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Jorge Burruchaga: "Nel '90 l'Italia ci mancò di rispetto. Ci motivò a buttarli fuori"TUTTO mercato WEB
Oggi alle 19:45Serie A
di Ivan Cardia

Jorge Burruchaga: "Nel '90 l'Italia ci mancò di rispetto. Ci motivò a buttarli fuori"

“Sarà una grande esperienza avere 48 squadre”. Jorge Burruchaga, campione del mondo con l’Argentina di Maradona nel 1986 - suo il gol decisivo in finale - commenta ai canali ufficiali della FIFA il prossimo Mondiale allargato, di cui domani ci sarà il sorteggio dei gironi: “In teoria, dovrebbe essere successo. Perché? Per le qualificazioni. In un certo senso rende le cose un po’ più semplici: dà alle nazioni più piccole la possibilità di partecipare e realizzare il sogno d’infanzia di giocare una Coppa del Mondo”. Cosa significa alzare la Coppa del Mondo?
 “Mi vengono in mente due momenti di quei Mondiali. Due momenti molto importanti, almeno per me, per i miei compagni e per la nazionale che giocò nell’86 e nel ’90. Il primo è quanto sono stato fortunato a segnare il gol della vittoria della Coppa del Mondo, questo non posso dimenticarlo. Porterò questo con me fino alla tomba come il momento più felice della mia carriera sportiva. E il secondo è aver battuto l’Italia in semifinale, anche se ai rigori. Ma voglio dare un po’ di contesto: fu per la mancanza di rispetto che ci mostrarono. Perché avevano giocato contro squadre più deboli e le avevano rispettate. Avevamo letto le loro dichiarazioni prima delle partite, ed erano sembrati persino spaventati. Contro l’Argentina, invece, si vedevano già vincitori, e questo ci diede una motivazione extra, una spinta e un desiderio di batterli. E per me, questa è stata la parte più importante di Italia ’90”. Che emozioni si provano? 
 “È difficile, è complicato mettere in parole ciò che provi quando indossi la maglia — la nostra maglia bianco e celeste. È la responsabilità che senti verso la tua nazione, i tuoi tifosi… Perché questo riunisce tutti gli appassionati di calcio argentini, che vogliono il meglio per il proprio paese. Penso che sia una delle poche cose che uniscono un paese. In Argentina, almeno, il calcio unisce il paese e lo vedi durante il Mondiale. E penso che, al di là dello sport, il calcio sia una pressione, un obbligo. Quantomeno, come diciamo in Argentina, non ti ammazzerai, non morirai (giocando a calcio, ndr). Ma morire per la maglia è la cosa più bella che puoi fare”.