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Il calcio d'attacco nell'era del catenaccio: perché Galeone è stato un grande pur senza trofei

Il calcio d'attacco nell'era del catenaccio: perché Galeone è stato un grande pur senza trofeiTUTTO mercato WEB
© foto di Petrussi/FDL71
Gaetano Mocciaro
ieri alle 17:15Serie A
Gaetano Mocciaro

Giovanni Galeone è stato icona pop tra gli allenatori italiani. Il suo gioco a zona, il suo 4-3-3 che sparigliava le carte in un calcio, quello italiano, fatto sì di stelle ma di catenaccio e marcature a uomo. A Pescara è un'istituzione, a Perugia venne esonerato perché Luciano Gaucci non sopportava l'idea che fosse più popolare di lui. Ha ispirato una nuova generazione di allenatori, che hanno appreso i suoi concetti di gioco e poi li hanno resi in chiave moderna: Gian Piero Gasperini e Massimiliano Allegri sono le due eccellenze in Italia e in quel Pescara erano le stelle del centrocampo.

Non ha allenato mai le big anche se ci è andato vicino: sembrava a un passo dal Napoli di Diego Armando Maradona (si siederà anni dopo, in un Napoli dimesso e destinato alla retrocessione), Dino Viola aveva il contratto pronto per lui alla Roma. E persino il Milan di Berlusconi, col quale - parole testuali di Galeone - rimasero a chiacchierare di calcio fino alle 5 del mattino, promettendosi di risentirsi, cosa mai più avvenuta.

Nonostante ciò Galeone ha ugualmente brillato e per Pescara è sempre stato una sorta di divinità: la promozione in A nel 1987 con una squadra che era stata ripescata nove mesi prima. La salvezza nel 1988, l'unica nella storia degli abruzzesi nel massimo campionato. E un'altra promozione, nel 1992. La partita che lo ha fatto conoscere all'Italia intera: Inter-Pescara, 13 settembre 1987. Una provinciale, neopromossa, che gioca per vincere a San Siro e strapazza i nerazzurri: 0-2, gol di Galvani e Sliskovic su rigore.

Qualche anno più tardi spaventerà il Milan degli invincibili, all'Adriatico: vinceranno i rossoneri di Savicevic, Van Basten, Gullit e Lentini per 4-5 ma quel Pescara coraggioso era arrivato persino a portarsi sul 4-2. Giovanni Galeone è stato la dimostrazione vivente che non è necessario vincere titoli per entrare nell'immaginario collettivo.

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