I ragazzi del Mundial '82 non facevano intrattenimento
Da giorni rifletto sulle parole di Arrivabene. Penso e rileggo ogni riga delle sue dichiarazioni, cercando di comprendere prima di tutto le ragioni che hanno potuto spingere l'a.d. della Juventus a parlare in quei termini del “calcio-intrattenimento” e dei “tifosi-clienti”. Su tutti gli altri aspetti, dall'ipotesi di cessione di de Ligt fino alle nuove strategie per salvare il sistema, tutto scivola liscio o quasi. Ma sui temi banalmente calcistici, non tecnici, l'anima del tifoso non viene affatto messa in prima piano. E questo non aiuta a ricucire il rapporto neppure con la parte più che sana del popolo bianconero che mai potrà essere battezzato a “tempo” solo per giustificare, o mascherare, i risultati del campo. Soprattutto se paga con grandi sacrifici la possibilità di seguire dal vivo la propria squadra del cuore, nella speranza di poterla vedere vincere. Tutto il resto, sì, è intrattenimento. Non i novanta minuti di partita.
Mondiale '82 – Ad aiutarmi ad arrivare a questa conclusione, con gli occhi pieni di ricordi, sono le ricorrenze di questi giorni che ci riportano al successo nel Mundial di Spagna. Dalle immagini in televisione di un'estate lontana e spensierata per un giovincello come tanti altri altri, sono stato catapultato con la macchina del tempo in una serata con alcuni di quei campioni. Da Bordon e Galli, i vice di Zoff, passando per Cabrini, Collovati, l'immancabile Tardelli e poi Dossena e Selvaggi. Fino a Rossi e Scirea presenti con il profumo delle loro compagne di vita. Due gocce di essenza con le quali quel gruppo si sente ancora più unito. Come quarant'anni fa. Quando giocavano ancora a calcio e capirono che che tutto quello che sarebbe capitato attorno a loro non li avrebbe aiutati a centrare l'impresa. Nessuno li aiutò in Spagna. Si aiutarono da soli, in campo, mentre da fuori fu la spinta dei tifosi a fare la differenza. Di quelli italiani, ma anche dei tanti che preferirono l'azzurro al freddo colore bianco dei tedeschi. Ecco, stare a tavola a chiacchierare con loro mi ha fatto capire quanto siano legati ai mille particolari di ogni partita. Non uno di meno. A quanto siano grati al popolo dei tifosi. E quanto si sentano fortunati nell'aver goduto di quel trionfo. L'intrattenimento è il contorno. Non il nocciolo di quei successi. E i tifosi che gusteranno all'infinito quelle immagini lo faranno semplicemente perché quei ragazzacci del '82 lo vinsero sul campo quel Mondiale. Non per chi ha cantato, ballato, saltato, mangiato, sponsorizzato quell'evento. Il calcio resterà passione solo se i tifosi potranno essere aiutati a mostrare - per davvero - il meglio della loro identità sportiva.