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Braglia: "Perugia a un punto di non ritorno. Serve compattarsi per uscirne da uomini veri"TUTTO mercato WEB
© foto di Andrea Rosito
Oggi alle 12:19Serie C
di Claudia Marrone

Braglia: "Perugia a un punto di non ritorno. Serve compattarsi per uscirne da uomini veri"

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Le sue dimissioni erano state rassegnate già nel weekend dopo la gara contro il Pineto, ma il club le ha accettato solo ieri, e così mister Piero Braglia è 'libero' dal contratto che lo legava al Perugia. E proprio l'allenatore, è intervenuto nel corso della mattinata di TMW Radio, all'interno del programma dedicato alla Serie C, A Tutta C. Queste, le sue parole: "Con il Rimini non c’entro nulla, appena mi sono reso conto di alcune situazioni, me ne sono andato. Mi dispiace per i ragazzi, ma le difficoltà lì continuano. Perugia è un’altra storia: ci abbiamo messo tanto, ma in cinque partite sono arrivate cinque sconfitte, credo fosse giusto fare un passo indietro. Quando non riesci a incidere, è corretto farsi da parte". Non credo però sia sempre colpa dell’allenatore. Forse è un'assunzione di responsabilità, alle volte anche la squadra dovrebbe prendersela. "Devo però riconoscere che nessuno mi aveva parlato di esonero, parlavo tranquillamente con il direttore prima e dopo la partita. Il problema nasce da situazioni che si trascinano, e quando capisci che non riesci a risolverle, è giusto fermarsi. Per rispetto della città e dei tifosi. A me piace lavorare, portare avanti le mie idee, ma quando vedo che non ci riesco, preferisco farmi da parte. Che poi ci sia assunzione di responsabilità fra tutte le componenti, quello dovrebbe far parte del calcio, però chi paga poi - e faccio un discorso in generale - è sempre l'allenatore: funziona così, soprattutto in Italia, meno all'estero. Inutile girarci intorno". Forse perché in Italia siamo 'figli dei risultati': si giudica il punteggio, non il lavoro. "Esatto. Io posso solo ringraziare lo staff, che si è calato completamente nel mio modo di lavorare. Abbiamo fatto, secondo me, un ottimo lavoro e mi auguro che paghi nel tempo: i ragazzi meritano risultati migliori, ma il calcio è anche questo, ci sono situazioni imponderabili. Quando capisci che non riesci a venirne fuori, devi fare un passo indietro. Il Perugia, se al Rimini restituissero i punti, sarebbe ultimo. È giusto che ognuno faccia un esame di coscienza". La rosa non sembra però da ultimo posto. Il problema del Perugia è forse più mentale? "Con i nomi, però, non si va da nessuna parte. Io ho vinto diversi campionati partendo da non favorito, avendo davanti cinque, sei, anche dieci squadre più accreditate. In campo, però, non scendono i nomi: servono persone che corrono, che sono disponibili al sacrificio, che hanno voglia di andare oltre e di metterci il cuore. Sono le solite cose che dicono tutti gli allenatori, lo so, e infatti mi viene anche da sorridere nel ripeterle. L’unica cosa che posso dire è che devono davvero capire di essere arrivati a un punto di non ritorno: devono unirsi, fare le cose per bene e venirne fuori tutti insieme, da uomini quali sono". Anche perché retrocedere in Serie D complica un po’ i piani, non solo per un discorso societario. Uscire dalle sabbie mobili di certi campionati non è mai una cosa immediata o agevole, anche se magari una squadra ha un grande nome. Basta guardare piazze come Siena o Livorno... "Nel calcio non è mai semplice vincere: in ogni girone ne vince solo una e c’è sempre qualche sorpresa. Credo comunque che il Perugia non meriti di retrocedere, considerata la città, il nome, la gloria, la storia e tutto ciò che è stato fatto in passato. Però il passato, in questi momenti, conta poco: conta il presente, che riguarda chiaramente la squadra e l’unione che deve avere ora con il nuovo allenatore. Ho visto che nel club sono arrivati anche Novellino e Gauci, auguro loro di riuscire a venir fuori da una situazione onestamente non facile. Ma sono convinto che da lunedì faranno di tutto per riuscirci". Sono chiamati a una sfida comunque non semplice contro un’altra formazione che sta vivendo una stagione un po’ altalenante: il Livorno. "Tutte le squadre sono difficili. Non esistono partite facili o più difficili, una squadra deve solo giocare al massimo delle proprie possibilità, dimostrare di averlo fatto e poi, quando ha la coscienza a posto, è tutto regolare. Il problema arriva quando si pensa di non aver fatto il massimo e i risultati sono quelli che sono: in quel caso è ancora peggio. Ripeto però che il Perugia ha tutte le potenzialità per venirne fuori". Vorrei portare l’attenzione su un altro tema, quello dell’FVS. Dopo dieci giornate, questo strumento tecnologico continua a suscitare qualche polemica, che si è vista anche nel campionato di Serie A femminile, Lei, che ha avuto modo di rapportarsi con questa tecnologia, come la vede? "Onestamente a me non piace. Si vede solo la parte finale della situazione, c’è una telecamera e basta, l’immagine è solo marginale e a volte nemmeno si capisce cosa si stia chiedendo. E ci sono troppe interruzioni. La tecnologia dovrebbe aiutare il calcio, ma penso che questo succeda in Serie A e Serie B. Sotto questi livelli, invece, con la telecamera si finisce per giudicare e fermare le partite anche per 5-8 minuti, e con recuperi di 15-20 minuti. E non è questo positivo, soprattutto ora che arriverà l'inverno: stare fermi per troppo tempo e ripartire subito dopo, con il freddo, l’umidità e tutto il resto rischia di portare più infortuni".