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INTERVISTA TC - Seregno, Erba e la cessione: "Meglio chiudere qui. Corda? Mi ero fidato"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
martedì 11 gennaio 2022, 18:50Interviste TC
di Ivan Cardia
per Tuttoc.com

INTERVISTA TC - Seregno, Erba e la cessione: "Meglio chiudere qui. Corda? Mi ero fidato"

Davide Erba saluta la Serie C e il calcio italiano. L’imprenditore brianzolo ha infatti ceduto - il closing è in fase di definizione e dovrebbe essere ultimato entro fine settimana - il Seregno alla cordata di imprenditori guidata da Giorgio Coviello. In stagione, dopo le accuse incrociate fra lo stesso Erba e l’ex dg Ninni Corda, la società è stata al centro di una vicenda su cui è tuttora aperta un’indagine della Procura. Erba ne parla a TuttoC TMW. 

Il bilancio finale è positivo o negativo?

“Sono contento dell’esperienza, è stata la prima nel calcio per me. Sono contento perché ho raggiunto parte degli obiettivi che mi ero prefisso. Purtroppo si è chiusa anzitempo, rispetto a quelle che erano le mie prospettive di crescita. Un’esperienza molto intensa, che sono contento di aver fatto”.

Lei viene da altri settori, che impressione ha avuto del calcio italiano?

“È un mondo a parte, rispetto a quello imprenditoriale: ci sono chiaramente delle logiche molto particolari, che vanno rispettate e alle quali ci si deve attenere. È un mondo un pochettino a parte rispetto alla società civile. Per quanto sia qualcosa di universale, il calcio è molto particolare”.

In che senso delle logiche diverse?

“Non so proprio come definirlo, non è propriamente un libero mercato. È legato a delle dinamiche molto particolari, a partire dai procuratori: è un mondo a sé, rispetto all’imprenditoria”.

La squadra è a buon punto in classifica. Nonostante tutto, perché non finire almeno la stagione?

“Perché, con tutto quello che è successo da inizio stagione, ho preferito chiudere qui. Ritengo che uno non debba fare delle cose per convenienza, però se ti accorgi che sono più gli aspetti negativi che quelli positivi lasci perdere. Il calcio deve essere una passione, un divertimento. Quando ti accorgi che non è più divertimento, vuol dire che c’è qualcosa che non va”.

Esclude la possibilità di rientrare in altre piazze?

“No, al momento assolutamente no. Non ho intenzione di fare niente per il momento. Poi magari più avanti mi tornerà la voglia, ci saranno nuovi stimoli, ci saranno degli scenari un po’ diversi, chi lo sa: non escludo niente, eventualmente anche all’estero. Però per il momento meglio mettere un punto”.

Torniamo alla vicenda clou di questa stagione. Al di là delle verità che saranno accertate, non era meglio cercare di far passare tutto in sordina?

“Purtroppo il clamore mediatico è dato dai giornali, però secondo me da un certo punto di vista è stato inevitabile. Sono successe delle cose a mio avviso molto serie: quando emergono, è chiaro che facciano notizia. Evidentemente c’è stata un’esagerazione da certi punti di vista: parlo più che altro per alcune strumentalizzazioni che sono state fatte. Però siamo in un Paese libero, dove chiunque può scrivere quello che vuole”.

Come è nata l’idea di legarsi a Corda?

“Io mi ero informato su come era andata a Foggia in Serie C. Mi hanno parlato di una persona equilibrata e che aveva fatto discretamente bene, che quindi non avesse nulla a che vedere con alcune cose che si possono leggere. Poi io ritengo che se si dà fiducia a una persona, questa non può che essere incondizionata: mi devo fidare di te, altrimenti non ti scelgo. È un approccio garantista, che ho ritenuto di fare mio. Ho fatto le mie valutazioni, mi sono fidato di una persona che si è presentato in un certo modo, ha dato dei parametri e ha proposto un approccio. Eravamo in sintonia all’inizio, poi le cose sono profondamente cambiate. Posso riconoscere, anzi lo riconosco proprio, che ho fatto un errore di valutazione”.

È rimasto in contatto con alcuni suoi giocatori?

“Sicuramente rimane un bel ricordo e un buon rapporto. Poi siamo tutti professionisti, ora è giusto che i calciatori facciano riferimento alla nuova professionalità. Penso che tutti coloro che sono passati da Seregno possano avere un buon ricordo. Abbiamo fatto un percorso importante: un conto è andare in Serie C con una società blasonata; un altro, farlo con una realtà sì blasonata ma con trascorsi importanti in anni lontani e che di recente aveva lottato in Serie D”.

Torniamo all’origine: ritiene che sia proprio impossibile applicare un ragionamento imprenditoriale al calcio a questi livelli?

“Un conto è una persona che vive di calcio e deve rimanerci per forza, un altro chi viene da altri mondi come me. Secondo me non è proprio possibile fare un ragionamento imprenditoriale nel calcio. È un gioco a perdere: bisogna partire dal presupposto che si perdono dei soldi e si accetta di perderli. È un grosso problema del calcio, almeno in questo tipo di categorie. Il pubblico, per dirne un’altra, è inesistente e non dico solo a Seregno, ma in tutte le piazze di C, a parte qualche città del sud. È proprio il meccanismo che sta pagando un dazio estremo in queste categorie: il calcio ormai è quello di Serie A, e neanche di tutte ma solo delle prime”.