La sveglia di Vanoli e il contatto con la realtà che manca ai giocatori
Ormai da tempo i calciatori della Fiorentina, e del mondo del calcio in genere per la verità, sono chiusi nella loro turris eburnea, in un isolamento materiale e morale che a Firenze si avvale delle mura di cemento del centro sportivo, tenendo la squadra difesa da cancelli e salvaguardata dalla realtà. Non sappiamo se ciò sia il problema che ha determinato l’avvio sconcertante del campionato della squadra che fu di Pioli e ora è di Vanoli, ma certamente ciò è parte del problema della fragilità dei giocatori viola, una debolezza endemica che si è ormai ampiamente declinata nelle partite di questa stagione in ogni modo ed ogni salsa, ma era tipica anche di altre squadre viola di questi ultimi anni. Non a caso in questa società sono state fallite le occasioni decisive come le famigerate finali perdute della gestione Italiano.
La distanza dei giocatori dal mondo reale circostante, dalla città in cui vivono e soprattutto dalla stampa è andata allargandosi negli anni in ossequio al mito che isolandosi nel fortino e ignorando critiche e osservazioni si riuscisse a vincere di più, in tal senso restano famose nella storia del pallone italiano alcune vittorie, ai mondiali in specie, la cui narrazione ha attribuito proprio all’isolamento del gruppo l’esito positivo finale.
La verità ci pare, al di là della facile propaganda, è che domande, critiche, appunti e osservazioni disturbano sempre un manovratore il quale nel silenzio e nel vuoto fa, disfa, dice e nega quel che vuole, mentre rispondere costituisce uno sforzo, cagiona fastidio quando non imbarazzi.
Eppure quest’anno non sono mancati gli esempi curiosi dell’effetto che fa su questi giovani, ricchi e viziati atleti, vivere lontani dal mondo reale. Si pensi ad esempio a quel ‘like’ sui social che Pongracic ha messo alla notizia dell’esonero di Pioli, certo quell’improvvido e poco educato ‘mi piace’ venne subito rimosso, ma nei più resterà sempre un dubbio. Viceversa nel mondo reale dove le persone di solito vengono chiamate a rispondere delle cose che fanno o dicono, una cosa simile la si dovrebbe spiegare meglio chiarendo i propri pensieri e fugando ogni dubbio.
Nel mondo reale e in un rapporto non ovattato tra calciatori e media e tifosi a Pongracic sarebbe stato chiesto, e con insistenza, il perché di quel gesto, così come a capitan Ranieri verrebbe chiesto conto del suo costante e controproducente nervosismo, o a Kean si domanderebbe se egli si senta a disagio quest’anno rispetto allo scorso e come egli si spieghi la sua vena realizzativa in crisi e la difficoltà talvolta persino a tirare in porta, e infine a Dodò verrebbe chiesto finalmente conto delle sue prove irritanti.
Ne verrebbero forse fuori delle belle e ciò oltre che al perseguimento della verità gioverebbe al percorso di maturazione umana e professionale di questi ricchi bamboccioni tenuti nella bambagia da un sistema ipocrita e borbonico nel quale ciò che esce all’esterno sono solo voci e pettegolezzi che ammorbano il clima di una città appassionata, ma bottegaia e provinciale, mentre rimane celato il nocciolo delle questioni, infine se non altro dover rispondere a domande spingerebbe gli osannati divi ad imparare la lingua del luogo che gli dà da mangiare. Invece in questo sovvertimento della realtà in un contesto illiberale e controllato da far impallidire il ‘grande fratello’ del celebre romanzo ‘1984’ di George Orwell. Può accadere anche che i tifosi come dopo la gara col Lecce minaccino urlando alla luna: ‘uscite a mezzanotte!’ e dopo pochi minuti siano tutti a far l’aperitivo, rendendo ogni cosa finta, ridicola.
Tanto ormai anche la protesta e la contestazione nascono e si esauriscono nel mondo virtuale dei social dove il mezzo tecnologico interposto tra il singolo e la realtà spersonalizza amarezza e rabbia riducendole ad una manciata di bit meglio controllabili ed innocue per i padroni del vapore. E talmente è abituato il calcio all’ossequio ed alla sordina a critiche e domande che anche il ct Gattuso s’è rigirato infastidito quando qualcuno ha osato interloquire sulle prestazioni non brillanti della sua squadra azzurra dopo la gara con la Moldova.
In questo nuovo corso viola pare che Paolo Vanoli con la sua filosofia schietta e molto più rock di quella del sagrestano Pioli, sembra condividere un approccio più franco anche nei confronti dei suoi ragazzi, tanto che per il momento pare abbia imposto un silenzio social onde evitare fraintendimenti causa uso fin troppo leggero della tecnologia. Vanoli sa bene come nel suo gruppo ci sono alcuni soggetti che hanno reso molto meno delle loro potenzialità o sono visibilmente calati rispetto ai loro periodi migliori, l’allenatore ne ha nominati due su tutti, Gudmundsson e Fagioli, dicendo piatto che non sarà lui a dover rincorrere ed adattarsi a loro, ma semmai il contrario. Una bella doccia fredda per chi è abituato al guanto di velluto, un richiamo alla realtà il cui contatto costante farebbe tanto bene agli svagati ragazzi, quella di Vanoli è una piccola lezione di buona educazione, non una posa da macho.
E ora chissà che Vanoli, figlio di un calcio meno social, non faccia riaprire anche i pesanti cancelli del maniero di Bagno a Ripoli togliendo ai suoi ragazzi qualche alibi ed il guscio che finora li ha riparati troppo dal malcontento che circonda questa Fiorentina che langue ultima in classifica ed ha bisogno di una sveglia, troverai la chiave del successo dietro la sveglia, disse lo scienziato e politico statunitense Benjamin Franklin.






