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TUTTO mercato WEBFiorentina, un disastro calcistico con molti padri
Una discesa inesorabile. Ecco la rappresentazione plastica del momento attuale della Fiorentina. Si cerca disperatamente un freno, qualcosa che arresti la caduta ineluttabile, per poi, con fatica, ricominciare a salire. Un disastro calcistico con molti padri, perpetrato sulla pelle dei tifosi che amano senza condizioni la Fiorentina. Forse al di là dell’Oceano non hanno ancora compreso che il calcio, da queste parti, non è divertimento, né intrattenimento. Bensì una questione di radici, senso di appartenenza, identificazione in un colore, condivisione di una comunità. Il pallone è gioia e dolore, lacrime ed esultanze, amore e odio pallonaro, felicità e rabbia per una sconfitta. Il tifoso della Fiorentina, più in generale il tifoso qualunque, il giorno dopo se ha perso la partita è una iena. Lo avranno capito o no?  
Tutto è cristallizzato
Il club è come se fosse entrato in una grande cella frigorifera. Fiorentina congelata. Del presidente purtroppo non si sa più nulla. Le ultime notizie, raccontate da uno stretto collaboratore, parlavano di un intervento subito da Rocco Commisso per una lombosciatalgia. La speranza è che l’imprenditore italo-americano adesso stia meglio, in piena convalescenza. Certamente avrà ragioni robuste e valide giustificazioni per non essere ancora venuto a Firenze in un periodo così delicato per la sua società. Perché ormai sono passati sette mesi dalla sua ultima visita in città. Tra l’altro, particolare non trascurabile, il presidente non ha ancora conosciuto di persona Pioli, cosa inusuale per il calcio. La Fiorentina, cioè il club che lui ha comprato nel 2019, versa in una delle crisi più nere della sua storia. E, per inciso, negli ultimi 7 anni, cioè da quando Commisso è presidente, per la terza volta lotta per non retrocedere. Tre indizi fanno una prova. Ci viene il sospetto che questa società non abbia ancora compreso come si debba fare calcio e quale sia lo schema migliore per strutturare un club, vocato alla conquista di titoli sportivi e non orientato soltanto alla realizzazione infrastrutture. Il direttore sportivo è in grandissima difficoltà, contestato da mesi dalla parte più calda del tifo. Nel post gara di Milan-Fiorentina si è autoescluso, facendo una durissima autocritica, peraltro commendevole dal punto di vista umano. Pradè è in carica, ma è come se fosse già vicino alla porta di uscita della Fiorentina. Che forza ha un diesse così? Come fa a scegliere se lui per primo ha detto che sarebbe stata giusta una sua cacciata dal club? Il direttore generale Ferrari non è uomo di calcio, ma un profilo amministrativo. Esecutore delle direttive che quotidianamente arrivano dagli Stati Uniti. Un ruolo molto diverso da Tito Corsi, Italo Allodi, Nello Governato, Claudio Nassi, Giancarlo Antognoni, Giovanni Galli, Pantaleo Corvino, per citare alcuni di coloro che hanno occupato in passato quella poltrona. Alla luce di questo scenario la domanda è solo una: chi decide e cosa? Eppure il frangente meriterebbe scelte in un senso in un altro, con la forza del comando. La sensazione invece è che tutto nella Fiorentina sia sospeso in attesa di qualcosa. 
Pioli a rischio
Lo è come ogni allenatore che si trovi nella sua identica situazione. La sfida col Lecce diventa decisiva o forse in accoppiata con quella di Marassi prima della sosta del campionato. Pioli non ha tutte le responsabilità, sarebbe assurdo addossargliele, ma in quanto capo della squadra risponde molto di quanto sta accadendo. “Mi considero parte del problema, mi piace però pensare di essere la soluzione”. Lo ha spiegato lui stesso con questa frase che è più di una fotografia. Superfluo sottolineare che c’è ancora una speranza legata proprio alla sfida di domenica con il Lecce: una bella vittoria per rimettersi in moto. Sarebbe la prima, puntando poi al bis col Genoa. In quel caso Pioli rendere meno debole la propria panchina e se lo meriterebbe per quanto sta patendo. Ma se invece l’esito fosse negativo, il suo esonero potrebbe diventare realtà. Se ciò si verificasse, sarebbe opportuno che un minuto dopo se ne andasse anche Pradè. Si parlerebbe, infatti, di fallimento programmatico. Un percorso nato a giugno è già svanito. Pradè, il direttore tecnico delle operazioni viola, dovrebbe pagare come il suo allenatore.
		
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