Claudio Nassi: Motta e Pioli
Con Saponara dall'inizio e un undici già sbilanciato, si voleva vincere a ogni costo, ma si disattendeva la massima del vecchio saggio che insegnava: "Per vincere bisogna aver paura di perdere"; oltre al fatto che muovere la classifica è meglio che restare al palo. E la componente psicologica, mai da sottovalutare, non la consideriamo? Eppoi, perché non preoccuparsi di avere sul campo una squadra equilibrata? Non è la cosa più importante? Seppoi voglio usare tutte le armi per vincere, non schiererò attaccanti in serie, ma cercherò centrocampisti e difensori di spinta, per lavorare ai fianchi l'avversario.
Ma non era finita, perché la sera c'è Milan - Lazio e assisto al replay. All'8' della ripresa esce Paquetà per una punta, Leao, che va ad aggiungersi a Piatek e Rebic. Capisco che Pioli vorrebbe vincere, tanto più contro la Lazio, sua ex squadra, ma è la scorciatoia per perdere, anche perché l'avversario è più forte. Finisce 1-2, come da copione. Se ai tre attaccanti aggiungi Calhanoglu, che preferisce giocare dalla metà campo in avanti, chi lavora nella zona nevralgica, quella dove si vincono le partite? E non suggeriva un allenatore amico a Giampaolo di preoccuparsi per avere in mezzo due che facessero legna? Chi aiuta il tecnico quando ha dubbi, o prende la strada sbagliata, convinto di essere nel giusto? Se il suo compito è dei più difficili, non può essere lasciato solo. Chi avrà detto ad Ancelotti che non deve portare il figlio come secondo? Se lo ritieni bravo, consiglialo ad altri. Capisco il genitore, ma non ha vantaggi, è un boomerang. Chi ha detto a Conte di fare autocritica per aver perso una partita determinante quando conduceva 2-0 e non attaccare la società per una campagna acquisti dispendiosa ma incompleta? Ecco perché aveva ragione quel grande dirigente che voleva fosse l'ubbidienza la prima dote dell'allenatore.