
Tutto o niente: l’Inter a Monaco si gioca la stagione. E anche il futuro. Quante differenze con Istanbul
Se andrà bene sarà un successo. Ma se andrà male non sarà un fallimento. Detto questo, sabato sera a Monaco di Baviera l’Inter scende in campo per il tutto o niente: da una parte la coppa più ambita d’Europa, dall’altra una stagione da zero titoli. È il peso che si porta dietro un campionato non vinto - per gli arbitri, per le energie perse, per quello che volete voi: se ne riparlerà -, è la condizione di chi in 90 minuti più eventuali supplementari si gioca un’intera stagione. E pure una discreta fetta di futuro.
Quella porzione del domani dell’Inter si chiama, anche, Simone Inzaghi. Il risultato della gara con il PSG può condizionare, in una direzione o nell’altra, i confronti e le decisioni del tecnico piacentino. Si respira aria da Mourinho-bis, in queste ore, ma Inzaghi è un allenatore molto diverso. E sul piatto - va detto - non c’è l’offerta del Real Madrid, ma i milioni arabi che significherebbero una cosa sola: se Inzaghi se ne va, non è solo per l’irresistibile corte dell’Al-Hilal, ma (anche) per altro. Nel caso, detto che l’Inter resterebbe l’Inter anche il giorno dopo che se andasse anche il migliore degli allenatori, Marotta dice una cosa giustissima - anche se forse non la pensa fino in fondo - quando riconosce a Inzaghi di essere stato il principale artefice di questo ciclo. Tocca ripeterlo: tutto quello che ha fatto non era scontato, in anni molto difficili. Poi, con onestà intellettuale, i bilanci si tirano in maniera oggettiva. Ma un tecnico migliore di Inzaghi, se servirà, sarà estremamente difficile da trovare.
L’Inter si giocherà tutto questo, in una condizione molto diversa da quella di Istanbul. È offensivo dire che lì ci fosse arrivata per caso, è un dato di fatto che quest’anno abbia avuto un percorso da big per giungere alla finale di Champions, e che non sia un’outsider, ma una squadra considerata sin da inizio competizione tra le papabili vincitrici. È una responsabilità diversa, da canalizzare in maniera molto attenta: quello che la Juve - e non ci dilunghiamo, perché le analogie Barcellona/Istanbul e Cardiff/Monaco ci sono ma il precedente non è ben augurale - non seppe fare in una situazione abbastanza simile. È uno dei tanti insegnamenti che, in un ciclo che comunque vada può essere giunto al momento del rinnovamento, se non della fine (e per molti giocatori lo sarà, a prescindere da Inzaghi), conviene tenere presenti nella marcia di avvicinamento al grande sogno.






