Clemente di San Luca a TN: "Dobbiamo coltivare la speranza, nonostante tutto"
Sabato sera, dopo il primo tempo, in piena festa per i tre gol rifilati alla Dea, col sorriso stampato sulle labbra, un mio amico fraterno mi si rivolge gioioso: «Guidu’, di’ ’a verità, hai passato a Torino la settimana scorsa? Par’ ca Conte t’è stat’ a senti’!». A parte gli scherzi, era tempo che auspicavamo Neres e Lang sulle fasce laterali. Finalmente li abbiamo visti, e rivisti poi in Champions col Qarabag. E ci sono piaciuti assai. Lo stesso vale per Beukema. Cosa sia realmente accaduto è dato solo supporre. E infatti, tutte le ricostruzioni restano solo mere supposizioni. Conte grande stratega che a Bologna si sarebbe giocato l’«all in», rischiando il tutto per tutto per scuotere la squadra?
Può essere. Certo, se l’allenatore offende la tua dignità professionale in misura obiettivamente poco tollerabile, c’era una sola strada percorribile: provare a ricucire. È quello che sembra – almeno per ora – essere accaduto. Un chiarimento deve esserci stato. Sullo scarso utilizzo di diversi giocatori; sui metodi di allenamento non tollerati da tutti; sul numero abnorme di infortunati (gli infortuni muscolari in nazionale dipendono dagli allenamenti dei vari C.T., oppure da quelli che affaticano i muscoli del calciatore nella preparazione ordinaria?). Del resto, avendo davanti un ciclo di partite toste, o si ritrovava l’accordo fra tecnico e giocatori, oppure si sarebbe materializzato il fantasma del decimo posto del 2024. Con un danno finanziario per il club sicuramente devastante. A prescindere dal quinto scudetto, infatti, sono in discussione, da un lato, gli ottavi di Champions e, dall’altro, almeno il quarto posto per entrare nella prossima. Vitali per il futuro economico-finanziario del club. Ogni ipotesi di sostituzione di Conte, di cui pure s’è vagheggiato, sarebbe stata pura follia, anche perché, in ogni caso, trovare in corsa un sostituto all’altezza sarebbe difficilissimo. Tutto bene quel che finisce bene. Ma speriamo che sia veramente finita. Anche perché la quasi inverosimile emergenza infortuni ha ridotto la rosa al lumicino. La speranza peraltro non può azzerare i timori. Perché, è vero che spesso la sincerità può essere ‘nemica’ della Verità. Che per salvare quest’ultima, non di rado bisogna non essere sinceri. Quando, però, la insincerità sfocia in ipocrisia, la Verità viene compromessa. Ora, quando si passa dalle feroci dichiarazioni post-Bologna a quelle al miele post-Atalanta e post-Qarabag («l’unità e la compattezza portano a superare gli ostacoli. Oggi ci sono grandi ostacoli da superare»; «abbiamo bisogno di tutti in questo momento di difficoltà ed emergenza»; «non dovevo mettermi in pace con me stesso» e «so di avere un gruppo pulito, serio, onesto, non poteva essere altrimenti dopo il legame che si è instaurato l’anno scorso. Nessuno potrà mai rovinare questo rapporto che ho con i ragazzi»), una cosa è certa: che o prima o dopo il mister non è stato sincero. Ci auguriamo che questa mancanza di sincerità sia funzionale a preservare la Verità dei rapporti dentro lo spogliatoio. Se l’unità ritrovata non è effimera (e lo vedremo subito, domenica sera a Roma in una vera e propria «sfida all’O.K. Corral»), allora niente ci è precluso.
Soprattutto perché Conte – volente o per contingenze sfavorevoli – sembra aver finalmente intrapreso la strada del gioco offensivo, beninteso senza rinunciare alla conservazione della solidità difensiva. Essendo doveroso riconoscergli una notevole duttilità tattica: molto apprezzato il cambio modulo nel secondo tempo col Qarabag (4-2-4, non 4-4-2 come qualcuno erroneamente ha scritto). Nella settimana sabbatica, comunque, ancora una volta s’è riproposto l’interrogativo sul come si deve essere tifosi degli azzurri. Ma io mi chiedo: chi ha l’autorevolezza per dare la patente di tifoso del Napoli? Chi ha la Sapienza – ed il potere – per definire le attitudini comportamentali, le caratteristiche, che questi deve presentare? Deve essere una sorta di protagonista passivo, al quale ogni dubbio e ogni critica sono inibiti (come dicono coloro che stanno a «predicare l’autocensura», che «bisogna stare uniti, vicini alla squadra», e dunque che «bisognerebbe tacere»). Oppure può e deve partecipare attivamente al dibattito, sforzandosi di contribuire a individuare i problemi della squadra, della società? Più in generale, se una persona cui vuoi bene sta sbagliando, come gli manifesti il tuo amore? Fingendo che va tutto bene, oppure aiutandola a capire gli errori, offrendole un contributo di serena razionalità? Noi siamo convinti che bisogna continuare a coltivare la speranza, ma senza smettere di ragionare. Sogni e passione? A iosa! Restando però coi piedi ben piantati per terra.








