
Dea, la pareggite colpisce anche in Europa: contro lo Slavia solo rimpianti
C’è un filo rosso che unisce il campionato alla Champions: l’Atalanta gioca, costruisce, ma alla fine resta con il rammarico di ciò che avrebbe potuto essere. Lo 0-0 contro lo Slavia Praga non è solo un’occasione buttata per dare continuità alla vittoria sul Bruges: è il sesto pareggio in dieci partite stagionali, il secondo consecutivo dopo quello con la Lazio. Non un disastro, ma un campanello d’allarme. Juric aveva chiesto cinismo e concretezza, ma la risposta della squadra è rimasta incompleta. La Dea domina i numeri, non il tabellone.
UNA PARTITA VISCHIOSA – L’impressione è che la partita si sia incagliata presto in una melma tattica dove l’Atalanta ha trovato poche linee di passaggio pulite e troppi ostacoli mentali. Lo Slavia, aggressivo e organizzato, ha trasformato ogni duello in una trappola, costringendo i nerazzurri all’errore nel disimpegno o all’improvvisazione negli ultimi metri. I dati raccontano una gara viva – 22 tiri a 16 totali – ma la realtà è meno scintillante: appena 5 conclusioni nello specchio contro le 4 dei cechi. Più che un equilibrio, un’occasione persa.
TROPPI ERRORI SOTTO PORTA – Gli episodi chiave sono tutti nel primo tempo, quando l’Atalanta avrebbe potuto indirizzare il match. Kossounou trova il portiere sul suo tiro ravvicinato, Krstović si divora due gol su altrettanti assist di De Ketelaere, colpendo prima Markovic da due passi e poi calciando alto. Sono errori che pesano come macigni, perché spengono l’entusiasmo e permettono agli avversari di riorganizzarsi. Nella ripresa la musica non cambia: Sulemana spreca un’occasione d’oro servito ancora da De Ketelaere, Scamacca entra bene ma non incide.
IL FARO BELGA – In un contesto di imprecisione diffusa, spicca la figura elegante e ispirata di Charles De Ketelaere, il più lucido e continuo della serata. Il belga si muove tra le linee, disegna passaggi e occasioni, confermandosi la fonte principale di gioco offensivo. È il regista occulto della Dea, quello che accende la manovra e prova a scuotere i compagni con un linguaggio tecnico superiore. Ma il suo talento, senza finalizzazione, resta incompiuto.
JURIC CAMBIA, MA NON BASTA – Il tecnico croato prova a smuovere la squadra con una girandola di cambi: Zalewski per dare più spinta, Sulemana e Scamacca per cercare peso e imprevedibilità, Bellanova per ravvivare la corsia destra. Le mosse producono fiammate, non svolte. L’Atalanta aumenta il volume, non la precisione. Markovic, portiere di riserva dello Slavia e debuttante in Champions, diventa l’eroe inatteso della serata, neutralizzando tutto ciò che arriva dalle sue parti.
UNO SLAVIA ORDINATO E CORAGGIOSO – I cechi non rinunciano a giocare. Restano compatti, ma ogni volta che l’Atalanta concede spazio provano a pungere: Moses impegna Carnesecchi con un destro improvviso, Provod sfiora la traversa su punizione. Lo Slavia arriva a Bergamo reduce dal 3-0 subito contro l’Inter, eppure mostra spirito e personalità, riuscendo a contenere una Dea tanto generosa quanto disordinata.
A fine serata resta un paradosso: l’Atalanta è ancora imbattuta, ma continua a perdere slancio. Con quattro punti in tre gare europee non è tempo di allarmi, ma la sensazione è che le partite vinte a metà inizino a pesare. Il cammino si complica: all’orizzonte le trasferte di Marsiglia e Francoforte, poi il Chelsea a Bergamo. La “pareggite” non è un male incurabile, ma va curata in fretta. Perché senza il coraggio di chiudere le partite, anche il calcio migliore rischia di restare un esercizio di stile.






