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Il talento, la Champions con l'Udinese, la seconda vita da allenatore. David Di Michele si racconta
David Di Michele fa parte di quella categoria di calciatori di cui probabilmente sentiamo un po' la mancanza. Il talento, del resto, al giorno d'oggi in Italia non si trova da tutte le parti. Anzi. Ma è proprio il talento ciò che contraddistingue la sua carriera fatta di gol, di giocate. E di numeri 10, come quelli indossati a Foggia, a Reggio Calabria, a Torino. Oppure come quelli che allena adesso, tra gli altri, visto che la "seconda vita" di Di Michele nel calcio è ripartita proprio dalla panchina.
"Quando nel calcio si comincia ad avere una certa età, si pensa e si cerca di capire cosa si vuol fare. Rimanendo nell'ambito calcistico, sicuramente mi sono preso il ruolo più difficile e problematico – sottolinea lo stesso Di Michele in esclusiva ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com – ma è anche uno stimolo, perché essere allenatore vuole dire anche prendersi delle responsabilità e anche le critiche quando ci sono. L'idea di allenare è venuta col tempo, ho iniziato con i ragazzi nel settore giovanile a Frosinone, un'esperienza importante e credo anche l’inizio giusto di un percorso. Con i ragazzi riesci a fare un po' di tutto, sono delle spugne e tutto quello che gli proponi loro lo fanno con grandissimo entusiasmo".
La famosa gavetta che alcuni allenatori saltano. "A volte ci sono delle situazioni più grandi di noi, magari proposte irrinunciabili che potrebbero non ripetersi più".
Di Michele nel futuro si vede come allenatore da Serie A? "Come quando si gioca, l’ambizione è sempre quella di arrivare ai massimi livelli, cercare di riuscirci con i giusti tempi ma senza precludersi la possibilità di accelerali, i tempi. Perché vorrebbe dire che stai facendo bene e questo lo devi anche ai giocatori che tu alleni. Ogni allenatore ha l’ambizione massima di arrivare più alto possibile per potersi confrontare con grandissima realtà".
Tralasciando per un momento la parentesi da allenatore, David Di Michele ai microfoni di TMW riavvolge il nastro della sua lunghissima carriera fino a Udine, una delle città che gli ha regalato maggiori soddisfazioni. Con la maglia dell’Udinese, Di Michele ha avuto la fortuna di giocare con uno dei numeri dieci più forti dell'epoca. "Sono sceso in campo al fianco di campioni come Totò Di Natale, ma anche Vincenzo Iaquinta. Non erano ancora i giocatori che poi sarebbero diventati di lì a poco, però in quell’anno abbiamo fatto qualcosa di incredibile, perché nessuno si sarebbe aspettato una squadra capace di spodestare le grandi e di centrare una clamorosa qualificazione in Champions League. All'inizio nessuno di noi pensava di poter fare qual cammino, ce la giocavamo con la Sampdoria di Novellino, un’altra ottima squadra".
"Giocare con loro due (Di Natale e Iaquinta, ndr) era molto semplice, ma c’erano tanti altri giocatori che rischio di scordarmi se inizio a fare nomi (uno di questi è David Pizarro...). La 10 a Di Natale? Delle buone spalle su cui metterla, un giocatore che in campo risolveva e che attirava gli avversari. Come anche Iaquinta, che ti portava via due uomini, quando partiva faceva i solchi per terra… Una volta partiva lui, una volta partivo io, poi hai Di Natale che ti mette le palle in quel modo, insomma, è tutto più semplice".
In panchina c’era un certo Luciano Spalletti. "Per me è un mentore, l'ho sempre detto. È stato l'allenatore più importante che ho avuto. A Udine con le sue idee ha portato un gruppo di semi-sconosciuti, anche se di grandi prospettive, a livello internazionale. Ci ha dato tanto. Mi ha fatto fare 15 gol in campionato, con la Coppa Italia è stata la mia stagione migliore in assoluto, nella quale è riuscito a farmi esprimere le mie qualità in maniera stratosferica. Insieme a tutti gli altri, se pensiamo ai gol segnati da Di Natale, Iaquinta, Mauri, lo stesso Jankulovski, Muntari, Pinzi… Quell'anno eravamo una squadra veramente da 'fantacalcio', ovunque andavamo a giocare facevamo minimo due o tre gol. E poi non eravamo mai stanchi, a fine volevamo sempre continuare a giocare. Onore anche al preparatore atletico che era Paolo Bertelli".
Per l'allenatore che è e per come lo conosce Di Michele, nella Juventus chi è il giocatore dal quale Luciano Spalletti non può prescindere? "Secondo me Dusan Vlahovic, il più importante nel suo gioco. Perché la punta centrale deve far allungare la squadra e concretizzare. Facile dire Yildiz, ma penso che il calciatore che gli può far fare la differenza è l’attaccante serbo".
Andando qualche anno più avanti, nel percorso di David Di Michele c’è anche una tappa all’estero, al West Ham, nel campionato più impegnativo al mondo. A raccontare i retroscena di quella scelta è lo stesso ex attaccante. "È stata molto rocambolesca come cosa – racconta Di Michele -, in quell’anno (2008, ndr) ero a Torino e dovevo andare alla Roma allenata proprio da Spalletti. Avevamo fatto tutti i passi necessari per il trasferimento con le società, c'erano tutti gli accordi. Non ero nelle grazie di allenatore e società granata, quindi potevo sicuramente liberarmi, ma all’ultimo Cairo non ha voluto mandarmi a Roma. Ho perso quel treno, ma a quel punto non potevo più restare a Torino perché avrei perso sei mesi fuori rosa. Ad un certo punto a pochi minuti dalla chiusura del calciomercato a mezzanotte, il mio procuratore mi chiama dicendomi 'David, c'è il West Ham'. Senza pensarci ho detto 'Ok, andiamo', del resto volevo andare a giocare e la Premier mi aveva sempre entusiasmato".
La scelta si è rivelata azzeccata, guardando i numeri. "Quell’anno nel Manchester United, giusto per dire il livello degli avversari, c'era gente come Cristiano Ronaldo, come Scholes o Giggs. Insomma, fior fior di giocatori. Quando sono arrivato al West Ham cacciarono subito l'allenatore, ma per me è stata una fortuna. Sulla panchina infatti arriva subito Gianfranco Zola. Come direttore sportivo c'era Gianluca Nani, ora a Udine, in squadra Behrami che aveva giocato in Serie A, c'era anche un fisioterapista che conoscevo dal Palermo. Un ambiente perfetto per me: Zola non mi ha solo aiutato, mi ha proprio indirizzato in tutto e per tutto nel calcio inglese. Per questo io l'ho sempre ringraziato per ciò che ha fatto per me, cercando di ripagarlo sul campo. Ho giocato tanto, mi sono divertito, ho avuto grandi compagni come Scott Parker, Mark Noble, Kieron Dyer, Lee Boyer, Carlton Cole, Rob Green, Matthew Upson, per citarne qualcuno. Tutta gente che giocava in Nazionale, andavano tutti a mille, l'allenamento per loro era una partita vera e propria".
Il divario tra Premier League e Serie A è aumentato. "Il divario oggi è molto molto più ampio, loro sono cresciuti tantissimo, noi invece di crescere stiamo regredendo. Oggi hanno forza, velocità, qualità, tecnica. Anche a livello tattico sono migliorati tantissimo, grazie ad allenatori italiani e internazionali. Il campionato assoluto più bello, il divario con le altre leghe è notevole. Poi magari in campo internazionale non riescono a farlo vedere del tutto, però nei campionati sono devastanti a livello di forza e mentalità".
In Premier League, tra gli altri, c’è Federico Chiesa. "A me piace tantissimo. Un giocatore veloce, scattante, dribblomane, ha tiro e forza. Un calciatore importante che purtroppo ha avuto degli infortuni che ne hanno pregiudicato un po' l'andamento della carriera. E oggi lui giustamente vuole stare prima bene mentalmente e fisicamente per poter rendere al massimo, non vuole andare in Nazionale ed essere un peso, magari al posto di qualcun altro. Poi imporsi a Liverpool non è facile, per competere con gli altri devi essere al 120 per cento".
A parte Donnarumma, al momento in Nazionale c’è un giocatore che più di altri merita di giocare fisso? Oppure il livello ad oggi è tale che bisogna puntare più sul gioco? "Secondo un giocatore che va chiamato sempre è Sandro Tonali, è quello più continuo, quello più imprevedibile, quello che ti può fare la superiorità numerica. E il fatto di andare a giocare in Inghilterra lo ha migliorato tantissimo. Oggi è un giocatore importante".
Torniamo alle squadre di club: in che posizione può arrivare il Torino? "Ha sicuramente un organico importante, un allenatore che lo fa giocare bene. La problematica per me potrebbe essere la non continuità, perché a Torino come sbagli due o tre partite c'è un po' di confusione all'interno. Non dico fuori all'esterno perché parlare del pubblico di Torino è un qualcosa di importante. Al di là della mia parentesi non bellissima, ho sempre ammesso che indossare la maglia del Toro e giocare davanti ai tifosi del Toro è sempre stato qualcosa di gratificante e onorevole per tutto quello che rappresenta il club. Potrebbe fare qualcosa di importante, sicuramente può entrare nei primi dieci posti".
Un’altra tappa della carriera di Di Michele porta a Lecce. "Secondo me quest’anno si è indebolito molto, ma mister Di Francesco sta facendo un grandissimo lavoro per quello che ha. Gli manca una punta che possa far gol alla Krstovic. Stulic, in questo momento, non è ancora un giocatore da campionato italiano, Camarda è un ragazzo interessantissimo, ma non è quello che può risolvere i problemi del Lecce. Mi auguro e spero che la squadra si possa salvare il più velocemente possibile, anche se sarà una lotta dura, lunga e con tante squadre. La fortuna per il Lecce è che ci sono parecchie squadre in corsa, tolgo però la Fiorentina perché secondo me uscirà da quella situazione".
La Salernitana per Di Michele vuol dire tanto, non solo per il debutto in Serie A, ma anche per il legame con la città e i tifosi. Quegli stessi tifosi che lo hanno soprannominato 're David'. La squadra negli ultimi anni è sprofondata, ora è in Serie C e sta provando a risalire. C'è un messaggio che vuoi mandare a tutto l'ambiente? "Sicuramente un saluto grandissimo a tutta la città di Salerno e a tutta la tifoseria – risponde senza esitare Di Michele – perché meritano palcoscenici molto più importanti, con tutto il rispetto per la Serie C. Mi auguro che il mio amico Giuseppe Raffaele possa portarla un’altra volta nei campionati che contano, quindi la Serie B, anche se non è semplice perché il girone C della Serie C è molto duro e difficile. Io faccio il tifo per la Salernitana, io l’ho sempre detto e lo ribadisco, sono stato benissimo e ringrazierò sempre i tifosi per tutto quello che mi hanno dato, spero possano tornare nei palcoscenici che meritano per la passione che hanno".
Per il Palermo può essere l’anno buono per risalire? "Inzaghi è un allenatore vincente, quindi penso questo possa aiutarlo in tutto e per tutto. Oggi sta facendo fatica anche il Palermo, ma il campionato di Serie B è difficile e gli ostacoli sono sempre dietro l'angolo".
In conclusione, da ex numero 10 a chi la 10 oggi la indossa in Serie A: l'allenatore David Di Michele chi prenderebbe nella sua squadra di giovani tra Kenan Yildiz e Nico Paz? "Prendo Nico Paz, è veramente forte. Legge le situazioni molto prima degli altri, e poi ha una forza nelle gambe che non lo sposti. Ha intelligenza tattica ed è incredibile. Il suo futuro è in una big, senza dubbio".
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