Candidature e speranze, ritorni e fumate bianche. Come è finita la nazionale italiana

Avete presente il conclave? Quello che è andato in scena a Roma solamente qualche settimana fa. Ecco, la scelta per la nazionale italiana sembra sia la stessa. Perché da una parte c'è chi non ha voglia di perdere il proprio potere preordinato - la "scuola di Coverciano" che non ha intenzione di prendere un allenatore straniero, manco fosse lesa maestà - dall'altra chi deve salvare la poltrona. Oramai è evidente che sia solo una scelta politica, ancor più che sportiva. Perché se dovesse arrivare Gattuso (allenatore discreto, ma che ha perso il campionato croato nell'unico anno in cui la Dinamo Zagabria si suicida) qualche dubbio ce lo porremmo.
Ma anche Mancini, De Rossi oppure Cannavaro. Da Ventura in giù, cioè dall'allenatore che arriva decimo in classifica forse, qualcosa è successo alla nostra Nazionale. Serve per forza chi vince la Serie A? La risposta è no. Servirebbe un nome da Italia, forse sì, ma dopo quanto successo con la Norvegia potrebbe non bastare perché poi ci saranno gli spareggi, nello psicodramma che viviamo dalla Svezia del novembre 2017 in poi.
Ma come è finita la Nazionale italiana? Tra chi dice addio a metà agosto, chi rimane per forza anche dopo un Europeo orribile, c'è un minimo comune denominatore. Il Presidente della FIGC, che non cambia mai. Anni fa Tavecchio, dopo un Italia-Spagna 1-1 allo Juventus Stadium, parlava di incassi e non di calcio. La sensazione è che siamo ancora lì: era il 6 ottobre 2016, i bilanci economici sono a posto. Solo quelli.
