Via allo scontro tra A e FIGC, ecco i perché. Ma la massima divisione si spacca sulle 20 squadre

Lo scontro tra la Lega Serie A e la Federcalcio è iniziato. La Serie A vuole avere più peso politico, visto che da anni perde ogni votazione in FIGC. Lorenzo Casini, presidente della Lega Calcio e quindi rappresentante delle 20 squadre del campionato, da giorni parla di “autonomia”: evoca il modello della Premier League, impropriamente ma per dire che la Serie A vuol decidere per se stessa. Perché tutti i soldi che muove il pallone, o quasi, sono i suoi. Anche tutti i debiti, però, sottolinea Repubblica.
Proprio sul tema della sostenibilità la Federcalcio lancerà la propria sfida ai club: più peso politico, sì, ma anche criteri più stringenti per iscriversi ai campionati. Per questo Lotito e Cairo sono sul piede di guerra. Dopo l’ultima assemblea, un delegato della A era sicuro: "Vogliono far fuori Gravina". E lui, che lo ha capito, è pronto ad annullare l’assemblea straordinaria dell’11 marzo in cui il progetto riformista sarebbe dovuto partire.
La Serie A punta a ridurre le squadre professionistiche, quindi meno club in Serie C, per spendere meno in mutualità. E poi liberare soldi introducendo una riduzione automatica dei contratti dei calciatori in caso di retrocessione. Posizione che si scontra con l’Assocalciatori, il cui presidente, Umberto Calcagno, è vice presidente della Federcalcio. Ma anche uno dei nemici giurati della Serie A: perché è stato lui a far abolire dal governo il decreto Crescita che permetteva alle società un regime fiscale agevolato per i contratti degli stranieri in arrivo dall’estero. E che ha permesso di ingaggiare campioni come Lukaku, Osimhen, Rabiot, Thuram, Pulisic.
Ma la Serie A è a sua volta divisa. La frattura è emersa quando Inter, Juve e Milan hanno parlato apertamente di un passaggio da 20 a 18 squadre. Incontrando lo stop di Galliani che rappresentava il microcosmo delle piccole e medie che avrebbero più da perdere se diminuissero le squadre. Le tre big però pesano, da sole, il 62-68% del pubblico del calcio italiano. E in tutto almeno 6 club appoggerebbero il passaggio a 18, forse 7, anche se non si espongono. Per cambiare ne servono però 14, e a quel numero non si arriverà mai. Ma con la maggioranza semplice, ossia 11 consensi, potrebbero esercitare una pressione sia sulle altre squadre che sulla FIGC.
