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Inter, la bellezza tradita dai dettagli: il Metropolitano insegna ancoraTUTTO mercato WEB
Oggi alle 00:00Editoriale
di Marta Bonfiglio
per Linterista.it

Inter, la bellezza tradita dai dettagli: il Metropolitano insegna ancora

"È la dura legge del gol
Fai un gran bel gioco però
Se non hai difesa gli altri segnano
E poi vincono
Loro stanno chiusi ma
Alla prima opportunità
Salgon subito e la buttan dentro a noi
La buttan dentro a noi".

C’è una bellezza ostinata nel modo in cui l’Inter di Cristian Chivu gioca a calcio. Una bellezza che prova a resistere alle difficoltà, alle pressioni, alle notti europee che sanno essere feroci, soprattutto in stadi come il Metropolitano di Madrid, dove l’aria è densa e ogni pallone pesa il doppio. Ma c’è anche "la dura legge del gol". Se sbagli paghi, se ti distrai subisci. Se pensi che il lavoro sia finito, capisci un secondo dopo che non lo era affatto. È esattamente ciò che è accaduto ieri sera, quando l’Inter è caduta 2-1 al 93’, punita da un colpo di testa che si poteva, e si doveva, evitare. Una punizione severa, ma il calcio non fa sconti a nessuno.

L'1-1 sarebbe stato un risultato giusto, persino prezioso visto i risultati delle altre e classifica alla mano. Sarebbe stato il riconoscimento a una squadra che ha prodotto gioco, ha tenuto il campo, e non si è lasciata intimidire da un avversario esperto e da un ambiente che non perdona. Sarebbe stato il segno che il lavoro fatto fin qui è solido, e che basta gestire meglio alcune situazioni per iniziare a raccogliere ciò che si semina. E invece, ancora una volta, è bastata una palla inattiva mal difesa, un dettaglio, ed ecco la rete che manda all'inferno l'Inter.

È lì che Cristian Chivu dovrà battere ferro. Il problema però non è nuovo. L’Inter tende troppo spesso a farsi sorprendere sui calci piazzati e sulle ripartenze. Tende a concedere proprio quando dovrebbe essere più compatta, più cinica, più lucida. Si tradisce da sola quando deve difendersi.

Questo però può fare appello al cammino naturale di una squadra che sta cambiando piano piano la sua pelle, perché ha un nuovo allenatore, nuove idee e nuovi automatismi da costruire. E questa non vuole essere una giustificazione, ma una chiara chiave di lettura. 

La sfortuna non può essere l'alibi.

Le palle inattive, nel calcio moderno, decidono una quota enorme di partite. Non sono un dettaglio. Allo stesso modo, le ripartenze subìte non sono semplice sfortuna o mancanza di cattiveria. Sono una questione di struttura e letture. Quando una squadra vuole dominare il gioco, come vuole fare l’Inter di Chivu, è naturale che lasci spazio alle sue spalle. Ma non è inevitabile che lo faccia in modo così pericoloso. Ci sono accorgimenti, scalate, distanze. Ci sono equilibri da trovare. 

Ecco perché questa sconfitta, pur dolorosa, non deve essere vissuta come una condanna. Deve essere compresa e assorbita. Deve diventare un tassello nella crescita. Perché la partita del Metropolitano racconta due verità che sembrano opposte, ma che in realtà convivono e rendono il quadro più chiaro di quanto sembri.

La prima è che l’Inter sa giocare a calcio (non è una cosa scontata), sa creare occasioni, sa imporre il ritmo anche lontano da San Siro. Questa è la base, la radice, l’identità sulla quale Chivu vuole costruire. La seconda è che i nerazzurri devono imparare a essere più feroci nei dettagli che decidono le partite. Devono fare un passo avanti nella gestione emotiva degli ultimi minuti, delle fasi statiche. Sono due verità che convivono. E proprio perché convivono c’è una strada da percorrere che non è affatto preclusa, che non è compromessa e neppure così tortuosa come potrebbe sembrare dopo due sconfitte consecutive

Il tecnico romeno avrà modo di lavorare. Avrà tempo per rendere l’Inter una squadra non solo bella, ma completa. 

La notte del Metropolitano lascia l'amaro in bocca, ma lascia anche un messaggio da non sottovalutare ad Appiano Gentile: la strada è quella giusta, ma ogni passo richiede attenzione. Perché, "è la dura legge del gol".