Banfi: "Ecco come sono diventato romanista. Mi piacerebbe andare a Trigoria come Oronzo Canà"
Il popolare attore Lino Banfi ha concesso un'intervista a La Gazzetta dello Sport, di cui proponiamo uno stralcio.
Ci racconta come lei, nato ad Andria e legato alle sue origini pugliesi tanto da aprire nella Capitale un’orecchietteria, ha scelto la Roma?
«È una storia particolare. Di solito chi veniva dal Sud alla mia epoca, cioè 6-700 anni fa, era juventino, al massimo milanista, qualcuno si ricordava della Bari o del Foggia... Io, arrivato a Roma a cercare fortuna nello spettacolo verso la fine degli anni ’50, non avevo nessuna squadra, il calcio non mi interessava, puntavo solo a mangiare due volte al giorno. Non ci riuscivo mai. Sportivamente parlando ero campione di salto del pasto... Aspettavo la mia occasione in un bar vicino all’Ambra Jovinelli, dove ogni tanto qualcuno si affacciava alla ricerca di un prestigiatore, una spalla, un ballerino. Ma c’era anche chi cercava un ragazzo forte per accompagnare i disabili allo stadio... Si potevano prendere mille lire e se eri fortunato anche un pasto. Mi sono subito offerto. La prima volta in cui sono andato all’Olimpico ho spinto la carrozzina di un laziale, magrissimo, praticamente muto. Aveva pure mangiato a casa... Due settimane dopo mi è capitato un signore romanista, pesantissimo da spingere, ma simpaticissimo e soprattutto affamato. Prima di entrare allo stadio mi ha portato al Bar del Tennis e mi ha fatto mangiare due volte l’amatriciana! Una felicità che non posso dimenticare. Ho iniziato ad andare spesso a vedere la Roma con lui e da simpatizzante sono diventato con il tempo tifoso vero».
E poi c’era Liedholm. È vero che le diede lui l’idea de “L’allenatore nel pallone”?
«Verissimo. Capitammo vicini di posto su un volo Roma-Milano. Mi disse: “Sei molto bravo, perché non fai un film su vita di allenatore? Perché non fai quello pugliese che si chiama proprio Pugliese?”. Si riferiva a Oronzo Pugliese, diventato poi il mio Oronzo Canà...».
Parliamo di questo primo posto della Roma?
«Volentieri! Partirei dalla presidenza. Io ho sempre detto che alla guida della mia squadra avrebbe dovuto esserci un romano, invece grazie ai Friedkin mi sto ricredendo. Ho anche scoperto che sono dei grandi produttori cinematografici... Ho capito che tutto sommato non è un male che non si affezionino allo spogliatoio o ai giocatori, loro pensano agli affari. [...] Mi piacerebbe molto andare una volta a Trigoria, come Oronzo Canà, non come Lino Banfi, prendere un megafono e all'improvviso, mentre la squadra si allena, urlare: “Che caz... fate, porca puttena!”. Vorrei vedere la faccia dei giocatori».






