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Presentata la Legge Bove, parla il centrocampista: "Onorato che ci sia il mio nome"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca 2025
Oggi alle 18:11Serie A
di Alessio Del Lungo
fonte Marco Campanella

Presentata la Legge Bove, parla il centrocampista: "Onorato che ci sia il mio nome"

In occasione della conferenza stampa per la presentazione della Legge Bove sul primo soccorso - tenutasi oggi presso l'aula convegni del Palazzo Carpegna in Senato - è intervenuto il testimonial Edoardo Bove: "Buonasera a tutti, e grazie mille per essere venuti. Parto dai ringraziamenti, perché per me è motivo di grande orgoglio essere qui. Grazie al senatore Marco Lombardo, al presidente Scapigliati, alle senatrici e al ministro Abodi per la loro presenza. L’impegno e la dedizione mostrati dal senatore e dal presidente mi hanno davvero contagiato, e per questo motivo ho deciso di essere un po’ il testimonial di questa legge. Ci tenevo a spiegare il motivo per cui sono qui oggi: parliamo dell’1 dicembre, del mio episodio, che sicuramente è stato il motore di tante cose, ma non è la causa principale della mia presenza qui. Secondo me quell’episodio ha una natura totalmente diversa". Bove prosegue: "Io sono un professionista che si trovava in un campo di Serie A, dove le misure di sicurezza e tutela sono completamente differenti rispetto a quelle dei dilettanti o rispetto a ciò che può accadere semplicemente per strada. Sono qui perché ho avuto la fortuna di entrare in contatto con tante associazioni e fondazioni: vedo la Fondazione Castelli, vedo la Fondazione 'Per Matteo', ne ho conosciute davvero molte. Non ho avuto modo di toccare con mano il dolore che vivono i fondatori di queste realtà, perché tutte — tutte — nascono da genitori che perdono dei figli. Padri e madri che perdono figli, fratelli che perdono fratelli; e da quel dolore sentono il bisogno, quasi il dovere, di fare qualcosa in loro memoria. Non è nemmeno giusto che debbano farlo, e ho provato a mettermi nei loro panni, pur non essendo genitore. Ma la cosa che mi ha colpito più profondamente è quella sensazione che, in qualche modo, non si sia fatto abbastanza per salvarli. Credo che questa sensazione resti anche a loro. Leggo qui “Legge Bove”: sono davvero onorato che ci sia il mio nome, ma se posso essere sincero, senatore, sono anche un po’ imbarazzato. Perché non è giusto prendersi meriti che non sono propri. L’episodio che mi ha coinvolto è stato importante per me, certo, ma c’è chi si batte da moltissimo tempo. Ho incontrato persone che dal 2015 lottano per promuovere la cultura del primo soccorso e per diffondere informazioni fondamentali. Essere citato in questa legge è motivo di orgoglio, ma al tempo stesso vorrei che fosse la legge della Fondazione Castelli, della Fondazione “Per Matteo”, di Stefano Carone, di Mattia e Filippo Alessandrini, che a Piacenza hanno salvato una persona che si stava sentendo male. E potrei fare tantissimi altri esempi: mi viene in mente Mattia Giani, mi viene in mente Davide Astori. Questa legge è per loro. Io capisco che un nome debba esserci, ma il senso è un altro. Per me, per la mia famiglia e per le persone che mi vogliono bene, è un motivo di grandissimo orgoglio essere qui. Avevo persino promesso di non emozionarmi. Ma ci tenevo soprattutto a dire una cosa: dobbiamo combattere la disinformazione. Perché io, prima che mi accadesse ciò che è accaduto, ero il primo a non conoscere i dati statistici che il senatore ha riportato sugli arresti cardiaci. La disinformazione porta anche paura. I dati dimostrano che, quando si chiede alle persone se interverrebbero in una situazione di emergenza per salvare una vita, molti si tirerebbero indietro. E secondo me lo farebbero perché hanno paura di sbagliare, di non sapere cosa fare. Il nostro impegno — e l’impegno di tutte le associazioni — è proprio quello di diffondere informazione e cultura del primo soccorso. Ci proviamo anche con il presidente, nel nostro centro sportivo a Casa Viola, con i ragazzi, tramite la Fondazione Castelli. Ci proviamo nelle scuole, insieme alle associazioni. E la cosa che ci dà più speranza è che, se facessimo la stessa domanda ai bambini — “interverresti per aiutare qualcuno in difficoltà?” — loro alzerebbero la mano subito. Questo ci indica chiaramente dove dobbiamo concentrare i nostri sforzi. Il nostro rettangolo di gioco — per usare una metafora — sono le scuole, i centri sportivi, i luoghi in cui c’è la volontà di imparare e il coraggio di farlo. Credo sia arrivato il momento di alzare tutti la mano per dire che siamo presenti e che vogliamo fare qualcosa su questo tema. Grazie a tutti".