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Sarcì (ex Anderlecht) su Svilar: "Era atipico, brava la Roma a crederci. Oggi è fra i top 3"

Sarcì (ex Anderlecht) su Svilar: "Era atipico, brava la Roma a crederci. Oggi è fra i top 3"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
Oggi alle 12:08Serie A
di Daniele Najjar

Nella Roma che sta sognando un'insperata - ad un certo punto della stagione - qualificazione in Champions, se l'artefice principale riconosciuto di questo percorso di rinascita è sicuramente Claudio Ranieri, i meriti di Mile Svilar sono altrettanto evidenti.

A TuttoMercatoWeb.com è intervenuto per parlare di lui Massimo Sarcì, oggi coordinatore tecnico del Messina, che ha lavorato con l'estremo difensore giallorosso ai tempi dell'Anderlecht in Belgio. Sarci è un metodologo, che nel corso della sua carriera ha ricoperto posizioni importanti all’interno del settore giovanile dell’Anderlecht, con cui ha contribuito a lanciare e valorizzare giocatori del calibro di Dennis Praet e Jordan Lukaku, fratello di Romelu, oltre che Romelu stesso.

Attualmente poi, con l'ASD Effe Club Calcio (del campo sportivo Tre Stelle) in collaborazione con la Golden Team Academy ha ideato a Palermo un progetto pensato per i ragazzi della scuola calcio, soprattutto per le categorie di ragazzi classe 2015/2016 con delle borse di studio che verranno assegnate in maniera del tutto gratuita ai più meritevoli.

Che cosa ricorda del primo Svilar?
"Era in Under 15 quando ero all'Anderlecht. Era un prospetto già promettente, sicuramente. Ma va detta una cosa: mostrava dei margini, ma non aveva già la fisicità che si cerca in un portiere. I centimetri sono un aspetto importante, lui non era certo un gigante all'epoca, anche se poi è cresciuto".

Quali erano dunque i suoi punti di forza?
"Erano altri: l'elasticità, il posizionamento ed il gioco con i piedi. La prima impressione è stata quella di un portiere atipico".

Su cosa avete lavorato?
"Per com'è la nostra filosofia, sulla connessione con la squadra, che per noi è sempre al primo posto. Non tecnica, ma proprio di personalità. Poi sul gioco con i piedi: lui ha dei buoni piedi, ha grande sicurezza, all'Anderlecht abbiamo lavorato molto a livello cognitivo. Per il resto, per cose più peculiari ha fatto più lavoro specifico con i preparatori dei portieri".

Si aspettava che facesse così bene alla Roma?
"Le dico la verità: sì, assolutamente. Roma è una piazza particolare, dove serve personalità: lui da questo punto di vista, mentalmente, è uno dei più forti che ho visto, al mondo. Presa, uscita, gioco con i piedi: a livello cognitivo, della concezione degli spazi e della connessione con la difesa, ha pochi pari. Questo per me viene prima dell'aspetto puramente tecnico. A Roma c'è una media di 70mila spettatori, quindi non è un aspetto secondario".

Non che fra i pali sia malaccio...
"Fra i pali io lo metto fra i primi tre al mondo".

Potenzialmente, il numero 1?
"Potenzialmente sì, bisogna capire cosa farà a livello di evoluzione personale e di squadra. Paradossalmente in una squadra dove potrebbe essere più tranquillo forse si vedrebbe di meno la sua bravura. Per me la potenzialità c'è. Ma va anche capito: chi decide chi è il numero uno al mondo? Un conto sono Buffon e Neuer che mettevano tutti d'accordo, ma gli altri non vedo uno che sia nettamente il migliore. Penso a Courtois, ma parlando con addetti ai lavori so che non a tutti piace, per esempio. Lo stesso Donnarumma, non è uno che mette sempre tutti d'accordo. Aggiungo una cosa".

Prego.
"Su Svilar: bisognava essere bravi a puntarci come ha fatto la Roma. Avendo la visione lunga e la pazienza di dargli tempo. Perché non era considerato, quando l'ho avuto io, come il prospetto migliore che ci fosse in circolazione".

Ha visto crescere Lukaku che l'ha citata nella sua autobiografia: che ne pensa della sua importanza per questa annata del Napoli?
"Un orgoglio che abbia parlato di me. Quando parli di Lukaku, per me è un pezzo di cuore, anche se con lui ho lavorato per un periodo di tempo non lungo. L'impatto di Lukaku per me è quasi sempre scontato, soprattutto se allenato da Conte. Anche se devo ammetterlo: questa volta qualche dubbio potevo averlo".

Perché?
"Innanzitutto perché Napoli è una piazza particolare. Lui era in un momento diverso della carriera, rispetto a quando è arrivato all'Inter. Poi però mi sono ravveduto subito, pensando: eccolo qui, è sempre Romelu. Se un allenatore come Conte se lo porta dietro è perché sa che può essere uno strumento indispensabile. Ha dimostrato ancora una volta di esserlo. Lo paragono ad una chiave per scassinare la porta e la difesa avversaria. Non è stato quello dell'Inter, ma è stato funzionale. Nelle partite in cui non doveva mancare, non è mancato".

La sua importanza si è sentita a livello di mentalità?
"In campo una partita su tre dava l'impressione che potesse essere in calo, ma se vai a vedere nei momenti importanti ha inciso moltissimo. Nelle situazioni decisive, non sbaglia, una cosa che appartiene a pochi giocatori. E questo si sente a livello di spogliatoio".

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