Bologna, il paradosso del Dall’Ara: squadra europea ma uno stadio che non aiuta
Questa sera, alle 21, il Bologna si giocherà un pezzo importante del suo futuro europeo. I rossoblù scenderanno in campo al Dall’Ara per il quinto turno del girone campionato di Europa League contro il Red Bull Salisburgo. Una sfida affascinante, che solo qualche anno fa sarebbe sembrata quasi un lusso, decisiva per il cammino continentale degli uomini di Vincenzo Italiano, ma che – numeri alla mano – non ha acceso in maniera uniforme l’entusiasmo del pubblico bolognese.
Secondo le stime della società, dovrebbero essere circa 24mila gli spettatori sugli spalti: 18mila abbonati, un dato considerato già di per sé contenuto per gli standard delle competizioni europee, a cui si aggiungono poco più di 5mila biglietti venduti nelle ultime settimane.
Siamo di fronte a un paradosso: una squadra che gioca bene, che sta convincendo, che sta costruendo un’identità europea e un pubblico che, fuori dalla curva, fatica a seguirla in massa. Non è una novità: Bologna vive da sempre questo rapporto particolare con il proprio tifo. La curva, fedele e instancabile. Gli altri settori, più legati alle circostanze, alle possibilità, alle comodità.
E allora, come spesso accade, si riaccende il dibattito. Ma va detto con chiarezza: non siamo qui per puntare il dito contro nessuno. Viviamo un periodo complicato sul piano economico e chiedere ad una famiglia, o anche solo a un singolo, di aggiungere una partita europea infrasettimanale – con prezzi non certo popolari – può diventare un ostacolo concreto. E poi c’è l’aspetto più evidente, quello che tutti vedono ma che forse nessuno vuole davvero denunciare: il Dall’Ara è anacronistico. Uno stadio scoperto, in pieno novembre, con temperature rigide e un comfort che non risponde più alle esigenze di fruibilità del calcio moderno. In queste condizioni, è quasi naturale che alcuni preferiscano il calore del divano alla rigidità dei seggiolini.
Il risultato è una fotografia che non sorprende: biglietti ancora disponibili in ogni settore, persino in Curva San Luca, dove resta invenduto circa un terzo dei posti. È un dato che fa riflettere, certo, ma che non autorizza letture superficiali né tantomeno deve essere interpretato come una colpa. Piuttosto come un segnale, l’ennesimo, di un impianto che non riesce più a trasformare le grandi serate in eventi condivisi dalla città intera.
In conferenza stampa Vincenzo Italiano, interpellato sul tema, ha scelto la strada della fiducia: “È normale che in Italia, oltre al pubblico di Bologna, ci sono tifosi che arrivano da tutto lo Stivale per tifare la propria squadra e lo stadio si riempie. Basti pensare alla sfida con il Napoli. Domani, invece, tra il fatto che si gioca di giovedì alle 21 e il fatto che siamo al turno preliminare, è normale che ci sia meno pubblico. Forse più avanti sarà più interessante venire a vederci giocare. Dopo la partita di Udine avevo lanciato un appello per vedere il Dall'Ara pieno così da poterci dare una marcia in più, ma di nostro abbiamo già obiettivi e motivazioni. Sono convinto che tutto lo stadio cercherà di darci una grande mano, anche se non saranno 30 mila tifosi".
È questo, in fondo, il punto. Non importa quanti saranno, ma come saranno. Chi sarà al Dall’Ara stasera, lo farà con passione sincera, con la voglia di vivere un’altra tappa di un percorso europeo che mancava da troppo tempo. Gli altri, quelli a casa, avranno le loro motivazioni: tutte legittime, tutte comprensibili. Tuttavia per colmare davvero la distanza tra entusiasmo sportivo e partecipazione fisica, servirà anche un Dall’Ara nuovo, moderno, capace di accogliere e non scoraggiare.
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