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Il tennis piange Pietrangeli. Poteva fare il calciatore: “Non si sarebbe sentito parlare di Rivera”TUTTO mercato WEB
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Oggi alle 13:08Serie A
di Ivan Cardia

Il tennis piange Pietrangeli. Poteva fare il calciatore: “Non si sarebbe sentito parlare di Rivera”

Galeotto fu il prestito alla Viterbese. Gli fece capire che il calcio non era il suo sport: oggi il tennis piange Nicola Pietrangeli, gigante italiano della disciplina scomparso all’età di 92 anni. Fosse andata diversamente, però, sarebbe stato il pallone, e non la racchetta, a perdere uno dei suoi migliori amici. Nato nel 1933 a Tunisi, figlio di Giulio, imprenditore e tennista dilettante, Nicola “tornò” in Italia con la sua famiglia dopo la Seconda guerra mondiale, con la fine dell’occupazione alleata. I Pietrangeli si trasferirono a Roma, dove, in parallelo al tennis, sviluppò una passione per il calcio e per la Lazio nello specifico. Non solo da tifoso, ma anche da ala destra, promettente al punto da far parte del settore giovanile della società, fino all’illuminazione: quando lo volevano cedere, appunto, Pietrangeli capì che il suo futuro era il tennis, dove sarebbe diventato il primo italiano a vincere uno Slam, e che doveva scegliere. E salutò il calcio: “Se a diciotto anni non avessi smesso per fare il tennista, non si sarebbe sentito parlare di Gianni Rivera“, ha dichiarato in passato. Una boutade, come piacevano a lui che in carriera ha spesso regalato - per esempio su Jannik Sinner - dichiarazioni sopra le righe. Negli anni, i suoi rapporti con il mondo del calcio sono rimasti vivi: nel 1970, dopo aver conosciuto Garrincha - a cui sarebbe rimasto poi vicino negli anni - in un torneo di calcetto a Roma, volò in Messico per seguire il Mondiale. Era sugli spalti dell’Azteca per Italia-Germania 4-3, la partita del secolo. Nel 1974, come ha testimoniato la stessa Lazio sui suoi profili social, si allenò per diverse settimane con il gruppo della banda Maestrelli, che poi avrebbe vinto lo scudetto: “Ci divertivamo. All’inizio mi chiamavano signor Pietrangeli e mi davano del lei - ha raccontato di recente al Corriere della Sera -. Dieci giorni dopo mi gridavano addosso. Giorgione Chinaglia non voleva mai perdere, neanche nelle partitelle: si infuriava come un bisonte”. I due, peraltro, rimasero in ottimi rapporti. Anche se Pietrangeli non si allenava solo con la Lazio: “Quando lavoravo a Torino alla Lancia andavo spesso a pranzo con Franco Causio - ha detto sempre ad Aldo Cazzullo -. Così un giorno mi portò al campo. Feci due gol a Zoff: il primo casuale, il secondo con un bel pallonetto”. Quei tocchi morbidi che, palla o racchetta, hanno fatto innamorare più generazioni.