Addio a Galeone, il ricordo di Lorenzo Petiziol: "Un poeta del calcio, aveva un modo di lavorare unico"
Un poeta del calcio e della vita. Così si può ricordare Giovanni Galeone, figura storica dell’Udinese, prima in campo e poi in panchina.
Era un uomo che viveva il calcio con passione e leggerezza, guidato da una filosofia personale che lo portò a introdurre un’idea propositiva e coraggiosa del calcio e del gioco a zona. Voleva che le sue squadre giocassero a calcio, davvero: con libertà, fantasia e personalità.
Aveva un modo di lavorare unico, sereno e dolce. Non alzava mai la voce, neanche nei momenti difficili. Rimproverava con calma, con ironia, e sapeva creare un clima in cui i giocatori si divertivano, soprattutto negli allenamenti.
Da calciatore era un cervello in campo: non correva come un forsennato, ma aveva piedi buoni, intelligenza tattica e una naturale eleganza nei movimenti. Sapeva farsi voler bene da tutti, senza mai atteggiarsi, senza costruirsi un personaggio. L’antitesi del calcio urlato e vanitoso dei tempi moderni.
Fu protagonista di stagioni memorabili, come quella della promozione in Serie A con l’Udinese, che ricordava per entusiasmo e spirito quella di Giacomini. Non accettava compromessi: seguiva la sua strada, quella del calcio offensivo, pensato, vissuto.
Ma al di là dei risultati, resta il ricordo dell’uomo: amabile, ironico, disincantato. Un romantico, un vero signore del calcio, che ha insegnato a tutti che si può vincere anche restando se stessi.
A cura di Lorenzo Petiziol






