ‘Arroganza, caos sportivo, progetti calcistici falliti, perfino lo scempio dello stemma’. Mica poco, se ci pensiamo: tutto agilmente digerito per anni?
Ci sentiamo liberi di ricordarlo, anche perché in passato proprio in questi editoriali e in ogni tipo di intervento abbiamo sottolineato il curioso silenzio di un tifo insorto per molto meno negli anni precedenti. Chiudi gli occhi oggi e chiudi gli occhi domani siamo evidentemente arrivati ad un punto in cui il Calcio ha chiesto il conto, anche se ora la Curva si sta mobilitando e infatti qualcosa è successo, come sempre nella storia della Fiorentina. C’è stata comunque per anni una complicità collettiva _ ci mettiamo anche la politica cavalca-consensi dopo i Della Valle e l’atteggiamento generalmente comprensivo dei media _ mentre il calcio stava mettendo da parte gli indizi per condannare un club sempre convinto di aver rinforzato tutto, sottovalutando però l’importanza del management.
Da agosto siamo precipitati verso il disastro con un capitombolo senza freni e francamente imprevisto. Pioli ha avuto le sue gravissime colpe: abbiamo già scritto che ha sopravvalutato se stesso (un’estate passata a provare tre attaccanti di movimento) per poi fare giganteschi passi indietro verso la piega più realista di Palladino con Kean da solo contro tutti, o quasi. In questo modo, oltre che la coerenza l’allenatore ha probabilmente perso anche la stima e l’appoggio di giocatori che avevano ricevuto promesse (e in campo si è visto).
Lo spogliatoio in serie A è un posto in cui scorrono interessi, vincoli i convenienza e metaforicamente anche molto sangue: senza un club che ‘comanda’ i giocatori in serie A sono aziende che pensano soprattutto a se stesse. Senso di appartenenza in genere poco, disinvoltura per mollare un allenatore in difficoltà _ e che magari ha perso credibilità per assenza di risultati _ molta di più.
Nel nostro caso è ipocrita però pretendere da Pioli la rinuncia a (quasi) tre anni di contratto, anche perché nessuno ha obbligato la Fiorentina a firmarlo e in un calcio senza sentimenti perché si deve pretendere un bel gesto solo da un allenatore che, peraltro, restando in Arabia ne avrebbe guadagnati 12 in un anno? Pioli era stato scelto anche per ricomporre il rapporto con i tifosi e proteggere i dirigenti contestati, un carro attrezzi per trainare la parte sportiva e quella tecnica, con un occhio alla Curva in fase di mobilitazione. Poi abbiamo visto com’è andata, una delusione collettiva da choc e francamente inaspettati. Ma torniamo sempre lì, il Calcio ti fa pagare gli sbagli del passato anche quando non te lo aspetti. L’importante è ripartire nel modo giusto e con competenza. Chiediamo troppo?






