IL BASTONE E IL VOLERE…
di Vittorio Sanna
All’origine era un bastone dritto, oggi è un bastone contorto. Si chiama regola e dovrebbe essere una unità di misura, almeno, questo recita la sua etimologia. Di fatto, nel calcio, le regole sono rami di rovo, spinosi e contorti, che pungono e sfuggono senza che nessuno li voglia impugnare con certezza. Volere è potere, si dice, e questo lo possiamo trasferire sul campo. Se voglio te lo fischio, se non voglio passo dritto. Frustate per le squadre indifese che molto spesso le contraddizioni le subiscono. A stessa regola comportamenti diversi. La manata sul viso di Idrissi per Pairettonon è fallo. Non solo. Non merita nemmeno l’interruzione di gioco per colpo al volto. Diversamente da tante altre occasioni, anche per meno, anche per finta, in cui l’azione viene sospesa. Dipende da chi? Dal potere,che è volere. Mischia furibonda e dal bisticcio accanito viene fuori Palestra palla al piede. Ne nasce il gol del Cagliari. Non decide l’arbitro perché il suo potere è inferiore agli addetti al Var, per militanza, per prestigio, per nonnismo. Lo inducono in tentazione, se non gli intimano di decidere, e il gol viene annullato. La regola non è un bastone dritto.
Di questo si parla poco o nulla perché c’è una regola, se non un interesse, a trovare le curve e altre spine tra i fuscelli del calcio. Ghiotto perché sincero, quasi genuino, c’è l’argomento Yerry Mina che si vede sottratta la canzone da Alvaro Morata, “Non gioco più, me ne vado”. Nel gioco del calcio c’è tanto teatro. Tutti i calciatori urlano disperati al minimo contatto. Rotolano, parlano con il corpo e mimano cinquanta gravi infortuni a partita. Ma poi si rialzano e saltellano e cinguettano. Soprattutto perché si cade, ci si rotola, ci si dispera, quando si vince, per perdere tempo. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Abbiamo esempi clamorosi di simulatori seriali, di santi assassini che picchiano e si dichiarano innocenti, di falsi pentiti dopo provocazioni e randellate. Il controllo emotivo è fondamentale nel calcio. Perdere la testa una delle possibilità maggiori, peggio che perdere l’equilibrio motorio. È il calcio. Se il bastone fosse dritto e si volesse combattere il fenomeno, basterebbe usarlo. Sempre. Con tutti. In ogni partita per ogni squadra. E invece ci sono simulatori osannati per la furbizia. E simulatori condannati per l’antisportività. Dipende dal punto di vista. Dall’interesse. Volere è potere. Yerry Mina è il più infantile e teatrale dei calciatori che picchiano e simulano. Le prende e le da. Quando le prende sembra che gli abbiano rovinato la carriera. In modo plateale, urla e si rotola e lo sgami. Un gioco e una provocazione. Spettacolo che non piace a tutti. Raramente qualcuno è stato espulso per fallo subito da Mina. Si capisce. Quando le da, fa il finto tonto, come tanti, ma anche in questo caso con una mimica teatrale ricca e colorita. Comportamento straordinario? Assolutamente nella norma. Solo con interpretazione originale.
Analizzi il calcio. Lo fai da anni. Dovresti chiederti: quale dei due comportamenti incide di più nell’economia del calcio pagato e dei soldi che tintinnano. Nel primo caso il Cagliari potrebbe aver perso due punti, chissà, anche tre, nel totale del caso con il Sassuolo e quello con il Como. Potrebbe, perché nel calcio non è mai detto cosa segue a episodio che cambia. Nel secondo caso, Morata, che non è stato al gioco, come Zidane con Materazzi, Suarez con Chiellini, Pepe con molti, in modo però arrendevole e forse responsabile, ha lasciato il suo posto a un compagno che si sarebbe potuto rivelare più efficace di lui, senza danni evidenti.
Il nodo del bastone è che la morale è meglio lasciarla a Socrate, Platone, Aristotele, Tommaso d’Aquino, che non erano cronisti di calcio e prendevano seriamente in considerazione solamente il raggiungimento della felicità. E non la piccola polemica di uno sport le cui regole sono svolazzanti e affidate al volere del potere.






