Tomas Felipe Carlovich | la leggenda di El Trinche, l'uomo che inventò il "doppio tunnel"

Tomas Felipe Carlovich detto El Trinche nasce a Rosario, Argentina, nel 1949 (secondo altre fonti nel 1946).
Ultimo di 7 fratelli, figlio di un immigrato slavo, gioca a calcio da sempre.
E’ un po’ lento, ma talento e tecnica ne ha da vendere, accarezza la palla. Centrocampista, a fine anni 60 inizia a giocare nel Rosario Central. In 16 anni di carriera cambia 3 squadre, vince 2 campionati ma non tocca mai la massima serie.
Eppure le sue giocate diventano proverbiali.
Si inventa il “doppio tunnel” muovendo la palla avanti e poi indietro, e lo esegue a richiesta dei tifosi, che impazziscono per lui. Se la difesa avversaria è troppo chiusa, capita più volte che lui si fermi. Si siede sul pallone, studia una soluzione e riprende a giocare. Una volta, palla al piede, scarta un’intera squadra, 10 giocatori 10, e va in gol.
Ma l’aneddoto clou è quello dell’aprile 1974.
L’Argentina gioca l’ultima amichevole premondiale con un team di giocatori nati a Rosario. Dovrebbe essere una sgambata, per i biancazzurri diventa un incubo. El Trinche non gli fa vedere palla: dribbling, tunnel e doppi tunnel, lanci perfetti. A fine primo tempo la nazionale perde per 3-0. Il ct Cap chiede al collega di Rosario di sostituire quell’iradiddio di Carlovich. Così la ripresa la vede dalla panchina.
E allora perché El Trinche non diventa Maradona? Di certo c’entra il carattere orgoglioso, i molti “no” detti e i compromessi mai accettati. Non cerca la gloria né i soldi: gioca per divertirsi e rifiuta fior di ingaggi. Ascoltate le sue parole: “Sono state dette molte cose su di me, tante sono state ingigantite. Dicono che non sono arrivato, ma cosa significa arrivare? Ho fatto ciò che mi piaceva: giocare a pallone, stare con le persone che amo, giocare a carte con gli amici, pescare".
Le cose che ha continuato a fare fino a sabato 8 maggio 2020, quando Tomas è morto in un ospedale della sua Rosario; era lì da un paio di giorni dopo che un gruppo di balordi lo aveva picchiato per rubargli la bicicletta, il suo mezzo di trasporto preferito.
Aveva compiuto 71 anni da pochi giorni.
Nel 1993 quando Diego Armando Maradona, in chiusura di carriera arrivò al Newell’s Old Boys di Rosario, rispose ai tifosi che lo accoglievano come il più grande del mondo:
"Il migliore non sono io, è un altro che ha già giocato a Rosario: Tomas Carlovich".
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Tomas Felipe Carlovich nasce a Rosario, in Argentina, il 19 aprile 1946 nel Barrio General José de San Martin, da tuti conosciuto come 'La Tablada'. È l'ultimo di sette fratelli e il figlio di Mario, un immigrato croato che negli anni Trenta del secolo scorso si trasferì in Argentina in cerca di fortuna e si guadagna da vivere facendo l'idraulico, e madre argentina. Tomas cresce, come tanti giovani nati nell'immediato dopoguerra, con la palla attaccata nei piedi.
Rosario, al di là di aver dato i suoi natali a Ernesto Guevara, noto El Che, è considerata del resto la città del futebol argentino per antonamasia, visto che qui sono nati e cresciuti tanti campioni.
Carlovich impara i segreti del calcio dal 'Vasco' Artola, che, come ricorderà sempre, "mi ha insegnato a colpire la palla con dolcezza ed effetto quando ero ragazzo". Già in tenera età è ribattezzato 'El Trinche', ma non ne è chiaro chi gliel'abbia dato (forse un amico d'infanzia) né quale sia la ragione, tanto che nemmeno lui lo ha mai saputo con esattezza. (goal.com)
